Si sa che ogni finale di stagione di una serie può andare in soli due modi: tutto bene quel che finisce bene o nel dramma più totale. Nel nostro caso, scegliamo senza indugi la seconda opzione. Se dovessi trovare una frase per descrivere il decimo episodio di Game of Thrones, semplificherei tutto con “morte e distruzione” anche in senso metaforico.
“Mother’s Mercy” cerca di chiudere tutte le storyline nei suoi cinquanta-sessanta minuti, passando da un personaggio all’altro rapidamente e senza quasi lasciare agli spettatori il tempo di realizzare quello che è successo, come se si stesse giocando a tennis e la palla fosse la storia. Non si fa in tempo a gioire (o dispiacersi, dipende dai gusti personali) per la morte di Stannis e moglie che una sfilza di altri personaggi vengono fatti fuori a loro volta: la giovane e innocente Myrcella, la gelosa e falsa Myranda, il pervertito ser Meryn Trant e addirittura uno dei fan favourite: Jon Snow. Questo è il manifesto funebre post episodio, ma analizziamo ben bene ogni storyline per capire quale siano stati i risvolti, in quasi tutti i casi con un finale aperto.
Le cose per Stannis Baratheon sono finite per peggiorare repentinamente da un episodio all’altro. Il sacrificio compiuto la scorsa settimana non ha dato i frutti sperati. Lady Melisandre guarda soddisfatta il ghiaccio sciogliersi davanti ai suoi occhi e la bufera di neve cessare, ma non basta a decretare la vittoria del suo re. Le notizie negative arrivano una dopo l’altra. Il suicidio della regina, Selyse, distrutta dalla morte della figlia, la diserzione di metà dell’esercito ed infine anche l’abbandono da parte di Melisandre stessa che farà ritorno alla Barriera. Stannis compie un ultimo atto disperato, marciando contro le porte di Grande Inverno, ma viene sconfitto in un battito di ciglia. Come se non bastasse, sopravvive al suo esercito, ma ormai debolissimo a causa delle ferite, viene poi finito da Brienne di Tarth che aveva giurato di ucciderlo. Missione compiuta. Peccato, però, che questa vendetta personale l’abbia distratta da quello che era il suo principale compito, prestare aiuto a Sansa Stark, la quale riesce (anche se in modo ridicolosamente frettoloso e banale) ad aprire la porta chiusa a chiave della sua stanza con l’ausilio di un cavatappi e ad accendere la candela che avrebbe condotto Brienne da lei.
Sansa però sembra essere fortunata, almeno per una volta. In un momento di lucidità (ed era anche ora) Theon/Reek agisce in aiuto della ragazza ed insieme tentano la fuga gettandosi oltre le mura di Grande Inverno. La storyline di Jeyne Poole è completa. Sansa ha preso definitivamente il suo posto quest’anno ed ora ci si chiede dove si potrà rifugiare, con la speranza che non venga recuperata nuovamente dai Bolton.
Arya Stark invece compie una vendetta che di certo tutti aspettavano di vedere con ansia, ormai sempre più libera di far uscire fuori la sua indole violenta. Non è la prima volta che uccide, ma questa volta il suo è un omicidio macabro che lascia sicuramente senza parole. Anche in questo caso (come per Brienne), per chiudere i conti con una questione personale Arya mette da parte i suoi doveri alla casa del Nero e del Bianco, anzi sarebbe più appropriato dire che approfitta dei loro insegnamenti. I servitori del Dio dai Mille Ville volti si rivelano essere, ancora una volta, misteriosi. C’è ancora tanto da scoprire, tanto da capire. Arya riceve quella che sembra a tutti in effetti una punizione, ma potrebbe anche essere parte del suo servizio, del suo “allenamento”. La storyline termina nel buio, letteralmente. La ragazzina è improvvisamente diventata cieca.
Anche la situazione a Dorne finisce in tragedia ed un’altra vendetta è compiuta. Finalmente Ellaria e le Serpi delle Sabbie hanno ottenuto ciò che volevano, la morte di Myrcella, avvenuta tra l’altro proprio dopo un dialogo tra la ragazzina e Jaime Lannister, nel quale lei gli dichiara di aver sempre saputo di essere sua figlia e di esserne contenta.
Imbarazzante e banale fino alla fine, probabilmente la storyline meno riuscita della stagione.
A Meeren sono preoccupati per Daenerys. I due guerrieri per eccellenza, ser Jorah e Daario, decidono di partire per cercarla e lasciano le redini della città all’ultimo arrivato, Tyrion Lannister. Un personaggio che non si annoia mai, in effetti. Sempre a rivestire i ruoli più improbabili nei momenti più inaspettati. E al suo fianco, ricompare improvvisamente Varys, come d’altronde ha sempre fatto.
A chiudere l’episodio ci sono gli unici avvenimenti che rispettano in modo quasi totale le storyline dei libri:
Daenerys che cerca senza successo di dialogare con Drogon (una scena esilarante che strappa sicuramente un sorriso) viene raggiunta da un Khalasar. Un ritorno alle origini per lei, che però questa volta si trova completamente sola.
Il cammino di espiazione di Cersei Lannister è poi drammatico e crudo (tant’è che non c’è stato risparmiato neanche il nudo del personaggio, anche se di una controfigura e non dell’attrice Lena Heady) durante il quale si provano sentimenti contrastanti. Dalla soddisfazione nel vedere il personaggio pagare per quello che ha fatto, alla pietà quando anche l’ultimo briciolo di dignità della donna si spezza. Una scena che vale di sicuro tutto l’episodio e che è in puro stile Game of Thrones.
Infine, il tiro mancino dei Guardiani della Notte nei confronti del loro lord Comandante era sicuramente prevedibile. Tutte le decisioni di Jon, sin dall’inizio della stagione, sono state calorosamente contestate dai suoi confratelli e alla fine l’ammutinamento era inevitabile. L’ultimo colpo al petto spetta ad Olly, che solo nella scorsa stagione era stato anche l’artefice della morte di Ygritte.
La quinta stagione termina con lo sguardo vuoto di Jon Snow, disteso a terra, a braccia spalancate. La telecamera indugia sul suo volto e noi siamo lì quasi a sperare che si muova, o addirittura che il nero dei suoi occhi diventi improvvisamente blu e lui si trasformi in un White Walker. Ma non accade nulla di tutto ciò e questo vuol dire che ci dobbiamo salutare e che sapremo la verità solo l’anno prossimo.
Insomma, la “presunta” morte di Jon Snow non è di certo l’unico cliffhanger lasciatoci in eredità dalla stagione e l’impatto visivo c’è stato, come è giusto che sia.
Questo è il resoconto dell’episodio, in cui come al solito ho trovato un tema, quello dell’espiazione (che tavolta ha portato alcuni dei personaggi ad essere vittima di vendette personali) e nel quale non ho voluto fare molti riferimenti alle differenze con i libri perché mi sono ripromessa di trattare l’argomento in un articolo futuro.
La stagione delle polemiche è terminata. Tutti i fan possono, seppure sempre con tanta amarezza, tirare un sospiro di sollievo ricordando tristemente “Valar Morghulis” e desiderando senza dubbio che il motto di Game of Thrones fosse un altro.