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Game of Thrones al giro di boa – Il fuoco che annichilisce e quello che feconda

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La sfida era ardua, ed i produttori di Game of Thrones sono stati costretti dall’arguzia dei loro fan ad accettarla: lavorare un colpo di scena di cui si conoscono già gli esiti e farlo portando lo spettatore allo stesso grado di stupore che raggiungerebbe senza consapevolezza dei fatti, causando la classica “sospensione del giudizio” che sempre più spesso viene ormai a mancare nello spettatore dei giorni d’oggi.
La maggior parte dei colpi di scena dell’ultima puntata sono la rivelazione profetica di supposizioni dimostratesi verità, e come anche solo il calore del fuoco provoca dolore su un’ustione, allo stesso modo la sola percezione dei “colpi di scena” dell’ultimo episodio hanno sfondato una breccia già aperta dalle relative supposizioni.
La sfida era ardua, ma Game of Thrones l’ha vinta col fuoco:
quello che annichilisce e quello che feconda.

 

Il fuoco è il principio motore della puntata, matrice dell’essere come causa di interazione tra contrari, come arché filosofica.
Un elemento che genera vita dalla distruzione e crescita dall’annullamento, nascendo e divenendo per mano dell’aria che elimina.

E’ questa la chiave di lettura di una puntata che ha già creato i presupposti per rappresentare una svolta epocale nella storia del piccolo schermo, collezionando un rating di 10/10, consecutivamente all’episodio precedente, e contribuendo a raggiungere il record che vede Game of Thrones la prima serie tv della storia ad aver ricevuto più di un rating massimo per più episodi.

Un fuoco che annichilisce ed uno che feconda sono, dunque, gli elementi di disamina di un quadro poetico spiegato come processo prolifero di rinascita.

 

Annichilizione: Wildfire (Altofuoco)
Game of thrones - alto fuoco

Dall’esatto momento in cui l’episodio avvia il corso degli eventi, la sensazione è che si sia attivato un count-down. I momenti che precedono una tempesta nascondono caratteri identici a quelli che succedono la stessa.
Sappiamo che sarà inevitabile affrontare la burrasca, prima di poter tornare alla calma.
E così, prima che ciò accada, le immagini in sequenza diventano sfibranti, una splendida colonna sonora (“Lights of the seven“) incalza la quiete e la perseguita mentre sequenze di immagini sfilano mostrando i protagonisti del processo prepararsi a questo, con espressioni quasi avveniristiche di ciò che di lì a poco accadrà.
Il disastro è progressivo, ed ogni personaggio sembra il tassello di un mosaico che disegna una strage.
Quando finiamo immersi nelle segrete, e dalla distanza scorgiamo la luce di un fuoco fievole, il quadro è ormai completo.
La rassicurante carezza della conferma di ciò che si sapeva da tempo si amalgama alla contrapposta ansia di una introduzione curata meticolosamente per causare claustrofobia.
Sentiamo di star “affogando nel fuoco”.
E poi succede.
Un’intera stagione nella quale risuonava un labile eco di ricordo alla sete di vendetta di Cersei, è esplosa in un solo attimo di sublimazione della violenza.
Così, nella quiete della distruzione, nell’agognato momento che succede la tempesta, nello statico silenzio, Re Tommen si tuffa nel vuoto chiudendo un capitolo, terminando la sua sovranità ed avviando quella della sua genitrice.
Ma non siamo soddisfatti: laddove s’è verificata una vendetta che divide il pubblico, tutti stanno aspettando quella per la quale è facile raggiungere l’unanimità di consensi;
tale vendetta non tarda ad arrivare.
Septa Unella è distesa e legata su un tavolo di pietra, quando al suo cospetto si presenta Cersei per quello che è uno scambio di ruoli dal retrogusto rivelatore: Cersei stavolta si confessa, ma senza alcun bisogno di supplicare perdono.
Manifesta liberamente le verità di una personalità sostanzialmente egoista e manipolatrice, confermando tutti i suoi “peccati”.
Ma il suo, come abbiamo già specificato, non è un fuoco catartico e nemmeno l’auto-accettazione potrà redimerla.
Cersei garantisce a Septa Unella che quello non sarà il giorno della sua morte.
Ci sarà ancora da soffrire, e da “vergognarsi“: uscendo dalla stanza, Cersei riunifica ogni singolo spettatore nel piacere perverso della vendetta più personale, avverando un’altra aspettativa, stavolta insita in ognuno di noi, di voler sentirle ricambiare l’idiomatica e ripetuta esclamazione: “Shame“.

Il fuoco della vendetta ha annichilito.

 

 

Concepimento: Targaeryen
Game of thrones - Ned

Mai abbiamo pensato di sbagliarci.
Eppure, nemmeno un secondo delle scene che hanno confermato la paternità di Jon Snow ha mostrato banalità od ha mancato di emotività dal punto di vista visivo.
Il fuoco che feconda è quello dei Targaryen, metafora della nascita di un nuovo aspetto di Jon Snow.
Un personaggio da questo momento in poi in bilico tra l’aspetto deterministico causa del suo lignaggio e la costruzione di ciò che è diventato ed a cui potrebbe rimanere fedele, a dimostrazione del fatto che la crescita e la formazione pesino più delle origini.
La riconquista di Grande Inverno, della fiducia di tutti gli alleati del Nord e della sicurezza in se stesso di Jon, sono sintomi di una rinascita adornata da un ambizioso fuoco di rinascita, con una dirompente rivelazione, e rifinita nel finale in maniera corale dal toccante giuramento al “King in the North“, mosso dall’adorabile ma autoritaria Lady Mormont.
Sembrerebbero tutte rose, dove di rosa ormai ne è rimasta soltanto una: Lady Olenna è tematicamente la nuova Cersei, ma con un’attitudine diplomatica maggiore che la spinge ad un’alleanza con la fazione dalle prospettive più promettenti.
E’ facile pronosticare una contro-vendetta che la vedrebbe parzialmente vincitrice, a prescindere dai patti presi di cui ignoriamo i dettagli.
Tutte rose all’apparenza, dicevamo.
Non è così: sebbene il Nord sia di nuovo unito, sul fronte più scoperto la muraglia sembra cedere. Jon Snow, con tutta probabilità, non può vincere la battaglia contro il Re della Notte senza l’ausilio della “Donna Rossa”.
Tuttavia, il suo forte senso di giustizia lo spinge ad esiliarla dal Nord dopo la scoperta dell’esecuzione della piccola Principessa Shireen, perdendo (quasi) inconsapevolmente
una pedina fondamentale in chiave strategica per la battaglia contro gli Estranei.
In vista di tale risvolto, potrebbe finalmente diventare funzionale il cliff-hanger del finale dell’episodio 6×01, che finora non ha mostrato utilità: Melisandre potrebbe non andare mai via e ripresentarsi con la sua vera forma onde evitare di essere riconosciuta da Jon, riuscendo al contempo ad essergli utile.
Non abbiamo più “paura di indovinare”, perché Game of Thrones ci ha dimostrato che le nostre ipotesi sono l’Iperuranio, ma la sua storia è la bellezza che gli da forma, rendendo il tutto visibile e straordinariamente apprezzabile.

Il fuoco dei Targaryen ha fecondato.

Ora che il fuoco s’è espresso, nelle prossime stagioni sarà il momento del ghiaccio.
E con due estreme guerre alle porte, arriviamo al giro di boa stremati dall’intensità delle emozioni, incapaci di reagire;
e come Lancel Lannister alla vista delle candele, strisciamo dolorosamente per raggiungere uno degli ultimi atti di un pezzo di storia vissuta in tempo reale.
Gli ultimi atti delle più sorprendenti cronache fantasy del nostro secolo:
“Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco”.

 

 

Un ringraziamento agli amici di Game of Thrones Italia!