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Arya Stark: vagare alla ricerca di cosa?

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Nella prima stagione di Game of Thrones, Arya è la principessina pestifera di Grande Inverno, poco propensa alle mansioni da lady e più interessata al “mondo degli uomini”, ricco di spade, duelli e gloria. La sua infanzia si districa tra i battibecchi con Sansa, i momenti trascorsi con i genitori e gli altri fratelli e gli allenamenti con il maestro d’arme, ma l’arrivo dei Lannister al Nord segna l’inizio della fine. Quando la testa di Eddard, suo padre, rotola inerme sulla piazza di fronte al Tempio di Baelor, l’infanzia di Arya giunge al termine, e qualcosa in lei si spezza per sempre.

La perdita del padre e il rancore per coloro che le hanno portato via ogni cosa inducono Arya a intraprendere un viaggio lungo e insidioso, destinato forse a non concludersi mai. Nelle otto stagioni della serie la vediamo crescere e tramutarsi in molte persone diverse, prima nell’intento di sopravvivere, poi di vendicare la sua famiglia e, dopo ancora, di conquistarsi un posto nel mondo. Ma qual è questo posto? Dov’è che Arya, dopo tante peripezie, potrà sentirsi davvero libera di essere se stessa?

Un percorso arduo per un personaggio complesso (e facile da amare), che impara a conoscersi tramite le proprie esperienze e il contatto con l’altro, e scopre qualcosa in più di sé prendendo le distanze da tutto ciò che le è stato insegnato a essere.

La lista dell’odio: quando la vendetta è tutto ciò che conta

Game of Thrones

Joffrey, Cersei, Walder Frey, Meryn Trant, Tywin Lannister… Quante volte abbiamo sentito questi e altri nomi ripetersi all’infinito sulle labbra di Arya, mentre cercava di addormentarsi? Su queste persone la ragazza riversa tutto l’odio che è in grado di provare: ciascuno di loro ha contribuito a rovinarle la vita, e dunque lei intende impiegare ogni energia per distruggerli. È la sete di vendetta a muovere ogni suo passo, a darle la forza di sopravvivere alla miseria, ai soprusi e alla paura. Una paura che man mano scema, sostituita dalla determinazione e dalla rabbia cieca.

Inizialmente, il viaggio di Arya non è altro che una fuga: dai Lannister, dalle catene, dalla bambina che è stata fino a quel momento. Lei non pianifica niente, segue il corso degli eventi e lascia che i giorni scorrano, uno dopo l’altro, ormai consapevole che la sua infanzia le è stata strappata via, e che sarà costretta a diventare adulta molto in fretta. Con il lutto e la furia nel cuore si dirige verso la Barriera travestita da ragazzo, ma le circostanze la conducono ad Harrenhal dove, non riconosciuta, diventa la coppiera di Tywin Lannister. Fuggita, si imbatte nella Fratellanza senza Vessilli e in Sandor Clegane, ma più di ogni altro sarà l’incontro con Jaqen H’ghar a segnare il suo destino.

Una ragazza non ha nome

Arya sa di non poter portare a termine la sua vendetta con la sola forza di volontà: deve diventare abile, forte, temibile. La proposta di Jaqen di farla diventare un Uomo Senza Volto sembra fare proprio al caso suo, ma la ragazza è all’oscuro del fatto che per riuscirci dovrà rinunciare a tutto, compreso il proprio passato. Il lungo tempo trascorso a Braavos, nella Casa del Bianco e del Nero, la rende un’assassina dalle incredibili capacità, ma al contempo la allontana dall’essere una Stark e dai suoi precedenti obiettivi. Servire il Dio dai Mille Volti ha il suo prezzo.

Eppure è proprio diventando nessuno, una ragazza priva di nome, che l’impetuosa Arya acquisisce un equilibrio nuovo, una freddezza glaciale che le permette di ponderare le situazioni e di agire senza timore. Spogliandosi della propria identità, impara a conoscersi e a superare i suoi limiti, accantonando per un po’ il suo desiderio di vendetta per concentrarsi su ciò che davvero può fare. Quando la realtà di Westeros le si ripresenta di fronte, tuttavia, Arya non riesce a rimanere indifferente: ci sono ancora delle questioni in sospeso, e lei deve tornare a casa.

Oltre Game of Thrones: il viaggio di Arya continua

Dopo essersi ricongiunta alla sua famiglia e aver combattuto al fianco di Jon e Sansa per difendere il Nord, Arya chiude il cerchio nel modo più coerente possibile: decide di partire nuovamente. La curiosità che l’ha sempre contraddistinta la spinge verso mete inesplorate (come dice nella sesta stagione: “Essos è a est, Westeros è ovest, ma cosa c’è a ovest di Westeros?”), ma forse si tratta anche di qualcosa di diverso. Sin dal principio di Game of Thrones Arya non teme di essere se stessa e di esprimersi, al di là degli stereotipi di genere e dei desideri altrui, eppure è proprio lei a decidere di rinnegare tutto ciò che è in nome di qualcos’altro.

Ciò che era incominciato come un viaggio all’insegna della vendetta si trasforma in un percorso di crescita, e la sete di sangue diventa (anche) sete di conoscenza. Arya è la stessa ragazzina intraprendente che ha lasciato Grande Inverno tanti anni prima, e al contempo è una persona totalmente diversa. Ogni esperienza, ogni incontro, ogni decisione che prendiamo ci cambia. Portiamo sempre delle maschere, vecchie e nuove, e la difficoltà sta nel capire quali ci hanno assegnato gli altri e quali vogliamo indossare volontariamente. In altre parole, chi scegliamo di essere?

Arya è una Stark, una sorella, una guerriera, una girovaga, una bambina curiosa, una donna indipendente, e la sua ricerca (seppur inconsciamente) l’ha condotta a una rivelazione fondamentale: un individuo non è sempre uguale, è fatto di possibilità e contraddizioni, e per conoscersi davvero deve accettarle e non smettere mai di imparare a conoscersi. Una ricerca deve portare sempre a un’altra ricerca.

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