Tutte le cose dritte mentono. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è circolo
Urla di terrore e sgomento squarciano la caverna. Sibilano come fruste vibranti a contatto con la fredda carne. È il punto di non ritorno. Il marchio è stato inciso e la bestia insegue la sua vittima. Fuggi. Fuggi veloce più veloce che puoi, questo il pensiero di Bran, il quale inerme non può che affidarsi ai suoi compagni in una disperata fuga. Parliamo del nemico più spietato di sempre, non solo per Brandon ma per Game of Thrones stesso: il tempo.
Secondo Nietzsche il tempo è espressione di un eterno ritorno. Un cammino che si dirama in due direzioni opposte per incontrarsi in un singolo punto a creazione dell’attimo, come un Uroboro il quale crea e disfa in sequenza eterna e infinita. In questa visione accurata troviamo il più grande atto di coraggio degli sceneggiatori. Un colpo di scena premeditato dagli esordi, più potente di qualsiasi altro nella storia. Violento e inevitabile come il tempo stesso.
Sono proprio le visioni in questo caso a essere fondamentali in Game of Thrones, il quale si permette di osare e insinuare il dubbio nello spettatore. Un dubbio atroce, martellante, in grado di riuscire a capovolgere ogni teoria e rimettere in gioco tutto, in un caleidoscopio di nuove avveniristiche ipotesi. Brandon ancora non lo sa, ingenuo ed emozionato per ciò che è in grado di fare, si permette di disobbedire e incontrare il Re della notte, per un saluto che potrebbe essere l’ultimo.
Eppure non esiste un inizio o una fine se il tempo è un cerchio che si chiude su se stesso con una costante ciclicità.
Abbiamo delle fasi, degli attimi, in grado di influenzare passato, presente e futuro. Ed è a questo punto che ognuno cerca di riparare ai suoi errori. I figli della foresta devono proteggere il loro nuovo corvo. Hodor ancora una volta sarà il corpo e i muscoli del suo signore, ormai non più in grado di essere autonomo.
Ascolta i tuoi amici Bran
Implorano il suo risveglio. Voci flebili dal presente tentano di arginare il muro di un passato chiuso, ferrato. Un passato nel quale un giovane Ned Stark viene istruito da suo padre sul suo futuro. Brandon è completamente assuefatto, perso nei ricordi di una vita che non gli appartiene, eppure così vicina a lui. Radici di un albero secolare, la sua famiglia, il nome Stark. Eppure il pericolo è reale. Le voci arrivano sempre più forti, la fotografia comincia a spaccarsi e un pensiero è costante: fuggi, sei in pericolo!
È ora di prendere il posto del suo mentore e non rendere vano il sacrificio di chi vuole proteggerlo. Un giorno ripagherà il suo errore, ma non oggi. Il presente richiede la salvezza e l’unico modo è usare il suo più fedele amico. L’unica persona che gli ha permesso di spostarsi: Hodor. Il tempo stringe, i secondi passano inesorabili a ogni fendente degli Estranei. Il terrore diventa tonante, quasi stridente. In quel momento la storia di Game of Thrones cambia per sempre. Passato e presente collidono, in un’esplosione appena percepibile, un attimo nell’eternità, il serpente che mangia la sua coda.
Hold – the – door
In un vortice a spirale, il tempo si palesa nel trionfo – portato all’estremo – di Nietzsche con il suo paradosso e ciò che ne consegue. Lo stalliere di casa Stark impazzisce mentre la sua controparte adulta fugge trasportando Bran. L’uscita della caverna è a pochi metri, le fiamme voraci, incontrollate, bruciano ogni cosa nel loro cammino. Lo stesso fuoco che brucia la mente di Hodor, pugnalando con crescente forza ogni anfratto della sua memoria. “Hold the door” è molto più di una richiesta. È lo stravolgimento della storia, l’attimo in cui le sorti di tutto il mondo possono cambiare e l’unico a conoscenza, per ironia del destino, non può dirlo a nessuno.
È la conclusione di un atto ma l’inizio di un altro. Il meraviglioso riscatto di un personaggio snobbato e psicologicamente instabile. Un riscatto costruito con il tempo, puntata dopo puntata, con un accurata cura dei dettagli. Hodor in Game of Thrones rappresenta l’inizio di nuove speculazioni e la possibilità di paradossi che possano drasticamente cambiare le sorti della partita. Difatti risultano varie le bizzarre teorie scatenatesi nel mondo, a seguito di tale avvenimento (qui un esempio). “Burn them all”, sarà stato Bran la causa della follia del Re Folle? Non possiamo saperlo.
Tali domande rimangono mere speculazioni, meravigliosi aspetti facenti parte del gioco, tuttavia speculazioni. Quel che è certo è la fantastica professionalità tecnica di un colpo di scena che rimarrà scolpito nella storia e nei ricordi del pubblico di tutto il mondo.