Il finale di Game of Thrones (che potete trovare qui sulla pagina NOW) è una delle cose più divisive che siano accadute nella storia della televisione. Fermiamoci un attimo a riflettere: cosa ci viene in mente oggi quando pensiamo all’adattamento per il piccolo schermo de Le cronache del ghiaccio e del fuoco? Cose brutte, per lo più. È davvero difficile dimenticare la cocente delusione rappresentata dalle ultime due stagioni della serie, un tracollo netto che ha condannato il racconto alla mediocrità più totale. Eppure c’è stato un tempo in cui Game of Thrones sembrava destinata a rimanere nella storia del fantasy televisivo come un riferimento saldo, uno di quei punti e a capo da cui non si torna più indietro. È infatti assodato che le prime sei stagioni della serie, al netto di qualche difetto, rappresentino un prodotto senza precedenti per il genere di riferimento.
Preso atto di ciò, gli scivoloni compiuti negli episodi finali rappresentano dei delitti ancora più grandi. Riuscite a immaginare che ricordi avremmo della serie se si fosse conclusa rispettano gli standard qualitativi dei bei tempi andati? Staremmo con ogni probabilità parlando di un grande capolavoro, senza se e senza ma. E allora perché privarci di queste belle memorie? Questo articolo vuole essere un omaggio a ciò che Game of Thrones avrebbe voluto essere, e un monito per gli sceneggiatori di domani a non ripetere gli errori commessi in quel di Westeros. Ciò che è morto non muoia mai. (Intanto che ci perdiamo nel mondo della fantasia, non dimentichiamoci di rimanere in hype per House of the Dragon).
Tutti i problemi da eliminare
Tanto per cominciare, cerchiamo di capire cosa è andato storto. Il problema principale è che da un certo punto in poi il materiale di partenza dei romanzi di George R.R. Martin è venuto a mancare, e per gli sceneggiatori è stato un po’ come se gli avessero sfilato il terreno da sotto i piedi. Insomma, una catastrofe. In sede di brain-storming devono essere seguiti momenti di panico e disperazione, sennò le scelte che sono state prese da lì in poi davvero non si spiegano. In parole povere, la grande soluzione è stata questa: ridurre il numero degli episodi e concentrare il budget, puntando tutto sulla spettacolarizzazione visiva per sopperire alle mancanze della scrittura. Diciamo che quando gli stessi autori della serie attaccano HBO è chiaro che la situazione non sia delle migliori.
Sostanzialmente una bandiera bianca insomma, una malcelata dichiarazione d’insicurezza. Qualcosa del tipo: “Non possiamo competere con Martin in termini d’intreccio e di dialoghi, quindi via di draghi, di battaglie e di esplosioni. Sicuramente il nostro pubblico non noterà la differenza.” Con senno di poi, possiamo dire di aver notato la differenza. Dalla settimana stagione in poi Game of Thrones diventa un’holliwoodianata qualsiasi, e la serie si snatura in un modo fino a quel momento inimmaginabile. I personaggi diventano scialbi, i dialoghi incoerenti e il racconto contraddittorio e spesso senza senso. Però ci sono draghi dappertutto, draghi come non mai: draghi vivi, draghi morti, draghi vivi che combattono coi draghi morti. Eppure ci sembrava di esserci innamorati di Game of Thrones per gli intrighi politici, per la caratterizzazione dei personaggi, per i bei dialoghi e per i colpi di scena intelligenti. Che fosse soltanto un’altra serie?
L’universo parallelo in cui Il trono di spade è finito bene
Cambiamo tutto. Facciamo finta di essere il corvo con tre occhi, e di poter vedere oltre lo spazio/tempo la realtà alternativa che in fondo ci meritavamo. L’opzione più semplice sarebbe quella di immaginare un universo in cui Martin pubblica i cui sui libri con tempi umani, ma a questo punto staremmo parlando di purissima fantascienza. Sforziamoci di mantenere una certa credibilità: nella nostra nuova realtà, Martin scrive ancora come se avesse entrambe le mani legate dietro la schiena, ma questa volta gli sceneggiatori di Game of Thrones trovano da qualche parte il coraggio di non tradire l’identità originale della serie. Arrivano così al termine della sesta stagione, e quando cominciano a buttare giù qualche idea per la settima si dicono che non ha davvero nessun senso ridurre il numero degli episodi di dieci a sette. Con tutto quello che rimane da raccontare!
Gli sceneggiatori si rimboccano le maniche e fanno quello che devono fare: scrivono. Non vanno in cerca di soldi da buttare in cgi per rendere più realistiche le scaglie dei draghi; scrivono e basta. Così, impegnandosi e faticando, cavano fuori dei dialoghi belli, delle scelte per i personaggi che siano coerenti con la loro caratterizzazione, un intreccio non banale e appassionante. È proprio Game of Thrones, quella che ricordavamo! Nel nono episodio c’è un colpo di scena di quelli forti, come successe al tempo per le Nozze Rosse. E anche il finale di stagione non delude: Game of Thrones 7 è un successone!
Il finale dei finali
Poi, l’anno dopo è il momento del gran finale, quello totale e tombale. Di nuovo dieci episodi, scritti tutti come Dio comanda. Gli Estranei sono una minaccia sempre più presente: a metà stagione prendono Grande Inverno e marciano verso sud, in direzione di Approdo del Re. Sono loro e soltanto loro il nemico ultimo da sconfiggere. Gli ultimi due episodi sono il teatro della battaglia di tutte le battaglie: per Approdo del Re, per Westeros e per i vivi! Tyrion fa un discorso dei suoi, di quelli che fanno tremare l’anima, e John guida le truppe in combattimento per un’ultima volta. Il confronto dei confronti è quello che aspettavamo da sempre, quello tra il Lupo Bianco e il Re della notte. Questa volta non ci viene negato! È tutto proprio come dovrebbe essere.
Così, Game of Thrones, finisce una volta e per tutte, ed è davvero un gran bel finale. Il mondo intero ricorda la serie come un capolavoro di quelli rari, un pezzo di storia della televisione su cui tornare e ritornare ancora, bingewatching dopo bingewatching. La vita è bella e tutto va bene. Fine.
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