2) Il monologo di Tyrion
Il momento che Tywin Lannister attendeva fin dalla nascita di Tyrion è finalmente giunto: suo figlio è accusato dell’assassinio di Joffrey, e una sentenza di condanna a conclusione del processo lo condurrebbe dritto al patibolo. Durante un aggiornamento dell’udienza, tuttavia, Jaime chiede al padre di risparmiare il fratello spedendolo alla Barriera, in cambio della sua disponibilità a lasciare la Guardia Reale per tornare ad essere l’erede di Castel Granito. Quando però Tywin chiama a testimoniare la prostituta Shae, Tyrion è devastato dalle menzogne raccontate dalla donna che ama, così inveisce contro l’intero Consiglio Reale chiamato a giudicarlo, ogni singola persona presente all’udienza e tutta Approdo del Re.
Padre, desidero confessare. Desidero confessare! Io vi ho salvati! Voi e questa città, e tutte le vostre insignificanti vite. Avrei dovuto lasciare che Stannis vi trucidasse tutti! Sì padre, sono colpevole. Colpevole! Non è questo che vuoi sentire?
Con urla rauche sporcate dalla rabbia Tyrion, dopo aver ricordato a tutti di aver salvato la città durante la battaglia delle Acque Nere, nega di essere il colpevole del regicidio.
Sono colpevole di un crimine più truce ed empio: essere un nano, la mia colpa è questa. Sono sotto processo per questo dal primo vagito che ho fatto.
Per la prima volta, quella malformazione che Tyrion tollerava con disinvoltura viene caricata di un peso insostenibile, una zavorra che lui afferra e scaraventa con tutta la sua disperazione contro quel padre che non lo ha mai amato.
Non ho ucciso io Joffrey, ma vorrei tanto averlo fatto! Vorrei tanto essere il mostro che credete io sia. Vorrei avere veleno a sufficienza per tutti quanti voi, sarei felice di dare la mia stessa vita per guardare mentre lo inghiottite!
Alla fine di uno dei monologhi più passionali e autentici non solo di tutta Game of Thrones ma del panorama seriale in generale (reso tale anche dalla magistrale interpretazione di Peter Dinklage), Tyrion si appella al diritto divino di richiedere il verdetto per singolar tenzone: consapevole di non poter ottenere alcuna giustizia da tutta quella gente che desidera solo vederlo soccombere.