Il 19 maggio 2019 si concludeva Game of Thrones, il colosso HBO che ci ha tenuto compagnia per la bellezza di otto anni. L’ultimo decennio della serialità è stato segnato profondamente da questa serie, che ha rivoluzionato per sempre il modo di fare televisione. L’impatto che lo show ha avuto sugli spettatori è stato incredibile: i fan di tutto il mondo hanno condiviso un’esperienza collettiva, che li ha uniti grazie a una storia avvincente, personaggi memorabili e una produzione all’altezza di quelle cinematografiche.
Come ben sappiamo però, l’epilogo di Game of Thrones ha deluso le aspettative di molti. Ma siamo onesti: molto probabilmente non sarebbe mai stato possibile soddisfare tutti. Anche se le cose fossero andate diversamente, ci sarebbero stati comunque alcuni che avrebbero preferito vedere un finale diverso. Tuttavia, ciò non toglie il fatto che gli spettatori si siano sentiti presi in giro da alcune scelte prese dagli showrunner. Una sensazione che abbiamo provato più volte nel corso nello show, e non solo durante la tanto criticata stagione finale.
Uno degli esempi più eclatanti è la storyline di Dorne.
L’esotico regno di Westeros è stato introdotto nella quarta stagione grazie a Oberyn Martell, un personaggio che ha conquistato sin da subito gli spettatori. Nonostante il breve tempo trascorso nella serie, la “Vipera Rossa” ha lasciato il segno grazie alla sua schiettezza e spirito libero. Tuttavia, non si può dire lo stesso sugli altri personaggi e storyline legate a Dorne.
Infatti, gli snowrunner hanno voluto distanziarsi dal materiale originale e concentrarsi solo sul Principe Doran, Ellaria e le Serpi delle Sabbie: personaggi dal grande potenziale, che però non sono mai stati esplorati fino in fondo. Inoltre, la scelta di introdurli attraverso gli occhi di Jaime non ha di certo giovato allo sviluppo della storyline dorniana: non solo la presenza dello Sterminatore di Re ha gettato ombra su gran parte della trama, ma i nuovi personaggi non hanno avuto abbastanza tempo per mostrare la loro profondità, finendo così per risultare unidimensionali e dimenticabili.
Game of Thrones ha riservato lo stesso trattamento anche a Euron Greyjoy.
L’introduzione di questo antagonista è stata deludente soprattutto perché ci era stato anticipato come uno dei più terrificanti dell’universo di Martin. Effettivamente, nel libro Euron è un villain sensazionale: un pirata assassino che fa uso dell’Ombra della Sera per vedere il futuro, un leader spietato che considera il male quasi come una chiamata divina. Un uomo squilibrato e pericoloso, ma allo stesso tempo intrigante e carismatico. Euron avrebbe dovuto suscitare lo stesso orrore di personaggi come Joffrey e Ramsay. Purtroppo, non è andata così. Nonostante non mancasse materiale su cui basarsi, gli showrunner hanno finito per creare una macchietta che è stata protagonista di alcune delle scene più assurde e imbarazzanti dell’ultima stagione. Basti pensare all’uccisione di Rhaegal, o al duello finale con Jamie. Ridotto a mero mercenario, questo antagonista è diventato un semplice personaggio di contorno nella storyline di Cersei.
Spostandoci al Nord, troviamo infatti altri due personaggi “trascurati”: Bran e Benjen Stark.
In realtà, Bran avrebbe potuto essere un personaggio interessante: un giovane limitato fisicamente nella sua infermità, ma non nella sua curiosità. Un piccolo lord all’altezza del ruolo, che non si tira mai indietro di fronte alle responsabilità. Senza poi contare la sua precoce saggezza e le abilità da metamorfo. Tuttavia, nel momento in cui il ragazzo è diventato il Corvo a Tre Occhi, tutta la sua crescita è venuta meno. Bran è stato sostituito da un personaggio fin troppo piatto. Col passare delle stagioni, è diventato sempre più difficile capire il significato dei suoi enigmi e non ha mai contribuito realmente nella battaglia contro gli Estranei. Per non parlare poi della sua incoronazione come Re dei Sette Regni. Una scelta assurda per i più, oltre che incoerente con le dichiarazioni passate dello stesso Bran.
Benjen Stark invece è sempre stato un mistero. Dopo essere scomparso oltre la Barriera, ricompare improvvisamente dopo stagioni. A quel punto, non solo scopriamo che il Ranger è ancora vivo, ma è scampato alla morte grazie all’intervento dei Figli della Foresta. Nonostante ci venga spiegato come sia stato trasformato in un ibrido fra umano ed Estraneo, ci sono delle domande che non hanno mai trovato risposta: perché non è diventato come il Night King, che era stato sottoposto allo stesso rituale? Perché è stato salvato dai Figli della Foresta? Ma soprattutto, come ha fatto a trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto? Considerando che il Nord è un territorio vasto e impervio, anche per un Ranger esperto come Benjen sarebbe stato difficile individuare la posizione di Bran o Jon senza alcun tipo di indicazione. Dunque, non c’è voluto molto prima di capire che il fratello di Ned era stato rilegato a semplice deus ex machina, con nessuno scopo se non salvare i protagonisti nel momento opportuno.
Una delle prese in giro più grandi di Game of Thrones riguarda però uno dei protagonisti più amati: Jon Snow.
O meglio, il lignaggio di Jon. Anche se all’inizio pensavano che il vero mistero fosse l’identità di sua madre, con il passare delle stagioni la serie ha iniziato a lasciarci tanti piccoli indizi, che ci hanno guidato verso la verità: le considerazioni di Oberyn e Ditocorto sulla relazione fra Rhaegar e Lyanna, le osservazioni di Maestro Aemon sui Targaryen, fino ad arrivare alle visioni di Bran e alle scoperte di Sam e Gilly che hanno confermato i sospetti di molti: Jon è sempre stato il legittimo erede al trono. Considerata l’importanza di questa rivelazione e il possibile collegamento con la profezia su Azor Ahai, tutti si aspettavano che l’identità di Jon avrebbe avuto un’importanza fondamentale nell’ultima stagione. Purtroppo, questo enorme plot twist non ha avuto un impatto reale sulla trama e gli eventi, se non dare un’ulteriore spinta all’affrettata ascesa nella follia di Daenerys.
Ma è con Jaime Lannister che è stato rovinato uno dei migliori character development dell’intera serie.
Tutti odiavano Jaime nelle prime stagioni: ha tentato di uccidere Bran, ha un rapporto incestuoso con Cersei e strangola senza pietà il cugino. Ma dopo aver perso la mano destra, il leone di casa Lannister ha dimostrato di essere molto più di quello che sembrava: un uomo complicato che, nonostante i suoi crimini, possiede un lato sensibile ed eroico che in pochi conoscono. Jaime va incontro a una delle trasformazioni più interessanti della serie e, anche se i suoi peccati non vengono perdonati, tuttavia vengono mostrate le sue sfumature e profondità. Nel momento in cui abbandona finalmente la relazione tossica con Cersei, ognuno di noi ha esultato. Ma non possiamo dire lo stesso della sua decisione di tornare dalla sorella e del suo improvviso disinteresse nel salvare gli innocenti. Dopo anni di crescita ed evoluzione, Jaime subisce una regressione che lascia perplessi, quando invece avrebbe potuto completare il suo percorso portando a compimento la profezia del Valonqar.
Il pubblico si è sentito ingannato da questo improvviso cambio di rotta, così come si è sentito preso in giro dalla morte del Night King.
Sin dalla prima stagione, sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui i nostri eroi si sarebbero scontrati con l’esercito dei morti. Ma dopo otto anni di attesa, tutti si sarebbero aspettati una spiegazione sull’origine del Night King e sulle sue vere intenzioni. Con la morte di questo villain è stata eliminata la minaccia più grande di Westeros, ma allo stesso tempo sono state lasciate troppe questioni in sospeso: che fine hanno fatto i bambini di Craster dati in offerta agli Estranei? Cosa significavano i messaggi a forma di spirale? Gli Estranei erano semplicemente una personificazione della morte o qualcosa di più?
Domande che, idealmente, avrebbero dovuto trovare risposta prima della conclusione della serie. Purtroppo non è andata così e ancora una volta Game of Thrones ci ha delusi, giocando con le nostre aspettative e sprecando l’occasione di raggiungere la perfezione.