Melisandre, la strega rossa è uno dei personaggi più misteriosi della saga, nei libri così come nella serie televisiva, ma a partire da quest’ultima stagione qualche segreto è stato svelato.
Fin dal principio l’abbiamo mal tollerata: ci sentivamo un po’ tutti Davos che la osservava mentre inculcava sciocchezze e fanatismi nel suo re, rendendolo sempre più ottuso e senza scrupoli, l’abbiamo temuta quando dichiarò la necessità di sacrificare Gendry, e soprattutto l’abbiamo odiata quando su quel suo altare di fuoco uccise l’innocente Shireen.
«In quanti sono morti perchè tu ti sei sbagliata?»
È un personaggio complesso perché fatichiamo a schierarla tra i buoni o i cattivi: ha compiuto azioni terribili, ma ciascuna di esse, almeno nell’ottica della sacerdotessa, è stata sempre finalizzata ad un bene più grande, e soprattutto in questa stagione abbiamo capito che non sono tutte fandonie, che un Dio Rosso, per quanto incomprensibile nelle sue intenzioni, debba esistere ed ascolta le preghiere della sua sacerdotessa, altrimenti Jon Snow non si sarebbe trovato ad essere proclamato “King in the North“.
Certo è che la stessa Melisandre si è vista schiaffare in faccia il suo errore, così che tutta la sicurezza delle prime stagioni si è completamente volatilizzata.
Era bellissima, forte, affascinante e carismatica, e potente… Oh se era potente! Non dimentichiamoci del figlio demone e del magico omicidio di Renly Baratheon, ma l’arroganza portata dal fanatismo l’aveva resa troppo sicura di sé, oltre che del tutto detestabile ai nostri occhi, e come tutte le persone arroganti, nel momento dell’errore il mondo le è crollato addosso.
Durante il primo episodio di questa sesta stagione scopriamo uno dei suoi grandi segreti. Ce l’aveva già preannunciato in sottili battute, e nei libri forse il sospetto era un po’ più concreto, ma ecco che finalmente quel sospetto si è rivelato pura realtà: Melisandre, la donna rossa di Asshai, pratica la magia e professa la fede per R’ hllor da più di un secolo (400 anni circa), e, in uno dei momenti più drammatici per la sua spiritualità, è come se avesse avuto bisogno di ricordarsi anche lei che quel dio esiste guardando nello specchio gli effetti del suo potere.
Il dolore, il rimorso e forse anche il rimpianto prendono il posto di quella fede cieca che l’aveva contraddistinta fino a quel disastro. Quasi decisa a ritirarsi, convinta del suo completo fallimento, si ritrova davanti proprio Ser Davos, l’uomo che l’aveva odiata per anni, a ricordarle che non può semplicemente arrendersi, che il mondo ha ancora bisogno di lei. Non sarà la fede in un dio a tirarla su da quelle sedia, ma l’amore verso gli uomini, ed in particolare la fiducia che quell’uomo sta riponendo in lei. Mai l’abbiamo vista tanto insicura e titubante come quando si apprestava a resuscitare Jon Snow: la sua fede vacillava pericolosamente e la speranza era quasi del tutto esaurita, ma almeno per questa volta l’abbiamo vista sotto il volto, non più della sacerdotessa, ma della donna.
Sarà anche stata una fanatica religiosa, me lei credeva veramente nel valore delle sue azioni, era convinta di perseguire un fine giusto per un bene superiore, predicava un dio, ma un dio che si è rivelato essere crudele, incomprensibile, o forse solo con un distorto senso dell’ironia.
In tutto ciò è impossibile non notare l’arguta metafora che Martin ha voluto proporci: in quanti sono morti nel nome di un qualsiasi dio? Nei secoli passati, così come al giorno d’oggi, la religione è sempre scivolata in quel fanatismo folle che ha provocato massacri e ingiustizie di ogni sorta, e forse è paradossale che sia proprio definita “strega” il personaggio che si fa carico di questa responsabilità. Ma ecco anche l’altro lato della medaglia: quel dio esiste, deve esistere, ne abbiamo più volte visto la prova, sia sul volto del Lazzaro recidivo Beric Dondarrion sia su quello del nostro amato White Wolf.
E allora per quale motivo avrebbe permesso certe nefandezze? Per quale ragione avrebbe comunicato alla sua sacerdotessa tali sacrifici? Noi come Jon Snow non possiamo non chiederci:
«Quale dio potrebbe permettere tutto questo?»
«L’unico che abbiamo».
La delusione e lo sconforto sono evidenti sul suo volto quando la vediamo varcare la soglia del Castello Nero, ma forse era davvero quello il percorso da fare perché lei potesse adempiere al suo destino.
Forse l’errore era tappa fondamentale, e vediamo chiaramente quanto anche lei sia confusa: lei credeva in Stannis, era lui Azor Ahai, e poi il Signore della Luce le dà Jon Snow e la ragione è ancora avvolta nel mistero. Forse le ha permesso di riportarlo alla vita solo per quella particolare battaglia, forse solo per poi riconsegnarlo alle tenebre, o forse perché fa parte di quel grande disegno che ci porterà direttamente dal principe promesso, colui che porterà la luce nella grande notte.
Le teorie su Azor Ahai sono tantissime, la stessa Melisandre dice di vedere tra le fiamme solo “neve” quando le interroga cercando risposte sul salvatore, mentre a Raeghar Targaryen era stato profetizzato “un Azor Ahai” costruito sulle tre teste del drago, ma per scoprire questo, come tanti altri misteri, la strada è ancora lunga…
Certo è che il destino della strega rossa sia strettamente connesso con il destino della vita al di qua della Barriera: forse ce lo siamo un po’ dimenticati, ma è necessario ricordare che lei non è entrata in scena perché Stannis potesse sedere sul Trono di Spade, ma piuttosto per scoprire e sostenere Azor Ahai, per dargli la forza di vincere l’unico vero nemico.
Melisandre possiede la conoscenza e il potere per vincere la grande battaglia tra il bene e il male, e vederla allontanarsi dal Nord non può che riempirci di dubbi sul futuro: gli Estranei sono alle porte, il lungo Inverno è arrivato e la battaglia tra la vita e la morte si fa sempre più vicina.