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Girls è la serie più millennial che possiate vedere in questo momento

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Girls è la serie più millennial che possiate vedere in questo momento. Sì, avete capito bene, Girls di Lena Dunham la cui prima puntata andava in onda nel 2012, tiene ancora banco come serie che rappresenta meglio la generazione millennial e basta rivederne una sola puntata per esserne convinti.

Ma facciamo un passo indietro, perché dobbiamo capire chi sono i millennial per comprendere come mai questa serie in particolare li rappresenti. Lena Dunham quando scriveva le prime stagioni di Girls ancora non lo sapeva, ma da lì a breve una schiera di esperti in digital marketing avrebbe iniziato a dividere in generazioni gli utenti online per appioppargli più prodotti possibili, rispolverando vecchie classificazioni sociologiche. Così nascono boomer, millennial e generazione z, che abbiamo accolto sempre più nel nostro linguaggio quotidiano per identificarci o prenderci in giro. Millennial, nello specifico, sono classificati i nati tra il 1981 e il 1996, che hanno iniziato o concluso l’adolescenza nel corso degli anni 2000-2010 e che avevano almeno 5 anni durante l’attentato alle torri gemelle (età che si presume la minima necessaria per capire la portata storica dell’evento). Sono anche i primi nativi digitali, avendo avuto accesso alla tecnologia ‘veloce’ nell’età della sviluppo, cosa che Girls si scorda mai di raccontare.

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Adam Driver (Adam) e Lena Dunham (Hannah) in una scena di Girls

E così la creatrice e interprete della serie, che poco dopo il 2010 si accingeva a fare il ritratto di 4 ventenni alle prime armi con la vita adulta e lavorativa di New York, ha finito per consegnarci un’istantanea indelebile di questa generazione, che, forse, a distanza di 10 anni, non se la passa tanto meglio

Girls è stata definita una Sex and the City dove le protagoniste non hanno il lusso del denaro, ed effettivamente è stata una delle prime serie tv così pop e di successo che ha osato raccontare realisticamente la città che non dorme mai. Ecco una prima caratteristica dei millennial: l’onestà e la disillusione. Se qualcuno gli aveva raccontato che il sogno americano li aspettava su un piatto d’argento una volta finita l’università, quando non l’hanno trovato hanno deciso che a questo giro non ci stavano più a portare avanti una bugia e hanno spifferato tutto. Non a caso la primissima stagione si apre con i genitori della protagonista, Hannah, mentre si rifiutano di continuare pagarle affitto e abbonamento del telefono, costringendola a volare via dalla comodità del nido e anche dal suo stage non retribuito.

Ma se i millennial sono una generazione a cavallo tra il vecchio e il nuovo, nei loro primi vent’anni non perdevano certo le speranze di conquistare lo stesso il mondo, forti dei nuovi giocattoli tecnologici e delle piattaforme social appena nate, che nello scorso decennio erano ancora veramente un luogo non troppo inflazionato. Così tra lo smalto messo guardando un video su youtube, il tentativo di scrivere un e-book e le palpitazioni per la magia di un tweet che diventa virale Hannah Horvath si auto-proclama la ‘voce di una generazione’, e se siamo qui oggi a parlare di lei bisognerebbe riconoscerle che in qualche modo ci è riuscita.

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La rappresentazione del mondo web è sempre sottile nella trama di Girls, allo stesso tempo così onnipresente da ricordare che i millennial sono i stati i primi a scoprire come sostituire la fatica di una giornata di lavoro con il piacere istantaneo di un like

Tuttavia, come è giusto che sia per le foto d’epoca, Girls non è solo un’istantanea autentica, ma anche anacronistica, racchiudendo in sé qualche clichè, che farebbe impallidire gli adolescenti della gen Z cresciuti sotto i colori dell’arcobaleno, ma senza i quali non sarebbe del tuo onesta. Tanto più che Lena Dunham, per quanto lungimirante, non poteva prevedere la sensibilità del futuro e si è quindi limitata a descrivere le lotte e la mentalità del suo presente. Emblematico è il caso di Shoshanna, la più piccola del gruppo la cui prima storyline ha a che vedere con l’assoluta necessità di perdere la verginità ora che si trova al college, sperimentando un tipo di pressione sociale ormai superato dalle serie del nuovo decennio (a parte da Euphoria, ma chi scrive Euphoria? Un millennial). O ancora, l’occhio della generazione Z non perdonerebbe la leggerezza con cui vengono trattati i comportamenti persecutori di Adam (Adam Driver) verso l’ex fidanzata Hannah.

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Shoshanna, interpretata da Zosia Mamet

Ma nonostante gli alti e bassi, Girls invecchia benissimo e rimane il ritratto televisivo più coerente della generazione millennial, generazione che comunque non si è estinta. I millennial italiani dell’ultima guardia si riconosceranno nei personaggi frammentati della serie, alla prime armi in una carriera incerta, mentre quelli americani sono per lo più impegnati a svelare i drammi della New York contemporanea su TikTok, una città incalzante, poco materna, che dallo schermo dei nostri cellulari non sembra discostarsi granché da quella che 10 anni fa aveva avuto l’intelligenza di raccontare Lena Dunham.

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