Siamo stati tutti delle ragazze di provincia e dei ragazzi di città che, senza meta, sono saliti su un treno. E quel treno ci ha portati al liceo McKinley, dove ci siamo uniti alle Nuove Direzioni. Glee nasce sulle note di Don’t Stop Believin‘, cantata da un gruppo di ragazzi che non potrebbero essere più diversi, ma che scelgono di credere nel potere della musica.
Glee rispetto alle altre serie di Ryan Murphy è un’esplosione di colori, un mix di toni accesi e brillanti che destano meraviglia, come le luci caleidoscopiche di un luna park quando si stagliano nel buio della notte. Ed è anche un concerto in cui la musica non è solo colonna sonora, ma la voce con cui esprimere ciò che abbiamo dentro.
La serie scorre sullo sfondo di un tipico liceo americano, con le sue gerarchie e le sue dinamiche, seguendo le vite di protagonisti che cercano di destreggiarsi nel labirinto che è l’adolescenza ed entrano poi con cautela nel marasma della vita adulta.
I nostri beniamini vengono derisi e presi a granite in faccia perché sono l’ultimo gradino della piramide sociale, ma non mollano mai la presa ed è sempre un’emozione rivedere la loro prima vittoria alle Provinciali. Per il traguardo più importante, le Nazionali, l’attesa è più lunga, ma non ci dispiace poi tanto che la causa sia il primo bacio dei Finchel. E alla fine il trofeo arriva e noi lo alziamo al cielo insieme alle Nuove Direzioni.
La prima grande lezione che Glee ci ha lasciato è inseguire i nostri sogni e non mollare mai.
Ce lo insegna il professor Schuester nel pilot, quando sta quasi per abbandonare il sogno di un ritorno del glee club, ma poi ci ripensa. Ce lo insegna Finn, quando impedisce a Rachel di rinunciare a New York per sposarlo. Ce lo insegna Kurt, che nonostante il primo rifiuto riesce comunque a entrare alla NYADA.
Negli anni vediamo i personaggi cercare di capire cosa vogliono, reinventandosi continuamente quando la vita gli gioca un tiro mancino o quando hanno preso una decisione sbagliata. Perché i protagonisti di Glee sbagliano. Di continuo. E ho sempre pensato che fosse una delle cose più apprezzabili dello show: si cresce sbagliando e prendendosi le responsabilità dei propri errori.
Un’altra colonna portante della serie è la diversità.
Vittime di una società in cui ci sentiamo costantemente in dovere di rincorrere determinati modelli, i membri del glee club affrontano l’ostilità del mondo esterno per affermarsi per come sono. Memorabile la nomina di Kurt a reginetta del ballo, nata come derisione della sua omosessualità, ma che lui accetta per dimostrare di non vergognarsi di ciò che è.
Le Nuove Direzioni celebrano la loro diversità sulle note di Born This Way, dove ognuno indossa una maglietta con una scritta. Un difetto, una frase usata per schernirli o semplicemente un’affermazione. Emma soffre di un disturbo ossessivo compulsivo. Sam ha la bocca da trota. Tina ha gli occhi marroni. Un urlo di autoaccettazione in cui i protagonisti vanno fieri di ciò che sono.
E nel mezzo di questa bellissima varietà di essere umani alla fine l’amore trionfa in tutte le sue forme col matrimonio a quattro di Kurt e Blaine, e Brittany e Santana, al quale Sue riesce a portare anche la nonna di quest’ultima, inizialmente ostile all’orientamento sessuale della nipote. Ma anche col matrimonio del professor Schue e di Emma (quello riuscito).
La Terra non smette mai di girare e noi accompagniamo i membri delle Nuove Direzioni all’Università, condividendone le emozioni e le paure. Si tratta di un passaggio chiarificatore per molti e di conferma per altri, come Rachel, che ottiene la parte di protagonista in Funny Girl. La vita adulta non è estranea, però, a errori, indecisioni, cambiamenti.
Alla fine li ritroviamo di nuovo sul palco dell’auditorium del McKinley, ammaccati ma felici di nuotare nel loro elemento: la musica. E sulle note di I Lived cantano l’ultima canzone, pronti a spiccare il volo verso un futuro in cui non hanno più bisogno di essere seguiti.
Glee è il canto corale di una generazione in cui tutti possiamo rivederci.
Non si tratta di una serie perfetta: ci sono stati difetti, incongruenze e momenti in cui ci siamo chiesti cosa si fossero bevuti gli autori. Ma nonostante questo ha avuto un fortissimo impatto sul pubblico che non è possibile ignorare. E ce l’ha avuto perché parla dei problemi che tutti dobbiamo affrontare.
La difficoltà di crescere, di capire chi siamo, di amarci così e reagire di fronte alle porte che il mondo ci sbatte in faccia. Non sempre è facile, non sempre ci si riesce al primo tentativo e non sempre le cose vanno secondo i nostri piani. Per questo Glee non è solo momenti felici passati tra medley e mash-up.
Gli amori finiscono, i sogni s’infrangono, Sue Sylvester alle volte sembra un nemico imbattibile, ma il glee club trova sempre il modo di rialzarsi, perché questa è la vita. Capitano cose brutte, siamo tristi, ma col tempo impariamo a tornare in piedi.
Perché “lo spettacolo deve continuare… ovunque… o qualcosa del genere“.