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La prima stagione di Glee ci presenta la nostra realtà sotto un altro punto di vista

Glee
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Quando cominciamo una Serie Tv abbiamo spesso la sensazione di essere trasportati in un altro mondo, in un’altra realtà. Bè, questa è stata esattamente la sensazione che ho avuto guardando la prima puntata di Glee.

Come ho già detto più di una volta, questa è una di quelle serie TV che ha segnato un epoca, e che sicuramente è rimasta nel cuore di tutti i suoi spettatori, nonostante siano passati ormai due anni dalla messa in onda dell’ultima puntata con conseguente depressione abissale dei fan. La cosa più interessante che ho notato, tra l’altro, è stata quanto Glee si avvicini alla nostra realtà, nonostante sia ambientata da tutt’altra parte.

Per capire meglio questo concetto, vediamo di dare una veloce occhiata alla storia che ci viene proposta. Di per sé, in realtà, si tratta di qualcosa di piuttosto semplice e comune, da normale teen drama: in una scuola superiore dell’Ohio, negli Stati Uniti, un professore decide di riunire un vecchio club di canto corale coreografato, il Glee Club, per l’appunto. L’obiettivo è quello di permettere a tutti gli studenti appassionati di arte, canto e danza, di scoprire il loro vero potenziale, e di cominciare a dare rilievo a quel lato artistico troppo spesso represso nelle scuole.

La prima cosa che notiamo è come i primi membri di questo Glee Club siano persone che nessuno nota, i più deboli, quelli presi più di mira dal sistema scolastico: il ragazzo in sedia a rotelle, il ragazzo gay che ha paura di dichiarare la sua vera identità, la giovane ragazza balbuziente, la ragazza nera e la ragazza ebrea con le arie da diva. Sono tutti dei soggetti, se vogliamo forse un po’ stereotipati, che però ci fanno entrare piuttosto bene nella situazione e nell’ottica di questa scuola: se non sei una cheerleader, se non sei un giocatore di football, se non sei popolare, puoi stare sicuro che sarai preso di mira, perchè, in fondo, non sei nessuno. 

Glee

Nel corso della prima stagione di Glee abbiamo la possibilità di assistere a una prima crescita dei personaggi, al loro interagire tra loro nonostante siano diversi, tutti con i loro difetti. Non è facile accettarsi per quello che si è, né tanto meno ammetterlo agli altri. È ciò su cui principalmente questa stagione si concentra: si combattono i pregiudizi, si affrontano problemi più o meno grandi, e si scopre il valore dell’amicizia vera ed autentica.

Da questo punto di vista Glee ha davvero fatto scuola, dimostrando che, per quanto la vita sia difficile, ci sarà sempre e comunque una via di fuga, qualcuno con cui parlare e che ci vorrà bene così come siamo. Per questo credo che la prima stagione ci porti a rivalutare la realtà: si parla di cose che tutti conoscono, e anche molto bene, ma è sempre bello sentire che c’è una soluzione per tutto, e che basta solo crederci un po’ di più.

La prima stagione è di certo anche quella in cui vengono presentati i personaggi che ci accompagneranno nelle stagioni successive. Alcuni più rilevanti, altri meno, ma che si insinuano comunque nei nostri cuori.

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Solo una persona come Will Schuester poteva avere un’idea geniale come quella della rifondazione del Glee Club. Un uomo innamorato dell’insegnamento e dell’arte, che crede fermamente nella cultura come metodo di crescita e di formazione delle giovani menti. Il credere in sé stessi e nelle proprie idee è ciò che contraddistingue Will, ma non solo lui: questo è uno dei messaggi fondamentali che Glee porta avanti.

Come ogni essere umano, Will ha le sue debolezze, i suoi dubbi, ogni tanto è in grado di mettersi in discussione e di rendersi conto che, forse, non tutte le scelte che fa sono le migliori per gli studenti. La sua capacità di rimediare, di fare autocritica e di essere sempre e comunque comprensivo lo rendono però uno dei migliori professori che si siano visti nelle Serie Tv. E per quanto riguarda la prima stagione di Glee, beh, noi già sappiamo che è il migliore in assoluto.

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E’ chiaro, inoltre, che non c’è Glee né tantomeno Glee Club senza Rachel Berry. La giovane ragazza ebrea figlia di due padri gay, che da quando è nata coltiva un grande sogno: diventare una stella di Broadway. Rachel sa già in partenza che la sua non è una strada semplice, ma la determinazione e la forza di volontà che la contraddistinguono la spingono sempre a non mollare, a credere fino in fondo nelle sue capacità, forse anche troppo.

Si, perchè Rachel ha davvero una fortissima stima di sé stessa, talmente tanto che non ha paura di mettere in ombra gli altri con le sue opinioni secche e dirette. Spesso si tratta semplicemente di mettere in evidenza la sua bravura rispetto al resto del gruppo, motivo per cui non sempre è apprezzata dal resto dei suoi compagni. Nonostante tutto, la sua permanenza nel Glee Club la porterà a maturare, ad essere una persona migliore e a rendersi conto che, in fondo, non è piacevole avere successo se poi non c’è nessuno con cui condividerlo. 

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Ogni Serie che si rispetti ha bisogno del suo protagonista maschile, e Glee non fa certo eccezione. Al di là del professor Schuester, quindi, Finn è sicuramente il protagonista indiscusso di questa serie. Giovane popolare, quarterback della squadra di football e fidanzato della ragazza a capo delle cheerleader. Se la si vede sotto questa prospettiva, la sua vita sembra perfetta… Perchè iscriversi ad un Glee Club, che racchiude tutti i cosiddetti inetti della scuola?

Perchè Finn non è affatto come gli altri ragazzi. Ce ne accorgiamo subito, e come noi anche il professor Schuester. Il giovane ragazzo ha sempre voluto qualcosa di più di ciò che era sempre stato, aveva altre passioni oltre al football e sente di poter fare davvero la differenza. C’è un unico problema, o forse due. Innanzitutto la sua autostima sta perennemente sotto i suoi piedi, e poi l’intero sistema scolastico e sociale in cui si trova a vivere di certo non gli permette di prendere determinate scelte senza essere etichettato o deriso, almeno dalla massa.

Se c’è una cosa però che la prima stagione di Glee ci dimostra, tra le molte altre, è che l’unione fa la forza, e che nel momento in cui accetti te stesso così come sei e gli altri così come sono, nulla potrà più dividervi.

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Certo è che, nella nostra realtà, ci troviamo spesso di fronte a persone, per così dire, negative. Persone molto più forti di noi caratterialmente e fisicamente, magari con sogni infranti e mai realizzati, che si arrogano il diritto di buttarci giù e di distruggere i nostri sogni prima ancora che cominciamo a lavorarci seriamente. Ecco, questo è il compito di Sue Sylvester all’interno di Glee. È l’antagonista della storia, la persona che, per paura di perdere tutti i fondi a lei destinati per la squadra di cheerleader, si mette d’impegno per ostacolare Glee Club, tentando fino all’ultimo di farlo chiudere.

La verità però, che noi possiamo riscoprire solo a fine stagione, è che Sue non è del tutto cattiva. Il suo atteggiamento, ragionandoci bene, può essere considerato motivazionale, anche se non sempre efficace. Diciamocelo, la sua difesa a spada tratta del Glee Club del Mckinley High alla fine della prima stagione ci è giunta abbastanza inaspettata, ai tempi. O, se non altro, è stata inaspettata per me.

Anche Sue però, a modo suo, inizierà a cambiare, anche se non rinuncerà mai veramente a tornare alle sue vecchie abitudini, a tormentare gli studenti solo per divertimento o a tentare di cancellare il Glee Club. E poi, che ne sarebbe di questa serie TV senza un antagonista serio?

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Come già detto, la prima stagione di Glee ci porta a fare la conoscenza di tutti i personaggi e di tutti i componenti del Glee Club. Non potrò ovviamente citarli tutti, però posso soffermarmi sui principali. Mercedes Jones, ad esempio, l’Aretha Franklin del Glee Club. Con una voce decisamente superiore a quella di Rachel e con un sound tutto suo, entra immediatamente nei nostri cuori.

Come del resto la sua più grande “rivale” nel Glee Club, Mercedes è consapevole di avere un grande talento, e non permette mai, a nessuno, di metterle i piedi in testa. Il suo orgoglio la contraddistingue, e dimostra, in questa stagione, di essere in grado di farsi da parte quando serve, di mettere fine alle cose che non le fanno bene e, soprattutto, ad accettarsi. Il suo ingresso nella squadra delle cheerleader le aveva causato solo problemi, ma una volta accettatasi per com’era, Mercedes ha mollato tutto, ritrovando tutta l’autostima che nel frattempo sembrava aver perso. Un grandissimo esempio di ragazza.

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Membro originario del Glee Club è anche Kurt Hummel, il giovane adolescente che ha paura di ammettere chi è realmente. La sua omosessualità è lampante, o se non altro è sotto gli occhi degli spettatori già dalle prime puntate, ma la persona che meno riesce ad ammettere questo suo modo di essere è proprio lui. Lo confessa a Mercedes in una delle prime puntate, ma è nel rapporto con suo padre che Kurt fatica ad esporsi.

La paura di essere una delusione, di non essere accettato dalla sua stessa famiglia, lo tormentano in continuazione. Ci vorrà il tentativo di stare nella squadra di football e una finta relazione con una cheerleader per far rendere conto a Kurt che, in realtà, il suo amare i ragazzi non è un problema, né per suo padre né per nessun altro. Ed è bello vedere come, in una stagione, si passi dal vedere un ragazzo spaventato e bullizzato, a vedere un ragazzo che, nei momenti in cui risulta essere comunque vittima di bullismo, ammette che non cambierebbe mai sé stesso, perchè quella è la parte migliore di lui. Quando si dice la forza dell’autostima.

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Piccola nota di merito per due ingressi non proprio immediati nel Glee Club. Prima fra tutte, Quinn Fabray. Fidanzata di Finn Hudson e capitano delle cheerleader, è esattamente il tipo di ragazza che ha tutto. È popolare, fidanzata con il più carino della scuola, e inizialmente l’unico motivo per cui entra nel Glee Club è per spiarne i componenti per conto di Sue Sylvester.

La sua vita cambia radicalmente quando scopre di essere incinta, e non del suo fidanzato, dato che l’ha tradito con il suo migliore amico, Puck. Quinn si troverà a vivere una situazione difficilissima, tra l’essere rinnegata da suo padre, l’essere lasciata dal suo fidanzato e l’essere cacciata dalla squadra delle cheerleader. L’unica costante in tutto ciò, l’unico punto d’appoggio che si troverà ad avere, è proprio la cosa che pensava le avrebbe dato meno: il Glee Club. 

Qui siamo di fronte ad uno degli aspetti più importanti di Glee, già più volte citato: il valore dell’amicizia. Questa prima stagione mette le basi per tutto il resto, creando anche tra i personaggi dei rapporti estremamente solidi, che vanno al di là della semplici storie d’amore che siamo abituati a vedere, e che comunque vedremo anche qui.

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Ultima ma non meno importante degli altri, abbiamo Santana Lopez, (che noi amiamo, nel caso non si capisse). Compagna di squadra e amica di Quinn, la segue nel Glee Club con lo stesso obiettivo, se non che, nel corso del tempo, le sue prospettive cambiano, e anche radicalmente.

Santana agisce da stronza, ma non lo è davvero. La cosa si capirà solo in seguito, ma ciò che a noi interessa sono quei piccoli momenti, nella prima stagione, in cui vediamo una Santana comunque partecipe della vita del Glee Club. Magari non è sempre gentile, affabile ed educata, magari per rivendicare il suo territorio fa uscire il suo lato peggiore e si scaglia contro chiunque. Ma questo non vuol dire che non le piaccia stare nel Glee Club. Lo dice lei stessa, ed evidentemente, dato il suo atteggiamento con il resto del mondo, possiamo essere sicuri che è sincera in questi momenti, perchè parla davvero con il cuore.

La realtà di Glee si avvicina quindi alla nostra in maniera prepotente. Ci porta a capire come certi legami nati magari per caso siano indissolubili, e come alcune storie d’amore siano semplicemente guidate dal destino. Finn e Rachel ne sono la prova. Le basi della loro storia si pongono proprio in questa stagione, e tra alti e bassi arriveremo alla fine della stagione a vederli finalmente uniti. Certo, la loro storia però non si fermerà certo lì.

E non si fermeranno nemmeno le amicizie create nel Glee Club. Le gare di canto corale coreografato ci appassionano, e i personaggi sono così simili a noi che non possiamo non sentirci anche noi, in questo primo inizio, parte della storia. 

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