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Gomorra viene inghiottito da un caos intenso. E si prepara ad un finale indecifrabile

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E’ il caos. Gli episodi di ieri mi hanno violentato lo spirito e l’anima. E’ stato surreale, imprevedibile, violento…era Gomorra! Quella che conosciamo, amiamo e francamente ci mancava parecchio.
Gomorra si tinge di rosa, e ci dà la sensazione di guardare con occhi nuovi tutto.
La narrazione avviene attraverso schemi diversi, le inquadrature con la camera a mano ci trascinano nella scena che diventa così reale che sembra di viverla in prima persona, resinandone profumi e polvere da sparo.
Il profumo di Scianel ci accompagna, e scena dopo scena ci impregniamo di sete dorata, quella che sa di cose belle e pericolose.
Come il potere, che Annalì vuole a tutti i costi. Senza scrupoli e senza pietà; sembra L’immortale, ma meno furba. Una iena incattivita che si sfama dei cadaveri che trova nel suo cammino.
Mamma premurosa e matriarca di una famiglia luccicante che ostenta, spesso, una ricchezza che non ha.
Lo sfascio, i giri loschi, e la roba dell’alleanza hanno creato quello status di ape regina a cui tutto il rione porta il miele prelibato. Ma Scianel ha fatto i conti con le tasche degli altri, quelli sbagliati, quelli pericolosi, quelli che hanno più fame di lei.
Una nuora fedifraga ed il figlio appena scarcerato, sono la giusta combinazione per scatenare il caos e distruggere un equilibrio già precario nel privato di Scianel e nell’alleanza intera.

A vuò sape’ a verità nennè? ‘E femmene nun so fatt p’ fa ‘e muglier’. È un mestiere difficile assaje, ma c’ho fann’ mparà. E che ti credi, che nun m’ foss’ piaciut’ pur a mme, a me fa’ ‘na vita mia, a me fa’ i cazz’ mieje? Io so’ semp’ stat’ ‘na femmena libera ma a forza ‘e carocchie m’hann’ fatt’ cala’ e scell’: a finale so stata ‘na brava mugliera e ‘na buona mamma. Può impara’ pur’ tu. Marinè c’è sultant’ ‘na manera pe ‘na femmena si vo’ essere libera: nun adda tenere nisciun’ marit’.

Lelluzzo si salva per un pelo, ancora una volta. I uaglioncelli sbagliano obiettivo e Marinella, che aveva venduto il marito in cambio della libertà, scappa e si rifugia dalla parte opposta, quella censurata e nascosta con cura: la giustizia.
Elementi che si incatenano, si incastrano , come un puzzle che, una volta completato, mostra un disegno che porta la firma di Don Savastano.
Avevano bisogno di una spintarella, stanno facendo tutto da soli.
E così tra tradimenti amorosi e d’affari, le promesse passate e gli accordi sanciti da brindisi festosi, si vanificano in silenzi angoscianti che si interrompono con colpi di pistola e cadaveri sulla strada.
Tante, troppe morti che qualcuno prima o poi dovrà pagare.
E’ guerra, e si sa, per vincerla (ma anche solo per farla) bisogna avere un esercito unito. Nel tentativo di unire ed accontentare tutti, Ciro commette un passo falso e crea malcontento e screzi che in questo clima di tensione contribuirà allo sgretolamento dell’alleanza.
La piazza dei sette palazzi fa gola a tutti, li o’ Principe ha lasciato un regno proficuo e Scianel lo vuole per il figlio. Ma i ragazzi del vico non possono sopportare l’ennesimo sopruso dei vecchi e si ribellano sequestrando Lelluzzo che se non fosse stato per l’intervento delle guardie avrebbe perso la vita come un cane randagio, sbranato dai cani più forti.
Il figlio di Scianel, dopo suo fratello, stava per morire nelle mani di quei uaglioncelli che adesso dovranno pagare.

O’ Track sarà l’agnello immolato della vendetta di questa donna tutta ciniglia e vizi.

Ma è già troppo tardi per cantare vittoria e godere del sangue appena versato. Don Pietro ha trovato un’altra crepa in cui inserirsi, ed attraverso il più comune dei doppi – giochi compra i ragazzi del vico e vende Scianel alla polizia.
Intrighi e inganni che non ci danno tregua, in pochi minuti le fazioni si scompongono e si ricompongono in un gioco di ruoli invertiti e confusi.
Ma nella confusione la serpe si fa avanti, e di soppiatto scruta l’avversario cercando di individuarlo nel marasma di rabbia e morte che lo circonda.
Ciro lo sa. Sa bene che alimentando le tensioni farebbe il gioco di Don Pietro, e tenta disperatamente di raffreddare anime e rancori per concentrarsi sulla guerra contro Savastano.
Gli serve un alleato, uno con cui poter combattere davvero il potere macchinoso della vecchia guardia. Uno che ha la sua stessa fame rivoluzionaria, lo stesso fuoco che lo alimenta : Gennaro.
Lo trova, lo aggancia, lo supplica rivangando vecchie frasi. L’incontro in aeroporto sembra quasi una scena d’amore. L’amore che in fondo lega i due protagonisti si mischia all’odio, ma la linea invisibile tra odio e amore è la più forte seppur la più flebile.
Sangue e istinto.
L’Immortale vacilla, ma lui, come noi, è abituato ai colpi di scena e sa bene che presto o tardi troverà la chiave di volta per salvarsi la pelle, di nuovo.
La soluzione è Patrizia, la nipote di Malammore, corriere ed ambasciatore di Don Pietro. Lei li condurrà da lui, ed una volta ucciso il Savastano scomodo tutto tornerà al proprio posto.
Genny vuole incontrare suo padre, deve capire cosa sta succedendo e valutare bene come muoversi e dove schierarsi perchè la proposta di Ciro è succulenta, soprattutto per un figlio stanco di subire il peso di un padre troppo grande quanto, ormai, incapace di produrre prospettive future.
Patrizia organizza l’incontro ma si accorge subito che qualcosa non quadra.
Gli uomini di Ciro la stanno seguendo, e la dolce leonessa di Don Pietro si sacrifica per salvare il suo padrone. Avverte Gennaro, che corre subito a salvare il padre, e dopo un tentativo di fuga viene catturata da Ciro.
Patrizia è in gabbia, deve parlare e deve farlo subito perchè i cattivi hanno preso il fratello.
I due verranno liberati poco dopo da Malammore nello stupore generale che ancora aleggia in quelle stanze fredde di un vecchio allevamento ittico.
Ciro li ha risparmiati dal suo morso velenoso, in un rigurgito di coscienza che mette i brividi. I due sono vivi.

Di Marzio confessa di incontrare ogni notte i suoi morti, in un baratro di terrore e stanchezza che sembra quasi risucchiarlo. Anche Don Pietro è stanco, ma non vuole affidare più niente al caso o al caos. E’ tornato ed è intenzionato a riprendersi tutto quello che gli spetta, ma vuole farlo senza Gennaro.

Sarà proprio Gennarino a scombinare ancora una volta le carte nel tavolo di Don Pietro? Genny non può e non vuole farsi da parte, Secondigliano è roba sua anzi: è cosa sua e di Ciro.
Quell’amore viscerale sembra essere tornato, alimentato dalla rabbia verso suo padre che non lo vuole più.
Ora è tutto più chiaro, ci stiamo preparando al gran finale. Don Pietro è solo, ha la sua leonessa a fargli la guardia e a dargli manforte durante questa guerra che è appena iniziata.
Ciro, stanco ma mai sazio, è sulle sue tracce e presto lo troverà e quando questo accadrà Gennaro dovrà decidere da che parte schierarsi.
Sarà più forte l’amore per la rivoluzione ed il potere o il legame di sangue che nonostante tutto unisce padre e figlio? E non scordiamoci di Marinella… la sua collaborazione con la giustizia metterà fine a tutto?
Le tinte rosa di questi ultimi episodi ci fanno riflettere parecchio: Scianel, Marinella e Patrizia ci hanno mostrato una versione diversa del mondo sporco di Gomorra.
Le loro storie sono tratte da fatti realmente accaduti che grazie alla maestria di Sollima prendono forma sul piccolo schermo.
Episodi strani, nuovi per molti versi come le inquadrature e la presenza della polizia (finora mai vista nella seconda stagion) ma ci hanno lasciati con la stessa sensazione di sempre: Ansia e malessere, con cui questa stagione è stata condita sin dalla prima puntata.
Già pregustiamo l’astinenza dall’orrore, ma prepariamoci a godere degli ultimi due episodi.
Non ci resta che aspettare, poco, perchè Gomorra torna la settimana prossima con il suo finale di stagione che stando alle premesse fatte fino ad oggi sarà davvero epico.
Epico, come tutta questa stagione che abilmente è stata costruita in crescendo per mostrarci con più attenzione ruoli e trame che hanno sempre più il sapore amaro della realtà.

Stay Hos, Stay Senza Pensieri

 

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