Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla 3×04 di Gomorra
“In un mondo nel quale tutto cambia per occupare sempre gli stessi spazi vitali, la danza della morte chiuderà ogni cerchio”. L’avevamo detto qualche tempo fa a proposito di Jax Teller, protagonista di Sons of Anarchy. E lo ribadiamo oggi in riferimento a Gomorra, una serie tv con la quale ha più di un aspetto in comune. Non è nostro obiettivo associare il club di motociclisti alla camorra, seppure anche in questo caso non manchino i punti di contatto. Ma evidenziare la caducità di un mondo dominato dall’ordine effimero e il realistico caos, in cui tutti gli eredi di un modello da portare avanti nel tempo non sono altro che pedine inconsapevoli di un destino scritto in partenza, con pochi compromessi possibili. Lo dimostra la caduta di un Re (Pietro Savastano) che ha tenuto la corona in testa fin troppo a lungo, e la deriva inarrestabile di due principi schiacciati dal ruolo interpretato. Stiamo parlando, ovviamente, di Genny Savastano e Ciro Di Marzio, arrivati al terzo atto della tragedia.
Il primogenito di Don Pietro è in ginocchio. È stato spogliato di ogni veste fastosa e ridotto in cenere sulla strada che l’ha riportato a casa, nel ventre del mostro. Le Vele di Secondigliano svettano inesorabili sul piccolo Genny, zoppicante e sofferente dopo la terribile onta subita, capace di portagli via ogni cosa nel tempo di una notte. Le ultime sequenze del quarto episodio della terza stagione di Gomorra hanno sintetizzato idealmente la caduta di un principe divenuto re troppo in fretta e rigettato, prontamente, dopo solo un anno, da un mondo che riconosce l’autorità solo negli occhi di chi sa essere più forte di tutto e tutti. L’attacco brutale di Don Giuseppe è la rivolta dei padri che lasciano spazio ai figli solo in punto di morte. E il solco tracciato da un mostro a più teste che alimenta se stesso fagocitando ogni individuo.
Il potere è il frutto di uno status quo tenuto in piedi da un sistema nel quale ordine e caos parlano all’unisono, più che da rari protagonismi duraturi. Ora non sarà facile riprendersi tutto quello che è suo. Genny, isolato e privato degli ultimi riferimenti, è sfinito. L’uomo, morto in poche settimane dopo un viaggio in Honduras che aveva plasmato un nuovo Dna, si è abbandonato da tempo alla ferocia inarrestabile di chi, probabilmente, avrebbe voluto in origine un’altra vita. È il destino di un figlio che ha eliminato un padre, e di un padre che rischia di non vedere più suo figlio. Gomorra, giunta al terzo atto, ha messo in scena l’ennesimo punto di non ritorno. Evocato dallo spettro di Don Pietro, rappresentato brutalmente dall’angosciante omicidio al supermercato e dall’uccisione di Gegè, culminato nella morte degli amici di una vita. A Genny, ora, non resta altro che Ciro, a sua volta fatto a pezzi dal destino.
Non ha più una moglie, lasciata senza respiro in una spiaggia desolante. Non ha più una figlia, vittima innocente di un regolamento di conti che non conosce l’ombra di una regola. Non ha più il potere che l’ha accarezzato per un secondo per poi strangolarlo come l’ultimo dei secondi. Ciro, come Genny, è costretto a portare la croce dell’immortalità senza avere la possibilità di risorgere. Nudo, nel vuoto. La carezza alla giovane ragazza salvata, alla quale ha restituito una vita senza chiedere niente in cambio, non è altro che un barlume di luce nell’oblio. Ciro lo sa. Si legge nei suoi occhi, spenti, e nel suo look, non più illuminato dal narcisismo. Si rincorre tra i corsi e i ricorsi di un destino che l’ha portato in Bulgaria per rivivere una storia già vissuta. Fino a riportarlo a casa, nel ventre del mostro che spalanca e chiude continuamente le fauci. Dove ritroverà Genny, l’unico alleato possibile, in attesa di una nuova guerra da combattere, forse l’ultima. Insieme, sconfitti da una vita che aveva fatto calare il sipario fin dall’inizio. Alla ricerca di una vittoria. Comunque andrà, effimera.
Antonio Casu