Torna in nostro appuntamento con i personaggi di Gomorra: come abbiamo già detto, l’occhio di Hos si ferma a focalizzare uno per uno i personaggi della serie, perchè è vero che si è detto di tutto.. ma non tutto! Nelle settimane precedenti abbiamo associato ad ogni personaggio un sostantivo, e insieme a voi abbiamo provato ad analizzarlo attraverso l’uso del termine scelto. Abbiamo incontrato Don Pietro e lo abbiamo analizzato parlando di famiglia, così come con Donna Imma parlando di Amore e di Rivoluzione con Genny, per passare all’antagonista assoluto, Salvatore Conte descrivendolo con la parola Fede.
Insomma, il viaggio è stato lungo ed interessante ma non è ancora finito.
Manca quello che senza dubbio è il personaggio chiave del serial made in Italy più amato di tutti: Ciro.
Trovare un sostantivo per lui, non lo nego, è stato un lavoro complesso.
Ho rivisto più volte la prima stagione di Gomorra per cercare di cogliere a fondo tutte le sfumature dell’Immortale e , lo sapete bene, sono parecchie. Poi è iniziata la seconda stagione ed anche li questo straordinario protagonista ci ha regalato sfumature narrative così varie da riempire ulteriormente la nostra tavolozza dei colori.
Di fatto lui non solo è il personaggio più interessante, a mio avviso, ma si più considerare tranquillamente il perno dell’intera trama del telefilm.
Attorno a lui ruotano tutti ed è lui che spesso pilota la storia di ognuno dei personaggi.
Attraverso l’Immortale passano via via tutti i cambiamenti e le metamorfosi dei protagonisti che abbiamo incontrato durante queste settimane, di conseguenza con lui avremmo potuto parlare di famiglia, amore, rivoluzione e fede senza troppo sforzo perchè se è vero che tutti i personaggi attraverso, o a causa, di lui cambiano il proprio andamento è anche vero che lui come un vampiro assetato ne succhia l’essenza, assumendo così le caratteristiche e i punti di forza che li contraddistinguono.
E allora quale sostantivo scegliere per rappresentarlo al meglio? Cosa lo lega a tutto questo? Cosa muove Ciro Di Marzio nella narrazione di Gomorra?
La Fame.
Esatto, la fame è la chiave di tutto.
Fame di vita, di successo, di speranza, di rivalsa. Fame intensa come quella che a Napoli chiamano Cazzimm, cioè quella forza interiore che ti distingue dalla massa perchè ci nasci e non ti crei.
La Fame, signori, che fa di quest’uomo pilastro dell’intera storia, senza la quale Gomorra non sarebbe stata Gomorra. In Ciro sono catalizzate tutte le caratteristiche del criminale incallito : la tenacia, la forza, l’incuria e il desiderio.
Quella fama nera che ti acceca, ti fa perdere la testa. Si oscura tutto e pensi solo a saziarti. E si va dritto verso ciò che appaga il tuo vuoto. Tradire il proprio clan, perfino uccidere la propria moglie e mettere a rischio la vita della piccola figlia, nella testa di Ciro va bene tutto per raggiungere, anche solo per qualche secondo, quel profondo senso di estasi.
La perdita della propria umanità era preannunciata dal suo nome: Immortale, colui che non muore, che poco ha a che fare col mondo terreno. Serpe viscida e calcolatrice, freddo e strategico ha portato avanti tutta la seconda stagione accompagnandoci in un viaggio che puntata dopo puntata si è trasformato in un vortice di sensazioni sempre più claustrofobiche, trovando, finalmente, respiro sul finale.
La bravura di Marco D’Amore, e di tutta la scrittura, ci hanno regalato 50 minuti brividi e lacrime. Di Marzio, si è mostrato con vesti nuove: umane.
L’uomo, sazio, ha dovuto pagare il suo conto. Il volto pallido, il desiderio di morire e le lacrime che segnano il volto della stanchezza e quel colpo di pistola che segna la fine di tutto.
Che poi tutto è niente, perchè nel niente si trova la chiave di ogni cosa.
Sublimare la morte è un atto di estrema poesia, e raccontare Gomorra in termini poetici ha senso solo se si vuole fornire un punto di vista diverso dell’orrore.
Riempire un vuoto, colmare il niente interiore, per poi ritrovarsi svuotati della stessa vita. Ciro apre e chiude il cerchio e lo fa in modo violento, che distrugge lo spettatore portandolo a provare lo stesso dolore.
Uno, nessuno e centomila, scriveva Pirandello, un naso storto cambia ogni prospettiva nello stesso modo in cui la presa di coscienza della propria inferiorità fa scattare nel nostro Immortale la sua orribile fame. Ne vincitori, ne vinti, solo il nulla più sublime che si mischia alla terribile sensazione di perdita della propria identità. Angoscia pura, che in qualche modo ci riconduce al punto di partenza in un loop continuo di odio e rancore. Qui finisce la seconda stagione e da qui inizierà la terza così come iniziò la prima, con una fiammella che scatenò l’incendio e che ancora brucia questo serial incredibile.
Non vediamo l’ora di seguire l’evoluzione di Ciro e di tutti gli altri protagonisti in Gomorra 3 siamo certi che sarà rispettata la qualità delle stagioni passate. Unica nota dolente: ci sarà ancora molto da attendere ma nel frattempo lo sappiamo ormai, no? Stay Hos, Stay senz pensieri.