Le sigle delle serie tv hanno da sempre un ruolo fondamentale nel confezionamento del prodotto, al di fuori del testo narrativo. In era moderna, tuttavia, le sigle hanno acquisito una maggiore importanza anche in termini di comprensione del testo, completandone la visione. Questo modus operandi è stato reso popolare da HBO all’inizio del ventunesimo secolo, finendo per diventare una regola non scritta in ambito quality tv. In Italia, la prima rete a investire tempo (e denaro) sulla realizzazione di questo tipo di sigle è stata Sky. Prima con Romanzo Criminale, e poi nuovamente con Gomorra.
Oggi vi parleremo proprio di Gomorra, per cui però bisogna aprire una parentesi. In termini semplicistici, la serie non ha una sigla che introduce la puntata, bensì una che la chiude. L’opening di Gomorra è un breve spezzone che riguarda solo il titolo, in pieno stile Lost, che comunque è un lodevole punto di riferimento. La sigla di cui parliamo, invece, la si sente alla fine di ogni episodio, tra le anticipazioni e i titoli di coda. Stiamo parlando di Nuje Vulimme ‘Na Speranza, un vero e proprio inno generazionale.
Gomorra non utilizza una sigla vera e propria in testa, verosimilmente per non spezzare il ritmo della narrazione. Ciononostante, all’interno della colonna sonora spicca un brano che riprende i temi e il mood della serie.
Che piaccia o meno, al di là di ogni sterile critica sulle presunte ripercussioni che la serie ha generato in termini di influenze, Gomorra non ha mai nascosto di voler raccontare la realtà della strada. Ci si scorda spesso di guardare l’altro lato della medaglia, perché una presa di posizione del genere è scomoda e implica molte complessità. Il brano Nuje Vulimme ‘Na Speranza di Ntò, leggendario rapper napoletano ed ex membro dei CoSang, è stato l’inno di questa volontà di fondo. Il posizionamento del brano non interferisce con la narrazione, ritagliandosi uno spazio ancora più significativo: dopo la scena finale, ad anticipare ciò che verrà. Non è un dettaglio banale. Infatti, in questo modo va ad accompagnare uno spazio molto utile allo spettatore, e in più si sottrae al difficile ruolo di introdurre la narrazione. L’intento di Nuje Vulimme ‘Na Speranza va ben oltre le esigenze della trama.
La scelta di puntare su un brano e delle sonorità del genere proviene da una necessità ben precisa.
La collaborazione tra Roberto Saviano e Ntò nasce dalla volontà del primo di restituire alla versione seriale di Gomorra un’identità più moderna e veritiera. In quegli anni a Napoli era in atto una rivoluzione musicale partita proprio da realtà come quella dei CoSang. Era giusto, dunque, proporre un nuovo tipo di musicalità, per far sì che Gomorra stesso si evolvesse e abbracciasse la realtà contemporanea.
Ntò, dal canto suo, negli anni in cui il rap italiano cominciava ad avere sempre più considerazione mediatica, era l’uomo giusto su cui puntare. In quel periodo era uno dei rapper italiani più internazionali, e la lingua napoletana, si sa, si presta benissimo alle sonorità di questo genere. Molto di più di quanto non possa fare l’italiano. Alla fine i numeri hanno dato ragione a Saviano e Ntò, dato che Nuje Vulimme ‘Na Speranza fu per molto tempo il brano rap nostrano più ascoltato al mondo.
Nuje Vulimme ‘Na Speranza parla di una condizione di disagio e della volontà di emergere dalla stessa. È una dichiarazione di intenti per Gomorra, oltre che un legittimo grido di speranza.
“Nuje vulimme na speranz’ ‘e campa’ senza chesta ansia” – l’ansia si rivolge proprio a quelle nuove generazioni che si rispecchiano nel rap. Le stesse generazioni che spesso vengono accusate di prendere ispirazione da certe tematiche affrontate in questo genere musicale, che però, in casi come questo, è l’unico modo per raccontare la triste realtà di quei contesti. Nonché l’unico veicolo per farsi ascoltare. Nel brano, Ntò si fa porta bandiera di un intero popolo che va ben oltre i confini dei rioni napoletani raccontati nella serie. Sì, perché questo tipo di realtà riguarda l’Italia in quanto Paese, e Gomorra in questo senso è stato un punto di riferimento in cui riconoscersi. Il discorso dell’emulazione esula dal tipo di tematiche trattate, perché è un discorso talmente soggettivo da far risultare quasi banale il dover sottolineare questo aspetto.
Il senso della sigla di Gomorra, infatti, va in forte contrasto proprio con l’esibizione della violenza di cui la serie si nutre per sensibilizzare chi non ha familiarità con certi temi. È l’impatto che ha su chi invece è costretto (più che abituato) a quel tipo di quotidianità che conta ancor più.
Ora il rap è in cima alle classifiche. Fa parte della cultura pop dell’Italia di oggi e non solo, ma nel 2014 questo discorso era molto più difficile da comprendere.
Realtà come quelle raccontate in Gomorra, per certi versi, erano molto più avanti per quanto riguarda la musica. La serie Sky è stata tra le prime, se non la prima in assoluto in Italia, ad abbracciare questo tipo di sonorità e questo genere musicale, costruendo il proprio immaginario proprio partendo dalla musica e riservando a quest’ultima un ruolo da protagonista. Serialità e musica vanno a braccetto con l’obiettivo di raccontare e trasmettere tutta la rabbia e le preoccupazioni nei confronti di un futuro che sembra non arrivare mai: perché in Gomorra il presente è infinito, e i personaggi, come le persone reali, sembrano destinati a vivere un loop eterno. Restando confinati in un inferno terrestre.
Gomorra non ha una sigla vera e propria, ma non ha voluto rinunciare a legarsi a un brano che riassumesse i suoi intenti narrativi. Una dichiarazione di intenti: è questo il ruolo primario di Nuje Vulimme ‘Na Speranza, la canzone con cui Gomorra decide di non nascondersi fin dal primo momento, fin dal primo ascolto.