Come direbbe Stanis La Rochelle di Boris, Salvatore Esposito è un “attore molto poco italiano“, potremmo dire un attore molto anglosassone: fa poche cose, spesso diverse, ma sempre di qualità. Il suo esordio in televisione risale al 2013 e da quel momento si è imposto con determinazione sia nel panorama italiano che in quello estero. Osannato dalla critica americana e francese, e un po’ meno da quella italiana, sin da bambino Salvatore Esposito era incuriosito dalla recitazione, mosso dalla passione di raccontare storie e di interpretare personaggi, e ha coltivato la sua ambizione con cura, cogliendo le giuste opportunità. Nato a Napoli nel 1986, è cresciuto a Mugnano e dopo gli studi superiori ha partecipato a due cortometraggi: Il consenso e Il principio del terzo escluso. Dopo queste due piccole esperienze, a 24 anni si è iscritto all’Accademia di Teatro Beatrice Bracco e poi alla Scuola di Cinema di Napoli, consapevole del fatto che per diventare attori serve preparazione e studio. Guardando a ritroso il suo percorso artistico, e leggendo la sua biografia, si ha l’impressione che l’attore partenopeo abbia costruito la sua carriera con molta consapevolezza, dimostrando la stessa premeditazione che caratterizza il Gennaro Savastano più maturo: ha definito la meta, ha calcolato il percorso, si è preparato e poi si è lanciato verso la scalata al successo. Ripercorriamo insieme i suoi passi e vediamo cosa lo ha reso un attore stimato e affermato, soprattutto fuori dai confini nazionali.
Non volevo diventare un boss
Se a 35 anni è considerato uno dei volti più riconoscibili della tv italiana, il merito va sicuramente al personaggio di Gennaro “Genny” Savastano che l’attore ha interpretato in Gomorra – La Serie a partire dal 2014. Questo Esposito lo sa bene, infatti nel 2016 ha deciso di raccontarsi nel libro intitolato appunto Non volevo diventare un boss: come ho realizzato i miei sogni grazie a Gomorra, pubblicato da Rizzoli. Con questa autobiografia non rinnega il ruolo che lo ha reso famoso, ma vuole solo raccontare una storia, la sua, che potrebbe ispirare i più giovani. Genny non è solo il frutto della ricerca o quello di un’interpretazione accurata e talentuosa, ma è anche il frutto dell’esperienza. Esposito è cresciuto nella Napoli popolare in una famiglia amorevole e normalissima, ma come accade spesso ai suoi compaesani, anche lui ha dovuto compiere una scelta determinante fra due strade opposte: quella dei soldi facili, ovvero della criminalità, oppure quella più difficile, cioè quella dello studio e del lavoro legale. Nel libro, Esposito ci racconta del suo primo normalissimo lavoro al McDonald’s e di come perseguire il sogno di recitare sembrava impossibile. La sua brillante carriera è però la prova esemplare che con la determinazione e con l’impegno – ma anche il talento e un pizzico di fortuna non guastano – è possibile percorrere la strada della legalità. Ecco quindi che il titolo “Non volevo diventare un boss”, inserito in un contesto come quello dei baby boss e delle circostanze che spesso spingono verso scelte illegali, acquisisce un significato per niente retorico e molto profondo, veicolando un messaggio positivo e non sempre scontato per i ragazzi campani: non percorrete quelle che sembrano essere delle facili scorciatoie, ma inseguite le vostre passioni anche se la strada sarà più dura.
Come sappiamo, la serie Gomorra, gli ideatori e i professionisti che ne hanno preso parte sono stati accusati di veicolare un’immagine fuorviante della realtà partenopea. Nonostante Salvatore Esposito non perda mai occasione di ribadire, dimostrando con i fatti, che Napoli, la città che ama, non è solo Camorra, le polemiche sono sempre all’agguato. Quella più recente è legata allo spot pubblicitario in cui, durante la notte di Capodanno, l’attore guida per i vicoli di Napoli tra spazzatura e materassi gettati a terra, fino a quando raggiunge la terrazza di Sant’Antonio a Posillipo per godersi il panorama illuminato dai fuochi d’artificio. Lo spot ha acceso un dibattito aspro e l’attore è stato accusato di alimentare i soliti stereotipi esagerati sulla città campana. Esposito ha messo a tacere le accuse condividendo un post con le foto scattate una mattina di Capodanno che mostravano appunto rifiuti, auto incendiate e strade sporchissime e ha accusato i suoi stessi detrattori definendoli come frustrati e rancorosi.
Salvatore Esposito si sente più apprezzato all’estero
Nel 2020 l’attore campano ha ottenuto la parte del sardo Gaetano Fadda nella quarta stagione della serie Fargo, ideata da Noah Hawley e ispirata all’omonimo film dei fratelli Coen, i quali sono anche i produttori esecutivi dello show. Come ha dichiarato a Il Messaggero:
Quando ero a Los Angeles hanno voluto conoscermi maestri come Spielberg, Ron Howard, Ridley Scott, Todd Phillips, Lana Wachowski, tutti fan di Gomorra. Qui da noi c’è invece poca curiosità per chi ha un grande successo, ed è uno dei motivi per cui il nostro cinema stenta a imporsi fuori dai confini.
Gomorra è stato un successo meritato, e forse inaspettato, all’estero. Sia il pubblico che gli addetti ai lavori stranieri hanno apprezzato la serie ispirata all’omonimo best seller di Roberto Saviano per la qualità elevata, il realismo del racconto e della messa in scena, un segnale che dimostra quanto anche nella serialità, come italiani, possiamo farci valere. Per Salvatore Esposito la speranza di avere successo oltre i confini, infatti, non è legata ai soli sogni di gloria, ma a un discorso di possibilità e merito. A suo avviso gli Stati Uniti offrirebbero una disponibilità di mezzi che non è paragonabile a quella di nessun’altra industria cinematografica, soprattutto nostrana. In diverse interviste si è rammaricato di come nel nostro Paese non ci siano dei premi importanti e dei festival interamente dedicati alle serie tv, dimostrando quanto la serialità italiana sia bistrattata a partire dagli stessi addetti ai lavori. In più interviste ha dichiarato di sentirsi deluso da molti registi italiani che non trovano nemmeno il tempo di incontralo mentre addirittura Steven Spielberg lo ha ricevuto nel suo ufficio all’interno degli Universal Studios per congratularsi del suo talento; un incontro in cui il regista lo ha incoraggiato confidandogli che vede il suo futuro pieno di interessanti possibilità. E se lo dice Spielberg!
Quindi, criminale in Gomorra, criminale in Fargo?
Il motivo per cui è stato ingaggiato per Fargo ha sicuramente a che fare con il personaggio di Gennarino e, come è successo per Gomorra, anche per interpretare Fadda, da copione, ha dovuto prendere molti chili per evidenziare anche a livello fisico la diversità tra i due fratelli, come ha dichiarato lo stesso Esposito. Quindi, ancora una volta, si è ritrovato a vestire i panni del criminale italiano; del resto anche il suo esordio era avvenuto nella fiction Il clan dei camorristi nel 2013. Eppure Salvatore Esposito sta cercando in ogni modo di scrollarsi di dosso la nomea di cattivo ragazzo e, soprattutto al cinema, sta scegliendo dei ruoli sempre diversi. Come accade soprattutto agli attori italiani, purtroppo, una volta che si viene identificati con un certo ruolo, diventa difficile ottenere delle parti che possano metterli in gioco con sfide diverse. Il giovane attore, invece, sta dimostrando che in Italia è possibile costruirsi una carriera variegata ed eclettica. Così, dopo un piccolo cameo in Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, nel 2016 ha interpretato il rapper Sante in Zeta – Una storia hip-hop dedicato alla memoria del rapper Primo Brown: il primo film italiano ambientato all’interno della scena rap italiana. In AFMV – Addio f*****i musi verdi, il primo film realizzato dal gruppo comico napoletano The Jackal, appare in un altro piccolo cameo comico dove si prende gioco del suo ruolo in Gomorra al fianco di “suo padre” Fortunato Cerlino. In Puoi baciare lo sposo di Alessandro Genovesi si è messo alla prova interpretando un giovane omosessuale alle prese con le difficoltà del coming out. Nel 2018 viene chiamato in Francia per Taxi 5, prodotto da Luc Besson, in cui interpreta Tony Dog; in seguito lo abbiamo visto in L’eroe, ne L’Immortale e ultimamente ci ha stregato con la sua interpretazione drammatica in Spaccapietre, un film di Gianluca e Massimiliano De Serio. Si tratta di un film duro, di denuncia, ambientato nelle campagne pugliesi dove Esposito interpreta Giuseppe, il quale rimasto disoccupato dopo un incidente nelle cave dove ha perso un occhio, e dopo la morte della moglie, va a vivere con suo figlio in una tendopoli insieme ad altri braccianti.
Salvatore Esposito dice addio a Genny.
L’attore dimostra che per compiere la scalata al successo serve talento, certo, ma anche tanta determinazione, preparazione e avere degli obiettivi chiari. Inoltre a volte potrebbe essere necessario liberarsi di qualche zavorra per rendere l’ascesa più leggera. Così, a malincuore, dopo 5 capitoli (il 5° è in arrivo nel 2022!), lo scorso maggio l’attore ha detto addio al personaggio di Gennaro, al quale probabilmente deve tutto e che segna in modo incontrovertibile l’inizio della sua brillante carriera e del suo successo, senza alcun dubbio, meritatissimo. E pensare che il ruolo in Gomorra lo ha ottenuto quasi per caso. Infatti si trovava ai casting della serie come addetto per dare le battute ai 1500 ragazzi accorsi per il provino, invece Stefano Sollima, forse incuriosito dalla sua presenza, dopo aver visto tutti gli attori, gli ha chiesto se avrebbe avuto voglia di fare un tentativo, e oggi sappiamo come è andata a finire. Oltre alla recitazione, Esposito ha pubblicato nel 2021 il suo primo romanzo – nato inizialmente come una sceneggiatura – intitolato Lo sciamano, edito da Sperling & Kupfer, una storia incentrata sulla figura di un profiler esperto di delitti rituali, dalle metodologie poco ortodosse.
Il 14 luglio sul suo profilo Instagram l’attore ha pubblicato un teaser in cui mostra un nuovo look per un progetto inedito in lavorazione: Rosanero. Quindi, mentre aspettiamo di vedere che altre sorprese ha in serbo per noi spettatori, non possiamo che augurargli una scalata al successo sempre più epica.