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La serie Hulu Good American Family, uscita il 9 aprile su Disney+ (la trovi qui), ha riportato alla ribalta una delle storie più controverse degli ultimi anni: quella di Natalia Grace, una ragazza ucraina affetta da nanismo le cui vicende familiari hanno scatenato un vero e proprio caso mediatico. A metà tra thriller psicologico e dramma familiare, la serie si ispira a fatti reali che hanno coinvolto il sistema di adozione americano, le difficoltà delle famiglie adottive e le ombre che si nascondono dietro le apparenze. Il pubblico ha seguito con incredulità e morbosità le accuse lanciate da Kristine e Michael Barnett, una coppia dell’Indiana che nel 2010 adottò Natalia per poi affermare che non fosse una bambina, ma un’adulta che si spacciava per minore.
Le implicazioni legali e morali del caso sono state enormi: i Barnett hanno cambiato legalmente l’età della ragazza, l’hanno abbandonata in un appartamento e si sono trasferiti all’estero. La storia, già di per sé drammatica, ha sollevato una miriade di domande sull’identità, la salute mentale e la giustizia. Good American Family rielabora questi eventi offrendo una narrazione coinvolgente, ma non priva di elementi di riflessione. La figura di Natalia resta al centro di un dilemma etico: vittima o manipolatrice? La serie non fornisce risposte nette, ma mette in discussione ciò che riteniamo “una buona famiglia americana”. A interpretare la madre adottiva è Ellen Pompeo, al suo primo ruolo importante dopo Grey’s Anatomy, contribuendo con la sua presenza a dare risonanza a una storia che ha dell’incredibile.
L’adozione e i primi tempi nella famiglia Barnett

Natalia Grace nasce in Ucraina affetta da una rara forma di nanismo, che limita la sua crescita fisica ma non intacca le sue capacità cognitive. Dopo essere stata data in adozione, nel 2008 una coppia del New Hampshire la accoglie con l’intento di offrirle un futuro migliore. Tuttavia, la prima esperienza adottiva si rivela complicata: i genitori adottivi, incapaci di gestire alcune problematiche comportamentali, decidono di rinunciare alla custodia. Così, nel 2010 entra in scena la famiglia Barnett, composta da Kristine, Michael e i loro tre figli biologici. Educatori appassionati, sembrano i genitori ideali per Natalia: la trattano con affetto, la iscrivono a scuola, la integrano nelle attività familiari (qui trovi le 7 Serie Tv true crime più disturbanti degli ultimi 5 anni).
Ma già dopo pochi mesi cominciano a emergere le prime tensioni. Kristine inizia a notare comportamenti che considera “preoccupanti”: Natalia, a suo dire, avrebbe mostrato una conoscenza troppo avanzata per la sua presunta età, oltre ad avere tratti fisici che non combaciano con quelli di una bambina. I Barnett sostengono che Natalia abbia tentato di fare loro del male e inizia così la loro ricerca della verità sull’identità della figlia adottiva. Senza prove scientificamente conclusive, ma forti del parere di alcuni medici e psicologi, i Barnett decidono di intentare una battaglia legale per modificare l’età anagrafica di Natalia da 8 a 22 anni. Una decisione estrema, che segnerà per sempre le loro vite e che darà il via a uno dei casi giudiziari e mediatici più controversi degli ultimi decenni.
Il crimine che ha ispirato Good American Family

Il fulcro narrativo di Good American Family si basa sull’evento più scioccante della vicenda reale: l’abbandono di Natalia Grace da parte dei suoi genitori adottivi, Kristine e Michael Barnett. Dopo aver ottenuto la modifica legale dell’età della ragazza, i due la sistemano in un appartamento a Lafayette, in Indiana, e si trasferiscono con i figli in Canada. Secondo il loro racconto, Natalia era in realtà una donna adulta, potenzialmente pericolosa, e non una bambina bisognosa di cure. I Barnett dichiararono che Natalia mentiva sulla sua età e che aveva manifestato comportamenti violenti, come minacce con coltelli e tentativi di autolesionismo. Tuttavia, queste affermazioni non trovarono mai piena conferma.
Quando la storia emerse pubblicamente, le autorità accusarono i Barnett di abbandono e negligenza. Il processo legale che ne seguì fu confuso: da un lato, i Barnett si presentarono come vittime di una truffa; dall’altro, Natalia appariva come una ragazza vulnerabile lasciata sola in un appartamento, senza mezzi né sostegno. La verità, ancora oggi, rimane sfumata. La serie riprende molti di questi elementi, alimentando il senso di ambiguità e inquietudine, ma sicuramente, almeno fino alla quinta puntata schierandosi dalla parte della famiglia. È proprio questa ambiguità, tra realtà e finzione, che ha reso il caso di Natalia Grace così affascinante per il pubblico e così potente come base per una narrazione televisiva.
Che fine ha fatto oggi Natalia Grace

Oggi Natalia Grace vive una vita lontana dai riflettori, almeno quanto possibile dopo l’ondata mediatica che l’ha travolta. Dopo l’abbandono da parte dei Barnett, è stata affidata a diverse famiglie nel tentativo di offrirle stabilità. Tra queste, anche quella di Cynthia e Antwon Mans, con cui ha vissuto per qualche anno. Tuttavia, anche questa convivenza ha avuto esiti negativi: secondo alcune fonti, Natalia ha lasciato volontariamente la loro abitazione. Attualmente, la ragazza si trova a New York con la famiglia DePaul, composta da persone affette da nanismo che l’hanno accolta come una di loro. Qui Natalia sta cercando di costruirsi una nuova vita: studia per conseguire il GED, l’equivalente del diploma di scuola superiore, e ha espresso il desiderio di diventare un’insegnante (ecco 20 casi di cronaca trattati da Elisa True Crime di cui potete trovare anche una Serie Tv).
È anche impegnata a imparare a guidare, un altro passo verso l’indipendenza. Sul piano personale, Natalia si definisce appassionata di musica, in particolare di cantanti come Taylor Swift e Miley Cyrus, e cerca di godersi una quotidianità “normale”, fatta di piccoli gesti e relazioni autentiche. Nonostante tutto, la sua vita è ancora segnata dal trauma di un’infanzia incerta, tra adozioni fallite, dubbi sull’identità e processi legali. Tuttavia, in diverse interviste recenti, Natalia ha dichiarato di sentirsi “fortunata a essere viva” e di voler voltare pagina.
Good American Family e il ritorno di Ellen Pompeo

Good American Family rappresenta uno dei progetti televisivi più attesi del 2025, in particolare per il ritorno sullo schermo di Ellen Pompeo dopo il suo storico ruolo in Grey’s Anatomy. L’attrice veste i panni di Kristine Barnett, la madre adottiva di Natalia Grace, e offre una performance intensa, ricca di sfumature e contraddizioni. Al suo fianco, Mark Duplass interpreta Michael Barnett, mentre la giovane attrice Imogen Faith Reid dà volto e voce alla complessa figura di Natalia. La serie è strutturata in sei episodi e utilizza un approccio ibrido tra dramma e docufiction. Questa scelta stilistica ha permesso di mantenere alta la tensione emotiva, senza rinunciare a una certa fedeltà ai fatti. La regia si sofferma spesso sui silenzi, sulle espressioni, sui dettagli che raccontano il non detto, contribuendo a creare un senso costante di ambiguità.
Ellen Pompeo, in particolare, riesce a incarnare una madre tormentata, divisa tra istinto protettivo e paranoia, in una performance che segna una svolta nella sua carriera, e la rivincita su chi la vedeva solo come attrice da serie tv. La serie ha ricevuto recensioni positive dalla critica, che ha lodato l’interpretazione degli attori, la scrittura e il modo in cui viene affrontata la tematica dell’identità e della verità soggettiva. Ma Good American Family è anche una riflessione più ampia su cosa significhi essere una “brava famiglia americana”, mettendo a nudo le crepe del sogno domestico americano. Un ritorno potente, per Ellen Pompeo e per il genere del true crime (vi rimandiamo a 5 bellissime docuserie che ti lasciano col dubbio lancinante fino alla fine).