Sarebbe difficile, forse addirittura impossibile, credere di poter cambiare una donna. Se si tratta della protagonista di un Drama la situazione diviene ancora più complessa. Riflettendo sulla personalità più scelta per creare un personaggio leader, e quindi di una significativa importanza, i tratti maggiormente utilizzati sono sempre quelli. Eccezion fatta per piccole sfumature di carattere che contraddistinguono non solo il personaggio nei dettagli, ma anche nella sua potenziale evoluzione. Come è invece ben chiaro in Grey’s Anatomy. Le donne dei Drama sono ormai delineate sulla falsa riga di protagoniste determinate e forti, ma nello stesso tempo sole.
È forse un requisito necessario per rendere una serie intrigante e di successo? Probabilmente dipende dalla serie che si prende in considerazione. Non ci sarebbe stato così tanto clamore intorno a Grey’s Anatomy se solo Christina non fosse stata la persona di Meredith, ma adesso sappiamo quanta fatica faccia questa serie a rimanere in piedi con quello che è rimasto.
Di conseguenza non possiamo dire che la solitudine delle protagoniste renda una serie eccellente, ma allo stesso modo non possiamo neanche essere certi che l’amicizia permetta a un Drama di sopravvivere in eterno. Cosa che la quattordicesima stagione di Grey’s Anatomy ci ha ampiamente fatto capire.
È pur vero che alcune serie drammatiche sono evidentemente tenute in piedi dal sentimento di solitudine della protagonista. Una serie su tutte è Homeland, ha come persona centrale e assoluta una Carrie Mathison sempre sopra le righe, che se avesse avuto anche solo poco più di un accenno di amicizia non sarebbe stata quella che è oggi. Nonostante sia triste dirlo, è destinata a sentirsi ed essere sola perché semplicemente la sua vita non le appartiene mai del tutto. Se si guarda invece a prodotti recenti, merita una menzione la nuovissima Killing Eve con la già nota Sandra Oh. Le due protagoniste decisamente non possono essere definite amiche e il loro rapporto dinamico e conflittuale è ciò a cui si aggrappa la trama.
Chi di solitudine si nutre è sicuramente Wendy Byrde di Ozark. Nonostante si muova parallelamente agli affari del marito, emerge solo nell’ambito familiare sottolineando come la sua personalità sia effettivamente caratterizzata dall’isolamento. Da tutti e soprattutto dalle altre donne, che nella sua vita rappresentano comunque delle rivali e mai delle potenziali amiche.
Non esiste neanche più il concetto di amicizia, sarebbe un passo indietro per queste donne, forse anche un passo falso che non permetterebbe l’emergere della loro forza. Esattamente ciò che succederebbe a Elizabeth di The Americans se avesse contatti di amicizia con altri. Comprometterebbe la missione, ma soprattutto la sua carriera.
È evidente che la tendenza sarebbe quella di creare legami e stringere amicizie e sì, molto probabilmente, tanti dei problemi che le protagoniste hanno sarebbero stati risolti diversamente.
L’empatia che si crea in un’amicizia trasmetterebbe un umore totalmente differente ai personaggi, ma evidentemente ciò che rende una serie bella da guardare e da vivere è la qualità della solitudine. Quella di Claire Underwood è decisamente diversa da quella vissuta da Cersei Lannister. Il potere è l’aspetto che le unisce, a dividerle è invece il modo in cui questo viene gestito. La stessa attrice che interpreta Claire in House of Cards rispecchia gli stessi sentimenti nel suo ruolo di Presidente in Homeland. Il tentativo di avvicinarla a Carrie è fuorviante e molto spesso confusivo.
Queste, come tantissime altre protagoniste di ieri e di oggi, trasmettono una prospettiva buia e anche abbastanza irrealistica di come un essere umano gestisce la sua carriera e la sua vita privata in generale. Ma le serie tv non devono necessariamente descrivere la realtà in maniera totalmente affidabile. Quello che le rende intriganti e capaci di creare una via d’uscita è proprio ciò che le contraddistingue dal mondo che si vive ogni giorno.