Attenzione: l’articolo può contenere spoiler di Grey’s Anatomy, The Handmaid’s Tale, Tredici, Pretty Little Liars, The Walking Dead, Arrow, The Vampire Diaries, Once Upon a Time, Heroes, Supernatural
Cosa significa girare a vuoto quando si tratta di serie tv? Non c’è una spiegazione univoca, perché ci sono tanti fattori per i quali una serie gira a vuoto. Può entrare in gioco la lentezza della trama, che rende la visione estenuante e faticosa – anche se ci sono serie tv che della lentezza fanno la propria carta vincente, un esempio è Ozark, che di certo non corre, ma mostra una qualità che poche serie tv possono vantare al giorno d’oggi. Può trattarsi di scambi di battute o dialoghi inconcludenti, che non portano da nessuna parte. Ma può anche riferirsi a un eccessivo utilizzo di episodi filler, che dilatano la narrazione ma spesso non dicono molto, così come una reiterazione di schemi e situazioni che colpiscono in negativo l’originalità e l’imprevedibilità della serie (Grey’s Anatomy, stiamo parlando di te) o addirittura può riguardare l’inserimento di personaggi stessi che sembrano dei filler con le gambe, ossia figure collocate all’interno della trama per allungare il brodo.
Abbiamo deciso di dare uno sguardo a tutte queste casistiche per stilare una lista di 10 serie tv che hanno girato a vuoto per troppo tempo, senza necessariamente voler criticare la serie nella sua totalità – infatti nell’elenco troverete anche prodotti di alto livello oppure show molto amati (e di nuovo torna Grey’s Anatomy), indipendentemente da questo fattore.
Grey’s Anatomy
Grey’s Anatomy incarna alla perfezione quella situazione di serie tv amatissima e seguitissima che però ha fatto del suo girare a vuoto il proprio tallone d’Achille. Difficile, probabilmente, non incorrere in questo rischio quando sono in gioco così tante stagioni (al momento 17): il calo sembra fisiologico. Nelle prime stagioni, non ci sono stati problemi in questo senso, perché le situazioni narrate erano fresche e originali, i personaggi delineati a tutto tondo sapevano reggere lo show sulle proprie spalle e la showrunner Shonda Rhimes ha egregiamente dosato gli elementi del medical drama con quelli di altri generi, come la commedia e il dramma. Ma cosa è successo in Grey’s Anatomy andando avanti?
Innanzitutto, le dinamiche tra i personaggi e gli accadimenti in Grey’s Anatomy sono diventati l’ombra di sé stessi: ripetizioni a go go dello stesso schema hanno fatto diventare lo show molto prevedibile. Nel contempo, le situazioni sono via via diventate sempre più assurde e grottesche, perdendo di credibilità o verosimiglianza, e dando l’impressione di non voler (o poter) più portare a nulla di significativo. Un incessante allungare il brodo.
Vediamo gli altri casi dopo Grey’s Anatomy
The Handmaid’s Tale
Con The Handmaid’s Tale siamo in un territorio completamente diverso da Grey’s Anatomy, e il girare a vuoto acquisisce un’altra sfumatura. Ci troviamo al cospetto di una serie di altissima qualità che ha saputo portare sullo schermo problematiche importanti e scomode, senza edulcorare crudeltà e violenza. Dopo la sua prima stagione, basata sull’omonimo romanzo di Margaret Atwood, la serie è stata rinnovata anche se non con qualche perplessità: il libro di Atwood si era concluso con un finale aperto per una ragione e parte del pubblico temeva che un proseguo potesse snaturare l’opera.
In buona parte, i timori non si sono verificati perché The Handmaid’s Tale è sempre una serie di grande qualità. Però si ha spesso l’impressione che la trama proceda a un passo lentissimo, talmente lento da risultare estenuante e che, andando avanti con le stagioni, alcune situazioni si ripetano un po’ troppo spesso, formando quasi un circolo vizioso di ricorsività con fughe da parte di June, nuove catture, monologhi motivazionali e di nuovo tutto daccapo. La svolta della quarta stagione, tuttavia, sembra aver interrotto il loop.
Tredici
Nel caso di Tredici, invece, il girare a vuoto ha davvero intaccato la qualità della serie e le ha fatto perdere significato. La prima stagione era stata accolta positivamente sia dal pubblico, sia dalla critica: finalmente veniva affrontato un tema così complicato – il suicidio giovanile – e posta l’attenzione sull’influenza che ogni nostra parola o azione può avere nel delicato equilibrio di un’altra persona. E tutto avrebbe funzionato, più o meno bene, se la serie si fosse fermata lì.
Ma il successo ha convinto la produzione a proseguire, dove non si è allungato solo il brodo, ma l’intera cena. I personaggi si sono ritrovati in dinamiche per nulla verosimili e, in alcuni casi, anche tossiche, con vittime che vanno a braccetto coi propri bulli e violenze che vengono perdonate con uno schiocco di dita. E che significato dovremmo trarne da ciò? Trame e sottotrame non si sono smosse di un millimetro, l’assurdità ha regnato sovrana. No, qui non è nemmeno possibile trovare una sfumatura positiva: questo girare a vuoto è stato soltanto dannoso.
Pretty Little Liars
Entriamo nell’intricato regno di Marlene King con una delle serie tv che detengono lo scettro del trash (certo, ora c’è Riverdale, ma certe cose come il maiale nel bagagliaio non si dimenticano mai). Tra i punti di forza dello show, che vanno dalle elaborate love story alla dose di mystery, dalle situazioni volutamente grottesche che fanno scappare una risata ai momenti più drammatici che fanno scendere la lacrimuccia, non troviamo di certo immediatezza e chiarezza della trama.
La ricerca dell’identità di A ha occupato ben 6 stagioni, per poi portare alla ricerca di AD nella settima, perché non volevamo farci mancare nulla. Peccato che l’impressione è quella di un viaggio a vuoto, tra tappe che non danno veri indizi per poter giocare attivamente ai detective e cambi di rotta improvvisi e insensati, come se la produzione non avesse deciso l’identità di A fino all’ultimo secondo: è stato proprio un bel giro nel nulla che ha tolto il gusto alla rivelazione finale.
The Walking Dead
Fino alla quinta stagione andava tutto bene, questo è quello che dicono a gran voce molti spettatori di The Walking Dead e ci sono dei motivi ben precisi per cui lo fanno: fino a quel momento, la serie aveva conquistato il suo pubblico grazie a colpi di scena ben minarti, caratterizzazioni dei personaggi ben costruite e dinamiche interessanti. Il continuo rinnovo dello show, però, come in altri casi, ha avuto l’effetto collaterale di tirare avanti alla bell’e meglio, senza eguagliare l’originalità degli inizi.
Sono stati introdotti sì nuovi pericoli e nuovi nemici, però le situazioni si sono ripetute seguendo gli stessi schemi e, soprattutto, flashback ed episodi filler hanno iniziato a farla da padrona: se gestiti bene, flashback e filler possono essere elementi positivi, ma in questo caso sembrano inseriti con il solo scopo di aggiungere qualcosa per non interrompere la serie. Dalla settima stagione, poi, la trama sembra essere ridotta a una passeggiata tra i boschi con qualche zombie che compare qua e là. E il colpo di grazia è stato naturalmente dato dall’addio del protagonista Rick, nella nona.
Arrow
La capostipite dell’Arrowverse, la serie da cui sono poi nate The Flash e DC’s Legends of Tomorrow, può contare su un nutrito numero di fan che hanno seguito le avventure di Oliver Queen dalla prima all’ultima stagione, anche se non senza recriminazioni. In questo caso possiamo riscontrare problematiche presenti fin dalla prima stagione e altri elementi negativi che si sono accentuati con lo sviluppo delle ultime stagioni.
Fin dall’inizio, infatti, la serie è stata contraddistinta dalla massiccia presenza di flashback, volti a coprire il buco temporale degli anni che Oliver Queen ha passato lontano da casa: tramite questi flashback si è capito sempre meglio come Oliver è diventato il Vigilante e da dove sono comparsi svariati personaggi. La maggior parte di questi ritorni al passato ha però rallentato di parecchio il ritmo della narrazione, perdendosi nel racconto di dettagli e minuzie di poco conto. Quando poi sono stati abbandonati questi escamotage, è invce subentrato il solito tran tran del tirare avanti perché si vuole tirare avanti, con trame più forzate e sviluppi molto lenti. Peccato, perché anche in questo caso la qualità della serie ne ha risentito.
The Vampire Diaries
E non lasciamo in pace nemmeno Julie Plec, affettuosamente rinominata la Pleccona dai fan di The Vampire Diaries. La storia di Elena Gilbert e dei fratelli Salvatore non ha certo brillato di innovazione e qualità nemmeno all’inizio, ma la trama era ben costruita e i personaggi erano dotato di un approfondimento psicologico convincente. Anche qui a giocare un brutto scherzo è stata probabilmente la volontà di proseguire sulla scia del successo, senza però avere troppe idee in testa.
I nemici, seppure non così simili tra loro, hanno cominciato a ricalcare ognuno le orme del precedente e le dinamiche si sono ripetute più e più volte, come un eterno girotondo. Senza contare che dopo l’addio di Nina Dobrev, il cui personaggio, seppur non il migliore, teneva comunque le redini di molti svolgimenti e innescava le varie situazioni, è stato difficile mettere in moto trame ben delineate. I tentativi di colmare l’assenza della protagonista hanno creato sviluppi deboli e inconcludenti.
Once Upon a Time
Un destino molto simile a quello di The Vampire Diaries è stato quello di Once Upon a Time. La prima stagione aveva mostrato una trama più verticale che orizzontale, ma arricchita dalle singole storie dei vari personaggi del mondo delle fiabe. Lo stesso schema ripetuto nella seconda stagione, tuttavia, è stato molto ripetitivo e ha rallentato quegli stralci di trama orizzontale che incominciavano a farsi vedere. Il problema pareva essersi risolto con una brillante terza stagione, ben concatenata e originale dal punto di vista dei contenuti.
A lungo andare, però, anche Once Upon a Time si è incagliata nelle sabbie mobili delle ripetizioni: davvero l’unico modo possibile per innescare gli eventi era la perdita di memoria di tutti o di qualche personaggio alla volta? A questo si aggiunga l’addio di Jennifer Morrison, interprete della protagonista Emma, che ha creato l’effetto riempimento che si genera per colmare il vuoto di un personaggio importante. Risultato? Storie già sentite, dinamiche riciclate.
Heroes
Heroes era partita col piede giusto, un’ottima prima stagione che si era giustamente guadagnata riconoscimenti e premi televisivi, oltre a convincere il pubblico. La magia però non si è ripetuta dalla seconda stagione in avanti. I soli 11 episodi del secondo capitolo – dovuti allo sciopero degli sceneggiatori – non hanno permesso il dettagliato sviluppo dei 23 precedenti, portando a una trama più lenta e banale. In più, la ripetizione delle stesse dinamiche ha tolto il fascino del colpo di scena e ha annoiato gli spettatori.
Si aveva sperato una ripresa nella serie successiva, ma il giro a vuoto di Heroes è proseguito con sviluppi molto lenti, sottotrame macchinose e pesanti, poco collegate tra loro, che hanno creato un effetto frammentato che si è riversato sul ritmo della narrazione. Il finale fiacco ha confermato questa tendenza e ha lasciato i fan della serie con l’amaro in bocca.
Supernatural
Se le stagioni inizialmente pensate per Supernatural erano 5 e non 15 come poi è accaduto, un motivo ci doveva pur essere e di sicuro era collegato all’efficacia dello sviluppo narrativo. Il forte successo dello show, però, ha spinto la produzione a proseguire con i lavori. I fan ne sono stati felicissimi, certo, ma si è oltrepassata una linea di non ritorno. Come in casi analizzati precedentemente, uno dei problemi è stato l’incappare in una girandola senza fine di schemi ripetuti, con un fratello a turno colpito da una maledizione e l’altro che andava letteralmente all’inferno per salvarlo, e poi viceversa. Un serpente che si mangia la coda.
I filler, in questo caso, hanno funzionato, andando a creare quasi dei cortometraggi che sì, non si legano alla trama principale, ma mostrano interessanti aspetti di sperimentazione. Tuttavia, è la trama centrale stessa a essersi sempre più indebolita, perdendo originalità e ritmo, ma, soprattutto, perdendo una direzione chiara. Non sarebbe stato meglio fermarsi all’apice, a questo punto?