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Griselda – La Recensione dell’ambiziosa Serie Tv Netflix con Sofia Vergara

Griselda
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Il seguente articolo contiene SPOILER su Griselda.

Netflix ci ha abituato a grandi storie riguardanti il mondo del narcotraffico sudamericano, in primis con il leggendario racconto della carriera criminale di Pablo Escobar nelle prime due stagioni di Narcos, passando poi alla storia del Cartello di Cali e dei suoi padrini, per poi spostare il focus sull’intricato caso del Cartello di Sinaloa, in Narcos: Messico. Quella di Griselda è una storia tutta al femminile, e racconta l’ascesa e la caduta dell’unica donna, come si legge nell’incipit della prima puntata, in grado di impensierire proprio Pablo Escobar, il più grande narcotrafficante di tutti i tempi. La scelta di affidare un ruolo così delicato a un’attrice come Sofia Vergare non poteva che essere più azzeccata, sia per la fama che la precede, sia per le sue caratteristiche: anche in Griselda, ha dimostrato un magnetismo e un’energia fondamentale per la riuscita del progetto, che in questi giorni sta spopolando su Netflix. La nostra recensione.

Più che al nuovo Narcos, siamo di fronte a una versione al femminile di Scarface, tra riferimenti realistici al grande cinema americano e il racconto dell’ascesa e della caduta di una donna potentissima, principalmente per via del suo stesso temperamento.

Griselda
Griselda (640×360)

Il look patinato che motiva l’ambientazione a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, restituisce alla serie un’identità ben precisa, nata probabilmente dalla necessità di staccarsi il più possibile da Narcos, che ha fatto le fortune di Netflix e di questo genere ma da cui Griselda vuole prendere le distanze, in un certo senso. Nonostante ciò, la serie sa da dove proviene e infatti non mancano gli easter egg: su tutti, il volto di Alberto Amann nella prima puntata, interprete di Pacho Herrera in Narcos e di Alberto, il secondo marito della protagonista, in Griselda; un tributo dovuto, dunque, più che un vero e proprio segnale di volersi accorpare a quello che, per Netflix, è un capitolo chiuso, oltre che piuttosto scomodo da riesumare. Per il resto, Griselda ha il suo spazio e la sua identità, e questo è evidente fin dai primi momenti: la madrina del narcotraffico, prima di essere una pericolosa e spietata criminale, era una semplice casalinga, limitata dalla patriarcale figura dell’uomo predominante che la confinava a un ruolo secondario; la protagonista interpretata da Sofia Vergara, però, dimostra fin da subito di sentirsi stretta in tali vesti, e risponde alle ultime umiliazioni di suo marito con decisione e personalità, mettendo a rischio la sua stessa esistenza pur di riprendere in mano il suo futuro.

Griselda (640×360)

La storia di Griselda, infatti, è ben lontana dai luoghi a cui Narcos ci aveva abituato: l’ascesa della protagonista comincia in quel di Miami, autentica terra promessa in cui “sogni” come il suo possono davvero prendere forma. È una donna sopravvissuta alla povertà, costretta a prostituirsi in età giovanile e poi finita nel giro del narcotraffico in quanto consorte di un boss criminale: con queste esperienze la donna ha forgiato il proprio carattere, trasformando la sua fame in potere, quello che l’ha condotta a diventare la più pericolosa e temuta madrina dei narcos negli anni Ottanta. Griselda è una storia al femminile in cui le donne sono protagoniste disincantate del più classico dei drama al maschile, e il risultato è ben chiaro: non c’è alcuna differenza in termini di credibilità narrativa, la costruzione del personaggio prescinde dal genere e la storia si regge da sola, anzi, proprio sui classici canoni dell’ascesa e della caduta di un mito; la serie Netflix riesce dunque brillantemente a prescindere dalla figura predominante maschile tipica di questo genere e al contempo a staccarsi dall’inevitabile collegamento con l’universo Narcos

Tra le tante cose positive, Griselda è la serie della conferma di Sofia Vergara, ottima interprete della parabola hollywoodiana dell’antieroe.

Griselda
Griselda (640×360)

Come dicevano inizialmente, più che i riferimenti a Narcos, che per ovvi motivi non potevano non esserci, Griselda strizza l’occhio a un altro tipo di tradizione gangster, ossia quella hollywoodiana: non parliamo soltanto del nome del suo ultimo figlio (Michael Corleone), e la scena in cui la famiglia si riunisce attorno alla tv per godersi Il padrino, Griselda Blanco è una sorta di Tony Montana al femminile, perché incarna perfettamente tutte le caratteristiche dell’antieroe e della sua frenetica scalata al successo, e il ritmo globale della serie ruota attorno a questo discorso; Griselda comincia da un punto e termina da tutt’altra parte: all’inizio la protagonista ha in testa la sola volontà di fuggire dal suo paese per consentire a se stessa e ai propri figli di ricominciare da capo, lontano dai pericoli, mentre alla fine ci ritroviamo al cospetto di una donna spietata, completamente diversa, plagiata dalla sete di potere che l’ha trasformata in una sanguinaria regina desiderosa di vendetta; soltanto un dettaglio resta costante nella narrazione, un sentimento evidente lungo tutta la serie: la paura. La paura che spinge Griselda a fuggire dalla Colombia per cercare rifugio (e poi fama) negli Stati Uniti, è la stessa che la tormenta quando apparentemente tutto dovrebbe andare a gonfie vele, portandola letteralmente a impazzire e ad autodistruggersi lentamente, proprio come accade al più classico dei padrini del cinema.

Griselda (640×360)

In questo discorso, la fiducia gioca un ruolo fondamentale: Griselda racconta la storia di una donna che, come ripete spesso, è stata tradita da tutti gli uomini con cui ha avuto a che fare nella sua vita, e la paura di essere tradita è la stessa che la tormenta quando è lassù in cima, la stessa che la porta a umiliare i propri collaboratori, a lasciare Dario, unico uomo che l’ha realmente amata, oltre che a tentare di uccidere Carmen, probabilmente la sola amica che abbia mai avuto; per tutta la serie, Griselda esprime fisicamente la propria insicurezza, dapprima tremando mentre impugna la pistola dopo aver sparato a uno dei suoi tanti nemici, di nuovo ancora di fronte alla tv, mentre scopre di aver causato la morte di un bambino innocente: Griselda Blanco non è come gli altri, da questo punto di vista, c’è uno spiraglio di umanità che né i padrini di Cali né quelli di Sinaloa avevano, un senso della responsabilità che, piano piano, fa sgretolare il suo cuore, portandola a essere sempre più spietata, sempre più sprezzante del pericolo ma, come accade sempre in questi casi specifici, anche più sola.