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Hacks è una delle rare gemme degli ultimi 5 anni

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Recentemente approdata su Netflix, la dramedy Hacks arriva nel nostro paese con tre anni di ritardo rispetto al suo debutto nel 2021. Meglio tardi che mai è però il caso di dire, trovandoci di fronte a una delle rare gemme degli ultimi 5 anni (qui vi abbiamo parlato di 8 serie tv HBO che speriamo di poter vedere presto anche in Italia).

La vicenda è quella di Deborah Vance (Jean Smart), una veterana della stand-up comedy il cui successo comincia a sfumare dopo essere stata per anni sulla cresta dell’onda. Per ravvivare il suo obsoleto repertorio, la donna è costretta ad assumere la giovane autrice comica Ava (Hannah Einbinder), finita in disgrazia dopo aver lasciato all’immortalità del web un infelice tweet su un senatore gay. Il rapporto tra la giovane squattrinata e la famosissima regina delle gag non potrebbe essere peggiore, segnato dalle inevitabili differenze che intercorrono tra loro. Il divario generazionale tra le due protagoniste è infatti causa di continui scontri e incomprensioni. La loro diversissima visione del mondo influenza inevitabilmente il rispettivo approccio alla comicità. Le battute vecchia-scuola di Deborah si contrappongono alle brevi freddure figlie della generazione del web di Ava.

Hacks è una serie comedy sulla comicità. Ma, così come le migliori battute, nasconde sotto al suo umorismo delle profonde (e scomode) verità.

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Hannah Einbinder e Jean Smart in una scena di Hacks

Per cercare di avvicinare la propria voce autoriale a quella di Deborah, Ava comincia a studiare il passato della sua datrice di lavoro, sforzandosi di conoscere meglio la persona dietro al celebre personaggio. Ciò che emerge dalle sue ricerche è che, tra le altre cose, Deborah sarebbe potuta diventare la prima conduttrice donna di un late show. Tra le tematiche affrontate da Hacks (ne trovate alcune in questo nostro approfondimento), quella femminista è di gran lunga la più arguta. La contrapposizione ideologica tra le due donne offre infatti molti interrogativi a cui la serie, però, non cerca mai di dare risposte assolute.

Non esiste infatti un unico punto di vista e una sola verità quando in gioco ci sono la carriera, i ruoli di potere, gli squilibri di forze. Ava è figlia della generazione immersa nel post-MeToo, che vede nelle donne come Deborah parte del problema. Deborah ha sopportato gli abusi dei potenti per arrivare al successo, senza ribellarsi mai al sistema. Pur accettando la misoginia dello show-biz, è grazie alla generazione di Deborah che quella di Ava ha visto la luce. Lo scontro e il dialogo tra le due protagoniste è quanto basta ad Hacks per farsi portavoce di una tematica delicata, che può essere affrontata riducendo quel gap generazionale più che puntando il dito in cerca di colpevoli.

Il punto di forza delle protagoniste risiede infatti nella volontà di entrambe di soffermarsi sulle reciproche similitudini più che su ciò che le differenzia.

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Scena tratta da Hacks

La comicità stessa di Hacks è tutta in questa bizzarra e anticonvenzionale amicizia. Non a caso, è tra le migliori serie tv prodotte dalla HBO negli ultimi tre anni: trovate qui la classifica completa. Il confronto/scontro tra le due donne non può che offrire loro un’occasione di crescita e di arricchimento. Tuttavia, nessuna delle due arriva a snaturare se stessa per piegarsi al volere dell’altra. L’immutabile animosità e la respingenza di entrambe è paradossalmente ciò che più le avvicina, scoprendosi più simili di quanto pensassero. Le due donne condividono (quasi) gli stessi problemi familiari: Ava è costretta a mentire alla sua apprensiva madre riguardo al suo lavoro, Deborah è in costante conflitto con sua figlia Vance (Kaitlin Olson).

Entrambe sono però soprattutto vittime di un mondo che non permette défaillance, né anagrafiche né contenutistiche. La critica alla società performativa è non a caso l’espediente narrativo che dà il via alla vicenda. Deborah è considerata troppo vecchia per quel mondo che l’ha sfruttata fino a che ha potuto (tematica che abbiamo approfondito in questo articolo sulla serie). Ad Ava, invece, non è stato perdonato un singolo errore in un’intera carriera.

La soluzione, anche in questo caso, non esiste. Hacks non si piega alle regole del piccolo schermo e non si propone di offrire una morale a tutti i costi.

L’avvicinamento delle due protagoniste non è certamente sufficiente a cambiare il mondo. Allo stesso modo, non basta parlare per la prima volta di misoginia sul palco per fermare gli abusi di potere. Tuttavia è un buon inizio: riconoscere le proprie fragilità attraverso il confronto con l’altra è il mezzo attraverso cui far pace con il proprio passato per guardare più serenamente al futuro. Ed è proprio verso il futuro che sembra proiettarci la prima stagione di Hacks (arrivata già alla sua terza stagione negli States). Un futuro in cui il mondo non sarà un posto migliore grazie a loro, la società della performance continuerà a richiedere perfezione e costanza e Las Vegas sarà ancora il ritratto della decadenza morale e spirituale. Ma, finché resteranno insieme, ci sarà sicuramente da divertirsi.