Che bello godersi i frutti del proprio successo. Ci sono voluti tanti anni di studio, di tentativi sbagliati, di scelte più o meno sagge per arrivare a oggi, alla puntata finale del mio show televisivo: uno spettacolo ispirato alla mia stessa vita, alla mia adolescenza e a tutti i drammi di cui mi sono sempre sentito protagonista e forse anche un po’ vittima. Che bello sapere finalmente di essere arrivato alla fine, di aver superato quella fase in cui tutto è una tragedia, in cui per arrivare a un bacio ci vogliono anni e anni di tentennamenti e in cui le scelte sentimentali degli altri si ripercuotono prepotentemente su di me. È catartico sapere che ormai è tutto alle spalle e che, anzi, tutte le mie poco fortunate vicende sono diventate il fulcro di una serie che mi ha reso affermato nel mondo dello spettacolo – e, perché no, anche piuttosto ricco.
Ma forse è meglio che mi presenti. Ciao, sono Dawson Leery e sono il produttore esecutivo e lo sceneggiatore di una serie tv che ha avuto la sua buona dose di successo e della quale sono molto orgoglioso.
No, non si chiama Dawson’s Creek.
Non so perché tutti continuino a essere convinti del fatto che si chiami Dawson’s Creek. La mia serie si chiama più semplicemente The Creek e, come credo abbiate ormai già capito, è basata sulla mia storia. Scriverla è stato intenso, un processo a volte duro che però mi ha aiutato non poco a metabolizzare tante vicende della mia vita, alcune belle, altre molto meno. Ma il risultato è stato a mio avviso straordinario, e così la pensano anche i miei amici Pacey e Joey, che ne sono stati in gran parte protagonisti insieme a me. Sono sicuro che anche Jen avrebbe amato l’episodio finale. Ma fortunatamente il mio show non è piaciuto solo a chi mi vuole bene: il mio idolo di sempre, Steven Spielberg, mi ha chiamato chiedendomi un incontro. Vi rendete conto? Lui, il più grande regista di sempre, vuole incontrare me, Dawson Leery. Adesso mi sembra pura follia, ma presto sarà realtà. Spero davvero di non svenire. Mi sa che è il caso che io vada a dormire, non posso permettermi di arrivare poco riposato al giorno in cui si realizzerà il sogno della mia vita. Buonanotte, a domani!
Approximately 8 hours later (or 10 years before)
Buongiorno mondo! Eccomi appena sveglio nel giorno più importante della mia intera esistenza, sono carico come non mai. Ma, un momento. Questo non è il letto di casa mia. Questa è… è… questa è casa di mia madre, la casa dove sono cresciuto! Ma cosa ci faccio qui? Perché non sono a Los Angeles? Come sono arrivato a Capeside? E come sono finito nel 1998? O forse dovrei dire tornato. Oh mio Dio, dovevo svegliarmi in un sogno e invece sono in un vero e proprio incubo.
“Mamma, è sabato! Stasera viene Joey a vedere E.T.!”
Ma è la mia voce! E questo sono io in carne, ossa e capello ribelle. Non ci posso credere, sto davvero vedendo me stesso quindicenne entrare nella mia stanza da letto. Lui non mi percepisce, sembra che io sia una specie di fantasma, deve essere per forza un incubo o qualcosa del genere. Ma io questa giornata la ricordo, ricordo perfettamente come ero vestito quando Joey mi ha fatto il discorsetto. “Non posso più restare di notte da te, adesso io sto diventando una donna e tu un uomo, non dovremmo dormire insieme”, mi ha detto qualcosa del genere. Io le ho risposto che saremmo stati amici per sempre, anche con corpi da adulti. Ah, quanto avrei dovuto ascoltarla… ma alla fin dei conti avevamo ragione un po’ entrambi. Le cose non sono rimaste così innocenti ancora a lungo, su questo aveva ragione lei. Ma alla nostra amicizia nessuno dei due ha mai rinunciato. Ma non ci tengo proprio ad assistere a questa scena, non voglio riviverla, voglio andare via! Stop, stop, qualcuno prema stop! Adesso chiudo gli occhi, li riapro e sono di nuovo nel mio letto adulto a Los Angeles.
Ecco, ha funzionato! Sono fuori dalla stanza!
Ma non ha funzionato del tutto, sono ancora a Capeside. Sono al lago, ed eccomi lì dietro la macchina da presa: sto girando una scena! C’è Joey che viene tirata in acqua da un mostro, chissà se l’ho mai ringraziata abbastanza per tutte le volte in cui è tornata a casa fradicia per girare questa scena, l’avremo ripetuta mille volte. Il mostro, ovviamente, è Pacey in tutta la sua spavalderia da quindicenne. Eccoli lì, discutono, Joey si lamenta del fatto che Pacey le abbia toccato il sedere. Vederli così giovani e così lontani dal sapere cosa accadrà nelle loro vite mi rende contemporaneamente felice, invidioso e triste. Una parte di me vorrebbe avere la stessa inconsapevolezza, tutti questi anni in meno, la curiosità di sapere cosa succederà. Un’altra parte però è felice che sia passata, ne sono successe davvero troppe e la mia vita adesso è tutto sommato felice: il lavoro mi dà soddisfazioni, ho tanti affetti veri, faccio ciò che amo. Mi manca qualcuno con cui condividere tutto questo, è vero. Ma arriverà, io ci credo. Joey semplicemente non era quella giusta, l’ho capito troppo tardi.
Lo ammetto, essere qui davanti a noi tre in versione adolescenziale mi fa un certo effetto, è un incubo anche un po’ bello. Ma che dico tre: c’è anche Jen! Eccola lì che si avvicina a noi con quel vestitino leggero e l’aria di una persona che ne ha viste decisamente più di noi. Dall’esterno lo noto molto più di quanto non abbia fatto quel giorno: io, Joey e Pacey siamo ancora tre bambini intenti a giocare con una videocamera, mentre Jen è praticamente già una donna. Era bellissima, lo è sempre stata. E mi manca da morire. È così strano averla di nuovo davanti a me ora che non c’è più, ora che so che la sua vita sarà diversa da come ce l’aspettavamo. Ecco, quello che sto guardando è il momento in cui Jen ha rivoluzionato la mia vita. Mettendo piede a Capeside, quel giorno, mi ha aperto un mondo che non sapevo nemmeno di volere. Mi è piaciuta subito, e forse se non ci fosse stata Joey la nostra storia sarebbe andata diversamente. Con Jen ho vissuto la mia prima volta e, per quanto la nostra relazione non sia durata a lungo, lei è stata e rimarrà sempre una delle persone più importanti della mia vita. Ma il Dawson che ho davanti adesso questo ancora non lo sa, e crede che se Spielberg non ha mai inserito scene di sesso nei suoi film allora il sesso non è importante. E se penso all’innocenza con cui quella sera ho invitato Jen a vedere la mia stanza non posso fare altro che sorridere.
E mentre sorrido chiudo gli occhi e sono di nuovo altrove.
Eccoci di nuovo, tutti e quattro. Stavolta stiamo andando al cinema, Pacey ci ha praticamente costretto ad andare per seguire Tamara, la professoressa di Letteratura con cui di lì a poco avrà una relazione con la sua buona dose di illegalità. Joey provoca Jen, le chiede se è vergine e fa di tutto per infastidirla. Ma come facevo a non capire che quelli non erano comportamenti da migliore amica? Come facevo a non vedere, a non percepire tutto ciò che c’era dietro? Ricordo che quella sera al cinema abbiamo litigato, era tutto così palese. Poi ne abbiamo parlato a casa mia, ma io ero troppo deciso a non vedere. Le ho persino detto ogni quanto “giocavo con il mio gioiellino”, avrei fatto di tutto pur di non accettare che le cose stavano cambiando.
Ma le cose cambiano sempre, continuamente, ed essere qui davanti a me stesso quindicenne ne è la prova. Sono passati dieci anni e mi sembrano passate dieci vite. Darei qualsiasi cosa per abbracciare di nuovo mio padre, per baciare ancora Jen. Dei miei coetanei all’epoca mi è sempre mancata la spensieratezza, ma l’innocenza invece ce l’avevo tutta. E se essere qui adesso – e non di fronte a Steven Spielberg – può servirmi ad assaggiare di nuovo quest’innocenza, allora ben venga. Forse non è un incubo quello che sto vivendo, magari è un miracolo. Allora stavolta gli occhi non li chiudo: voglio restare qui ancora per un po’.