Attenzione: nell’articolo sono presenti spoiler sul finale di Mad Men, procedete alla lettura a vosto rischio e pericolo.
Caro diario,
scrivo dalla mi scrivania affollata, come sempre, da scartoffie di idee e mozziconi di sigaretta. Talvolta ho bisogno di fermarmi e guardare la mia vita come fossi una spettatrice imparziale ed esterna. Arrivo a un punto in cui devo comprendere dove sono arrivata e darmi i meriti che ho, per non adagiarmi sulla quotidianità che scorre, rischiando di farmi scivolare il tempo via dalle mani.
Caro diario, per troppo tempo ho fatto sì che la linea di demarcazione tra vita privata e lavoro si dissolvesse a favore di quest’ultimo. Ho dimenticato me e ciò che sento. Fino a ora ho sentito per gli altri, ho assorbito le loro emozioni e le ho veicolate in illusioni e pubblicità.
Queste emozioni non mie mi hanno attraversata, inerme, ma non hanno lasciato traccia.
Quando si tratta di Peggy, e non della copywriter che scrive come un uomo, sono vuota. Ora, invece, sento forte la necessità di fermarmi e capire. Nel bivio tra ambizione e sentimento mi sono sempre diretta nella stessa direzione dei miei sogni che, da parte loro, sono stati sempre poco romantici e troppo pragmatici. Ma ora, con le mani sudate e il cuore in frantumi, sono pronta a mettermi in gioco e provarci.
Dall’altro lato del telefono si staglia la mia vita e una paravenza di felicità, per me. Per Peggy la donna, e non un semplice cervello da spremere in cerca di creatività.
Sopravvivere in un mondo di Mad Men, badando sempre alla lunghezza della gonna, non è una cosa semplice.
Ci vuole tanto coraggio per addentrarsi oltre la superficie e non rimanere paralizzati dal sentire del cuore. Prendo coscienza di essere diventata così brava a manipolare le emozioni, da non sentirne più alcuna. Dopo tutto ciò che ho visto e tutto ciò che ho fatto, conosco tanto a fondo la loro potenza da esserne terrorizzata.
Ecco perché, per tutti questi anni, ho chiuso i battenti del mio cuore. L’ufficio è diventato la mia dimora, la macchina da scrivere la mia amante. Guardando negli occhi il mio riflesso allo specchio mi chiedo se, dopo aver stuprato i sentimenti come fosse un gioco, sia avanzato ancora dell’amore per me. Quello vero, quello puro.
Per sgomitare, in queste strade occupate da soli uomini, ho indossato una maschera che somiglia sempre di più a Don Draper. Poi, con il tempo, tra i pensieri monchi adagiati a qualche poltrona di pelle macchiata di scotch, ho capito che somigliare a Don Draper significava somigliare alla solitudine.
Nonostante questo, ora davanti ai miei occhi si srotola il futuro e, questa volta, il futuro voglio sceglierlo io. Se qualcuno è riuscito a scorgere la vera Peggy oltre la coltre di fumo e astio sentimentale, una speranza c’è. Se qualcuno è disposto a fare spazio a una personalità ingombrante e testarda come la mia, allora una speranza c’è. E quella speranza, a volte, ci aspetta solo a qualche porta di distanza.
Quando stamattina ho ricevuto la chiamata di Don Draper, il Mad Men per eccellenza, sono rimasata senza parole, destabilizzata.
Quel momento al sapore di vertigine ha messo in una pausa momentanea la corazza di cui mi circondo. Lo sgomento mi ha reso nuda, e in questa nudità fragile si è insinuato Stan.
Mi sono resa conto che avevo un disperato bisogno di risvegliare i sensi in maniera violenta, affinché potessi riappropriarmi di quel calore dell’anima che il marketing ha chiamato amore.
Dietro questo romanzo, dietro il pulsare elettrico e straordinariamente felice del mio cuore e della mia penna, c’è sempre lei, la Paura. È innegabile e lo so bene. La Paura, insistente, mi paralizza. L’instabilità ferina su cui si incardina la mia vita è come una lama costantemente affilata, pronta a ferire me e gli altri.
Ma io non sono Don Draper, io non sono come quei Mad Men ingialliti dal tempo e da se stessi.
Io sono ancora in tempo per diventare una persona diversa. Per diventare Peggy, finalmente. In questo momento, incastrando il fluire dei miei pensieri con le scartoffie, e con ancora addosso il tremore di un nuovo inizio, so che sono pronta per lasciare che il passato e le convenzioni sociali si dissolvano e non mi definiscano.
Mentre Don Draper è solo in qualche angolo di pianeta, intento ad abbracciare le sue lacrime. Io, Peggy Olson, sono sola con lo scorrere appiccicoso dell’inchiostro su questa pagina. Ma oltre quella porta per me c’è un nuovo inizio, c’è l’amore, c’è il futuro o, quantomeno, c’è la speranza. Là fuori, ora, c’è Peggy. E a me va bene così.