Come si comincia una lettera alla persona con cui si è stati per diciassette anni?
Caro Colin suona quasi ottocentesco, l’inizio di una missiva arrivata a te tramite un emissario reale. Ciao Colin forse andrebbe meglio però mi sembra un po’ troppo freddo. Ma in fondo che importa: siamo stati una coppia, abbiamo condiviso tutto per quasi metà della mia vita e non sarà di certo un saluto a cambiare le cose. E quindi eccomi, Colin, davanti a questa lettera che fino a qualche tempo fa non pensavo avrei mai avuto il bisogno di scrivere.
Lo sai, sono sempre stato un uomo di tante parole, a volte fin troppe.
Parlare mi piace ed è una cosa che faccio anche senza rendermene pienamente conto. A volte mi capita di trovarmi in delle situazioni e pensare “ok, in questo caso sarebbe meglio tacere”, ma prima ancora di finire di elaborare il pensiero dalla mia bocca stanno già uscendo le parole sbagliate. Non mi ero mai reso conto davvero di questo mio atteggiamento fino a quando non mi hai lasciato, la sera del tuo cinquantesimo compleanno. Non mi hai spiegato le tue ragioni e non mi hai permesso di parlare delle mie, mi hai mollato e basta. Mi hai consegnato alla vita che non pensavo ormai da un decennio di dover rivivere: mi hai reso un uncoupled, nello specifico un uncoupled gay ultraquarantenne in un mondo che va davvero troppo veloce per me. In un mondo che non era più perfetto, perché non c’eri più tu a viverlo insieme a me.
Da quando hai preso le tue cose e sei andato via è cambiato tutto e ho attraversato quelle che credo siano le vere e proprie fasi di un lutto. All’inizio non ci credevo e speravo che la terapia di coppia potesse davvero cambiare le cose. Sappiamo che non è successo. Poi sono passato a tutte le altre fasi, dal dolore puro all’accettazione, al tentativo vano di andare avanti con qualcun altro. Mi sono ubriacato fin troppe volte, sono stato a letto con uomini che non mi hanno dato molto più di qualche bella nottata, mi sono ubriacato ancora, ho vomitato in un idromassaggio e sono finito a faccia a terra. Letteralmente, il trucco al matrimonio dei Jonathan ne è la prova. Ho sbagliato tanto, sia prima che dopo la nostra rottura, e adesso lo so.
Essere un uncoupled a New York nel 2022 mi ha insegnato tante cose.
Mi ha permesso di capire che ho ancora tanto da dare, pur non essendo più proprio un giovincello. Mi ha fatto notare i miei difetti, il fatto che spesso sono talmente concentrato su me stesso da non dare spazio a chi mi sta intorno. Sei stato tu per primo a farmi arrivare a questa consapevolezza, con la complicità del terapista che ho rincontrato in vesti che forse gli si addicono di più e che mi ha preso – fortunatamente non in modo letterale – a sprangate sui denti. Non sono ancora migliorato molto in questo, ma sto cercando di lavorarci su. Avresti potuto aiutarmi a capirlo in modo diverso, ma ormai va bene così. Va bene così perché finalmente ero arrivato, dopo settimane di intenso dolore, a non soffrire più.
E invece ora eccomi qui a soffrire di nuovo, e anche questa svolta proprio non me l’aspettavo. Ancora una volta hai deciso improvvisamente di fare qualcosa che scombussola me e i miei piani di serenità. Sei andato via e ora sei tornato. Perché? Cosa ti manca? È bastata una serata, la stessa serata che mi ha convinto di essere andato avanti, a farti tornare indietro? Quando mi hai visto sofferente, quando ti ho chiesto spiegazioni niente ti ha fatto cambiare idea. Ma la mia serenità sì, la mia serenità senza di te ti ha fatto tornare nella casa che un tempo era nostra a stravolgermi di nuovo la vita.
Hai ragione tu e ha ragione il terapista: parlo davvero troppo di me stesso. Ma forse tu, Colin, parli troppo poco, non mi dai la possibilità di capirti e non la dai neanche a te stesso. Pensi un attimo, agisci e via per la tua strada. E per colpa di questo tuo modo di fare disarmante adesso sono di nuovo qui, nella casa che ormai pensavo fosse soltanto mia, a chiedermi cosa fare di me e di noi. Voglio tornare alla mia vita da uncoupled o alla mia vita con te? Forse a nessuna delle due. Perché se è vero che mi manca quello che avevamo, è vero anche che non so se riuscirei a ricominciare come se nulla fosse, con la consapevolezza del fatto che una mattina potrei svegliarmi e non trovarti più accanto a me.
Ho bisogno di tempo, Colin. E ho bisogno di sapere che non sarò l’unico a lavorare su me stesso, nel caso in cui dovessi scegliere di dare nuovamente vita a un Noi.
Comunque sempre e per sempre tuo,
Michael.