ATTENZIONE! L’articolo potrebbe contenere SPOILERS sulla serie tv Halo.
Il viaggio di Halo inizia nel 2001 con l’uscita di Halo: Combat Evolved per Xbox. Il titolo rivoluzionò completamente il modo di concepire gli sparatutto su console introducendo un gameplay fluido, una trama avvincente e una modalità multiplayer innovativa. Tale da contribuire a consolidare Xbox come una piattaforma competitiva nel mondo delle console. Al centro della narrazione troviamo i due protagonisti principali: Master Chief, un supersoldato spartano, e Cortana, un’intelligenza artificiale avanzata. Insieme, il loro compito è quello di combattere contro una coalizione aliena nota come Covenant, che minaccia di distruggere l’umanità. La misteriosa installazione ad anello chiamata Halo, da cui la serie prende il nome, si rivelerà essere un’arma di distruzione di massa di proporzioni galattiche, capace di eliminare ogni forma di vita senziente nell’universo.
Dopo il successo travolgente del primo capitolo, Halo 2 (2004) prosegue la storia con un’esperienza narrativa ancora più profonda e una modalità multiplayer online che diventa un modello di riferimento per gli anni a venire.
Il gioco introduce nuovi personaggi, tra cui l’Arbiter, un guerriero Elite del Covenant, offrendo ai giocatori una prospettiva diversa sul conflitto. Il finale aperto, poi, lasciava tanto hype per il futuro della serie, per nulla incline a fermarsi. Halo 3 (2007) concludeva la trilogia originale tra azione e dramma. Lanciato con una campagna di marketing senza precedenti, il gioco mantiene le promesse, concludendo l’epica guerra tra umani e Covenant in modo memorabile. L’introduzione del sistema di salvataggio dei filmati di gioco e di una modalità Forgiatura, che permetteva ai giocatori di creare e personalizzare mappe, aveva ampliato ulteriormente le possibilità di intrattenimento.
Dopo la conclusione della trilogia originale, Bungie sviluppò Halo: Reach (2010), un prequel che racconta la caduta del pianeta Reach e la nascita del programma Spartan. Il gioco era un addio emozionante da parte di Bungie, che passava il testimone a 343 Industries, il nuovo studio incaricato di proseguire la saga. Con Halo 4 (2012), 343 Industries decide di intraprendere una nuova direzione narrativa, introducendo una nuova minaccia conosciuta come i Precursori e sviluppando ulteriormente la relazione tra i due personaggi principali del videogame. Il più recente capitolo, Halo Infinite (2021), rappresenta una sorta di ritorno alle origini per la saga. Con un mondo di gioco più aperto e un ritorno alla formula del gameplay classico, Infinite ha cercato di riunire i fan di vecchia data con una nuova generazione di giocatori.
Il successo di The Last of Us e il fallimento di Halo
Questa, molto in breve, è la storia videoludica di uno dei titoli più conosciuti, famosi e apprezzati dai giocatori di ieri e di oggi. Un titolo che è finito irrimediabilmente tra le grinfie dell’adattamento televisivo. Come già avvenuto a illustri colleghi come The Last of Us (ecco il teaser della stagione 2), anche Halo non ha potuto infatti sfuggire alla macchina seriale / cinematografica. Sembrerebbe, in effetti, che negli ultimi anni, il cinema e la televisione abbiano messo un po’ da parte il trend dei fumetti e delle graphic novel per concentrarsi invece sui videogame. Ma se The Last of Us e Fallout sono due esempi molto recenti e ben riusciti, né Halo o il freschissimo Borderlands possono dire altrettanto.
Le trasposizioni da videogiochi si sono sempre rivelate una questione spinose. Perché, sotto molteplici punti di vista, il medium della console è decisamente diverso rispetto a quello televisivo o cinematografico. Il videogioco possiede una libertà narrativa e una partecipazione attiva del consumatore sconosciuta quando si tratta di film o serie tv. Se nel primo caso, infatti, la storia si scrive livello dopo livello, con solo un canovaccio a unire i puntini, nel secondo caso il progetto è già confezionato in ogni sua parte, in attesa solo che lo spettatore lo scarti.
Un trend abbastanza sfortunato, in cui Halo rientra in pieno ma che ha trovato una boccata d’aria fresca in due adattamenti recentissimi.
Il primo è The Last of Us, prodotto da HBO, che traccia la sua strada a livello narrativo ed estetico rimanendo fedele al videogioco solo attraverso citazioni ed easter eggs. Il secondo è Fallout (disponibile sul catalogo Amazon Prime Video qui) che parte solo superficialmente dal videogioco per scrivere una storia totalmente nuova e unica. Ed è proprio quel concetto di identità (come abbiamo approfondito in questo articolo) che rappresenta la carta vincente per il successo di due produzioni drasticamente diverse tra loro. Nella voglia di trovare la propria autonomia, le due serie tv spiccano il volo lontano dal nido materno videoludico ma un occhio sempre rivolto al passato.
In cosa ha sbagliato Halo, allora?
Adattare una serie come Halo per la televisione non è stato un compito facile. Il franchise, noto per la sua epica narrativa, i suoi personaggi iconici e la sua ricca lore, richiedeva una visione che rispettasse l’eredità dei giochi pur offrendo qualcosa di nuovo per il pubblico televisivo. Sin dall’annuncio della serie, le aspettative erano altissime. Non solo per la qualità della produzione, ma anche per la fedeltà alla storia e ai temi del materiale originale.
Distribuita su Paramount, la serie ha visto coinvolti nomi di peso come Steven Spielberg come produttore esecutivo, il che ha aumentato ulteriormente l’attesa e l’hype intorno al progetto. Eppure quasi nulla di ciò che ha reso il franchise di Halo speciale e sorprendente sembra essere presento nello show. Piuttosto che seguire fedelmente la trama dei giochi, la serie introduce una linea temporale alternativa chiamata “Silver Timeline”. Una scelta che in molti hanno interpretato come un poco elegante “salvarsi il fondoschiena” da inevitabili critiche di continuity. La storia segue le gesta di Master Chief, interpretato da Pablo Schreiber, e si concentra sul conflitto tra l’umanità e l’alleanza aliena conosciuta come Covenant. Nell’adattamento grandissimo spazio è riservato alla psicologia e agli aspetti personali del protagonista. Come la sua umanità e il rapporto con la propria identità, offrendo uno sguardo più intimo sul leggendario supersoldato.
Master Chief sei tu?
Master Chief, noto anche come John-117, è il protagonista principale dei giochi di Halo e una figura iconica nell’universo dei videogiochi. Di fronte a un personaggio così saldo nell’immaginario collettivo, la paura di compiere un passo falso indubbiamente c’è. La scelta di mostrare il volto di Master Chief per esempio, ha diviso il pubblico. Nei videogiochi, Master Chief è un personaggio enigmatico che raramente, se non mai, mostra il suo volto. Una caratteristica peculiare che ha contribuito a creare un’aura di mistero e ha permesso ai giocatori di proiettarsi in lui, facendolo diventare una sorta di “maschera” per l’utente. Nel gioco, Master Chief è ritratto fondamentalmente come un supersoldato stoico e disciplinato, con emozioni che sono raramente visibili o esplorate. Tuttavia, nella serie tv, il personaggio viene presentato in modo molto più complesso dal punto di vista emotivo.
La serie esplora il suo passato, le sue paure e i suoi dubbi, mostrandolo non solo come un guerriero infallibile ma anche come un uomo che lotta con la sua umanità e le conseguenze delle sue azioni. Mentre questa rappresentazione ha aggiunto profondità al personaggio, ha anche diviso i fan. Alcuni hanno apprezzato la nuova complessità, mentre altri hanno ritenuto che questa versione del personaggio si discostasse troppo dalla figura iconica del videogioco. Soprattutto, quando nella prima stagione, il supersoldato tutto d’un pezzo perde la verginità con una traditrice Covenant macchiandosi praticamente di un crimine di guerra imperdonabile.
La Silver Timeline
Nei giochi, la storia di Halo è stata raccontata attraverso una serie di campagne che si concentrano principalmente su Master Chief, la sua lotta contro il Covenant, i Flood, e la scoperta di antiche strutture conosciute come Halo. La serie tv ha scelto, invece, di esplorare trame e personaggi che non erano centrali nella narrativa dei giochi spostando il focus dal duo per eccellenza. La relazione tra Master Chief e Cortana è sempre stato uno dei pilastri della narrazione, costruita attraverso una fiducia reciproca e una profondità emotiva che si sviluppa gradualmente. Relazione quasi del tutto assente nello show.
Un’altra colpa che ha decretato il fallimento della serie tv Halo + stata la critica mossa al suo ritmo instabile. Alcuni episodi avanzano rapidamente, con un’enfasi sull’azione e sui conflitti, mentre altri rallentano significativamente, concentrandosi su subplot che appaiono come riempitivi piuttosto che elementi cruciali della narrazione principale. Questo sbilanciamento ha causato una mancanza di coesione, rendendo difficile per gli spettatori mantenere un coinvolgimento costante. L’introduzione dei subplot è stata uno dei dei decisivi punti di critica. Questi, infatti, non contribuiscono in modo significativo alla trama ma che anzi allontanano l’attenzione dalle dinamiche principali. Molti spettatori hanno percepito che la storia secondaria riguardante Kwan Ha e la resistenza su Madrigal fosse disconnessa dal resto della narrazione. Quale era allora il suo reale scopo nell’economia complessiva della storia? La presenza di questi subplot ha solo frammentato la narrazione, distraendo dagli eventi centrali legati a Master Chief e al conflitto con i Covenant.
Ma lo sbaglio più grande compiuto da Halo è l’assenza di una connessione emotiva.
Contrariamente al videogioco, la serie tv ha avuto difficoltà a ricreare quella stessa intensità emotiva. Una delle ragioni principali è che il medium televisivo richiede un approccio diverso rispetto ai videogiochi. Nei giochi, i giocatori sono partecipanti attivi che vivono in prima persona le sfide e i successi di Master Chief. Un tipo di coinvolgimento diretto difficile da replicare in una serie televisiva, dove il pubblico è spettatore passivo. Eppure la differenza sostanziale dei due mezzi non basta a giustificare il fallimento del prodotto. Perché sia The Last of Us e Fallout (ecco cosa possiamo aspettarci dalla seconda stagione) riescono a coinvolgere il pubblico sotto ogni punto di vista. Pur discostandosi dal materiale originale.
Il focus su aspetti narrativi secondari e una gestione talvolta disomogenea dei temi principali ha impedito agli spettatori di sentirsi veramente coinvolti nella storia. Neppure la seconda stagione di Halo (qui trovate la nostra recensione) è riuscita a risollevare le sorti di una serie tv che ha toppato sin dal principio. Una mancanza di empatia e coinvolgimento emotivo che ha portato a una fruizione discontinua. Decisamente meno appagante di quanto ci si aspettasse da un adattamento di una serie tanto amata. In sintesi, i problemi legati alla qualità della narrazione della serie Halo derivano principalmente da una gestione inadeguata del ritmo e da subplot poco rilevanti. Oltre che da uno sviluppo dei personaggi non ottimale e una difficoltà nel bilanciare azione e narrazione. Tutti elementi che hanno malauguratamente contribuito a una ricezione mista e hanno impedito alla serie di sfruttare appieno il suo potenziale narrativo.