Senza Hannah Montana, Disney Channel non sarebbe diventato il canale iconico che ha intrattenuto i pomeriggi di intere generazioni. Non solo fu un fenomeno culturale così grande da produrre un vastissimo merchandising, dischi, concerti e svariate pagine commemorative, ma l’80% delle nostre memorie associate a Disney Channel sono legate alle avventure della giovane Miley Stewart: se di giorno era un’adolescente comune alle prese con le gioie e i dolori della sua età, di notte calcava i palcoscenici più importanti nelle vesti di una delle popstar più famose al mondo, rendendosi irriconoscibile grazie alla sua parrucca bionda. Nel corso degli episodi, la osservavamo vivere queste due diversissime esistenze in modi così simili, mentre noi ci scatenavamo a ritmo delle sue canzoni sognando un giorno di essere lei. E sappiamo benissimo che niente vende più di un sogno.
Parlare oggi di Hannah Montana e capire quello che ci ha lasciato non è semplice, perché ci costringe ad andare oltre quei ricordi che rendono tutto più magico e a osservare quegli aspetti che a un sguardo infantile sfuggono.
Guardandola con occhi più adulti, anche se tuttora desideriamo ardentemente quell’armadio segreto e piangiamo quando si rivela al mondo, è ovvio che lo spettacolo con protagonista Miley Cyrus appaia un prodotto fortemente targetizzato, decisamente pacchiano e poco credibile, soprattutto alla luce dell’incredibile sviluppo tecnico-artistico delle serie tv. In più, attraverso Hannah Montana, viene sintetizzato il modo in cui Disney Channel rappresentava le ragazzine, convincendo chi la vedeva che questo modello di femminilità era l’unico possibile: infatti, erano ritratte come tranquille, accomodanti, mai fuori dalla convenzione e idealizzate; in più, eccellevano nelle arti, il che non è un male finché non diventa l’unica cosa in cui possono essere brave: le rappresentazioni STEM erano assenti e, se c’erano, non erano mai protagoniste o regalavano personaggi decisamente antipatici. Così i modelli di standard femminili e maschili non erano minacciati.
Del resto, Miley era semplice, modesta e nascondeva ciò che la rendeva unica; ambiziosa ma non troppo, dal talento incredibile ma sempre con i piedi per terra, educata, bella, simpatica e un po’ imbranata. Tutte bellissime caratteristiche, ma non la rendevano un’ideale irraggiungibile? Come abbiamo spiegato, in parte sì. E lo possiamo riscontrare anche nel modo in cui la Disney trattava le sue attrici.
La fama di Hannah Montana ha contribuito, infatti, a spalancare le porte del mondo di Disney Channel, mostrandoci quei lati oscuri che teneva nascosti. Miley Cyrus si è sempre sentita prigioniera nelle strette maglie della casa di Topolino, intenta a creare immagini angeliche di ragazzine prodigio. Ma lei non era così. Ha dovuto indossare una maschera che non le apparteneva e che, come è successo ad altre sue colleghe, l’ha quasi distrutta tra crisi d’identità, abuso di sostanze stupefacenti e scandali di vario tipo. Uscire da quel luogo ha permesso a Miley Cyrus di trovare sé stessa, anche se ci ha messo tanto, dimostrando che lei è semplicemente umana, come tutti noi; contribuendo, assieme ad altre attrici, a rendere rilevanti tematiche che la Disney trattava con troppa facilità – sì, erano pur sempre gli anni 2000 e non c’era la sensibilità di oggi – e ad aprire la strada a rappresentazioni più inclusive.
Oggi, però, Miley Cyrus ha fatto pace con la sua Hannah in una meravigliosa lettera che termina così:
“Hai tutto il mio affetto e la mia gratitudine. Averti potuto dare vita in quei sei anni è stato un onore. Sono in debito non solo con te, ma a tutti coloro che hanno creduto in me fin dall’inizio. Hai tutta la mia lealtà e il mio apprezzamento. Davvero, grazie di tutto”.
Infatti, la serie non ci lasciato solo cose negative, o comunque da migliorare, e Miley Stewart non è solo questa supereroina moderna divisa tra due mondi.
Hannah Montana tratta senza ipocrisie i classici temi adolescenziali (soprattutto il rapporto tra coetanei e familiari), ma anche altri che non sono scontati. Oltre alla centralità che ha il concetto d’identità, la serie tv Disney Channel permette di riflettere sul prezzo della fama e sulla perdita della privacy: Miley, infatti, deve diventare qualcun altro per poter vivere un’infanzia normale; scelta che poi rischia di costarle tantissimo, compreso il college. Proprio grazie al suo biondo alter-ego emergono interessanti aspetti dello star system, come il fingere di essere in una relazione con qualcuno che odia solo per promozione, il pubblicizzare un profumo che non le piace o l’attenzione che deve porre nelle sue parole, perché i fan potrebbero imitarla e, ad esempio, smettere di mangiare sano. E non finisce qui. C’è il momento in cui Oliver confessa al personaggio di Miley Cyrus di essere invidioso di lei o quello dove quest’ultima fa la superiore dicendo di non badare all’aspetto fisico e poi non vuole uscire con un ragazzo più basso.
Importante, poi, è il modo in cui affronta il dolore di una famiglia di fronte alla perdita, in questo caso, della madre/moglie – alla quale Miley dedica la bellissima I Miss You. Se ci pensiamo, è un argomento profondissimo per uno show di Disney Channel.
Bellissimo è, poi, il rapporto tra Miley e Robbie, le cui interazioni sono autentiche proprio perché sono padre e figlia anche nella realtà. Esemplare è, a questo proposito, la canzone che il primo scrive per la seconda nell’episodio intitolato “Sono abbastanza grande, papà”, mentre scorrono reali foto e video di Miley Cyrus da piccola assieme al padre. Altrettanto bello è il legame d’amicizia tra la protagonista di Hannah Montana e Lily Truscott, mostrato da ogni lato senza essere troppo smielato: nonostante all’inizio Lily non abbia una trama vera e rientri nel cliché dell’amica goffa e maschiaccio, nel corso dello show il loro rapporto viene abbastanza approfondito, tanto che alla fine sono come sorelle. Anche se le interazioni più divertenti sono quelle che la giovane Stewart ha con il fratello Jackson, entrambi sarcastici e simpatici, sebbene il più delle volte le situazioni presentate tendano al demenziale.
Paradossalmente, se da un lato Hannah Montana propone il solito stereotipo disneyano di femminilità, dall’altro affronta con leggerezza il tema dell’accettazione di sé.
Canzoni come Who Said, Ordinary Girl e Nobody’s Perfect dicono alle più piccole che possono diventare quello che desiderano, che possono essere coraggiose e spaventate allo stesso tempo, che non è necessario essere perfette perché, dopo uno sbaglio, c’è sempre la possibilità di rimediare e di correggere gli errori. Oramai diventati adulti siamo consapevoli di quanto questa sia un’illusione, ma in fondo è quello che ci aspettiamo da uno show di Disney Channel, ovvero una rassicurante utopia. E, alla fine, sono proprio le canzoni il lascito più importante di Hannah Montana: dalle più rockeggianti come Let’s Do This e le country come Hoedown Throwdown (e la sua spettacolare coreografia) alle più mature come la bellissima ed emozionante The Climb, fino alla più simbolica The Best of Both Worlds, usata come sigla e che, oltre a descrivere il dualismo Miley/Hannah, è un inno al divertimento attraverso il quale la serie tv fa pure autoironia.
Insomma, tutto questo è Hannah Montana e, nel bene e nel male, la porteremo sempre felicemente nel cuore. Non ci resta nient’altro da aggiungere, se non:
“You get the best of both worlds
Chill it out, take it slow
Then you rock out the show”