Folie à deux.
Il mondo di Hannibal è una dimensione spirituale che d’improvviso perde contatto con la realtà, trascinandoci altrove, nella sua testa, nella sua libertà d’espressione.
Hannibal è una folie à deux.
Dove personaggio, ambiente e spettatore sono risucchiati nel tempo e vivono in una situazione parallela a quella originale.
Hannibal, è, in ogni sua prospettiva, un disturbo psicotico condiviso. Una malattia temporanea per lo spettatore, quanto eterna per i protagonisti come Alana Bloom. Il luogo della dannazione e della manipolazione che difficilmente resta ignorato. Lo confermano le scene nello studio di Hannibal, intense, meravigliose, vestite di una strana calma. Invadono tutto, completamente, dall’ambiente alle persone che ne vivono l’interno. Lo scambio di sguardi e di frasi all’interno dei dialoghi sembrano fare da guida per una psicosi, che lentamente viaggia e fa da sottofondo in ogni scena.
Ogni personaggio entrato in questo vortice, in apparenza equilibrato, è influenzato e influenza il messaggio grazie al quale la psicosi prende forma e continua a viaggiare.
Il contagio è veloce e intenso, passionale nella sua creazione e inevitabile nella sua destinazione. Aderisce a ogni personalità in maniera diversa, sviluppando deviazioni sempre varie e inquietanti.
Abbiamo già preso in considerazione ciò che ha portato Hannibal e Will Graham a essere l’uno parte dell’altro, ma manca qualcosa. O meglio, qualcuno. Un personaggio che, alle prese con la sua ingenuità iniziale, si riscopre più vicina al cinismo di Hannibal di quanto lei stessa si aspettasse.
Alana Bloom è sopravvissuta alla furia di Hannibal per diventare alla fine la sua più temibile avversaria. Ha trasformato magistralmente la compassione in desiderio di vendetta, stringendo un’alleanza con uno delle poche vittime sopravvissute di Hannibal. L’unione con Mason Verger non avrebbe comportato nessun fine specifico, se non quello di catturare il serial killer più ricercato dall’FBI. Entrambi vittime della fame di Hannibal, eppure completamente differenti, l’unica caratteristica che li accomuna è il loro passato.
Da questa alleanza viene fuori anche qualcosa in più: la vita e l’amore. Al di là della morte sfiorata, della vendetta, non rimane da sola. Questa volta non è Will né Hannibal a fare breccia nel suo cuore, ma qualcuno che conosce e riconosce la sua sofferenza. Margot Verger rende il loro rapporto unico, veritiero e ancor più solido e lo dimostra aiutandola nell’omicidio del fratello.
L’evoluzione del personaggio di Alana Bloom è ben visibile, ma impossibile da decifrare fin nel profondo, almeno all’inizio del suo cambiamento. Serve tempo per comprendere realmente le sue intenzioni.
Siamo testimoni della scomparsa totale dell’Alana Bloom del passato e della sua improvvisa quanto inaspettata trasformazione. Quello della psichiatra è un viaggio nella perdizione. Attraverso la psicosi condivisa diventa parte del tutto, e parte fondamentale dell’equilibrio delle cose. Si isola, vive all’esterno dell’azione principale, soltanto per far tornare il suo personaggio al centro dell’inquadratura una volta acquisiti cinismo e oscurità.
Per quanto si cerchi di rimanere fedeli alla propria idea di verità, il giusto sarà sempre più difficile da trovare e, il più delle volte, scomparirà del tutto. Alana Bloom sembra comparire nell’ultima stagione come un personaggio del tutto nuovo. Dimenticando finalmente il confine netto tra bene e male e abbracciandoli entrambi.
Non si tratta più di Will considerato come bene e Hannibal come male, ma di una dimensione inedita, sua e personale. Le sue relazioni del passato non sono altro che antipasti per quello che lei vuole realmente: una più fredda e gustosa vendetta.
É stata l’unica a non sporcarsi nelle prime stagioni, uno dei volti della Serie a non riuscire a vedere cosa c’era dietro ai rivoli di sangue che incorniciavano lo spettro di Hannibal e quello di Will.