Thomas Harris, quando scrisse Il Silenzio degli Innocenti, si ispirò a diversi serial killer per la figura di Hannibal Lecter. Tra questi, c’era anche Albert Fish, la cui storia è al tempo stesso macabra, surreale e inquietante.
Hamilton Howard Fish, detto Albert, nasce il 19 maggio 1870 a Washington da Randall Fish ed Ellen Howell. La coppia ha una notevole differenza d’età e Randall, alla nascita del figlio, ha già 75 anni. Ultimo di quattro fratelli (sopravvissuti), preferisce essere chiamato Albert come uno dei fratelli defunti.
Nella famiglia Fish, molti membri soffrono di disturbi mentali, tra cui due fratelli, la madre, uno zio e altri parenti stretti.
A soli 5 anni, Albert perde il padre per un infarto. La madre spedisce il bambino in orfanotrofio, dove riceve diversi abusi sia fisici che psicologici. Inizia presto a percepire le percosse come una forma di piacere, piuttosto che di punizione Nel 1880, Ellen trova lavoro e può togliere il figlio dall’orfanotrofio.
Nel 1882 inizia una relazione con un giovane fattorino del telegrafo che lo introduce alle pratiche dell’urofagia e della coprofagia. Non solo: è un voyeur che frequenta i bagni pubblici solo per vedere uomini denudarsi e scrive lettere anonime a carattere osceno a donne sconosciute.
Nel 1890 si trasferisce a New York, dove si prostituisce e stupra diversi ragazzini. Nel 1898 sua madre organizza per lui un matrimonio con Anna Mary Hoffman; dalla coppia nasceranno sei bambini.
Contrariamente ad Hannibal, Albert è un uomo rozzo e ignorante, cresciuto nella violenza e con infiniti problemi psicologici. Nel frattempo, lavora come imbianchino e continua a molestare bambini, anche piccolissimi. In questo stesso periodo, si appassiona alla mutilazione sessuale.
Viene arrestato per furto e sconta una pena nel carcere di Sing Sing.
Intorno al 1910 conosce il diciannovenne Thomas Kedden col quale inizia una relazione sadomasoschista. Non è chiarò quanto Kedden sia consenziente, considerato che è un minorato mentale. La relazione prende ben presto una tragica piega: Albert porta il ragazzo in una fattoria abbandonata dove lo tortura e lo mutila. Inizialmente vorrebbe ucciderlo, ma poi versa del perossido sulla ferita, l’avvolge in un fazzoletto imbevuto di vaselina, gli lascia dieci dollari e lo saluta con un bacio d’addio. Sale su un treno che lo riporta a casa e non farà nulla per conoscere la sorte di Thomas.
Nel 1917 la moglie lo lascia per un altro uomo e lui rimane solo coi figli. In questo stesso periodo, inizia a soffrire di allucinazioni uditive e, in un’occasione, si avvolge in un tappeto, sostenendo di compiere le istruzioni ricevute dall’Apostolo Giovanni.
Come se tutto questo non bastasse, Albert è anche un autolesionista: si conficca aghi e spilloni nel grembo e nell’addome, tanto che, dopo il suo arresto, le radiografie del suo bacino martoriato fanno il giro del mondo. Preferisce mangiare carne cruda, essendo un appassionato di cannibalismo, esattamente come Hannibal Lecter.
Nella mente malata di questo uomo problematico scatta qualcosa a partire dal 1919, perché inizia a uccidere, diventando un serial killer tra i più spaventosi della storia. Le sue vittime sono disabili o persone di colore, che ritiene inferiori, per cui la loro morte non avrebbe causato dolore a nessuno.
Poi, confesserà che è stato Dio che gli ha ordinato di uccidere bambini e indifesi.
Non è chiaro quante siano le sue vittime, dato che sostiene di averne uccise un centinaio. Ci sono, però, alcuni nomi certi: Grace Budd per esempio, una bambina di dieci anni, che scompare da casa e non fa più ritorno. Fish spedisce una lettera piena di errori alla madre della bambina nella quale confessa di averla uccisa e divorata. La lettera, nella sua sgrammaticata semplicità, è raccapricciante, perché racconta gli ultimi istanti di vita della bambina, inclusa la sua lotta per la sopravvivenza.
È comunque questa lettera che lo incastra e Fish viene arrestato subito dopo.
Ci sono altre vittime accertate, tra le quali Francis McDonnell, di nove anni, Billy Gaffney, di tre, entrambi orrendamente mutilati e divorati.
Durante il processo, che inizia l’11 marzo 1935, gli psichiatri che analizzano Albert riscontrano in lui svariate patologie: sadismo, masochismo, flagellazione, esibizionismo, voyeurismo, cannibalismo, urofilia, coprofagia, pedofilia, infibulazione e mutilazioni varie, tanto da farlo definire come “un fenomeno psichiatrico”.
Malgrado tutto questo, viene ritenuto sano di mente e riceve una condanna a morte. Il 16 gennaio 1936 muore sulla sedia elettrica di Sing Sing.
Le sue ultime parole sono:
Non so nemmeno perché mi trovo qui.
Rimane famoso anche per i soprannomi con cui è conosciuto: l’Uomo nero, il Lupo mannaro di Wysteria, il Vampiro di Brooklyn e Il Maniaco della Luna.
Hannibal era un serial killer metodico e organizzato, mentre Albert uno psicopatico dalla mente turbata, ma è chiaro che Harris si sia ispirato a lui per scrivere il suo personaggio.