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Hannibal e Bach

Hannibal
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Attenzione: l’articolo contiene spoiler su Mizumono, la puntata finale della seconda stagione di Hannibal.

 

Dalla sofferenza nascono le storie più vere. Il mondo di chi ha dentro il mondo. La vita di chi dentro ha l’astratto. È la distruzione che crea la bellezza, l’urlo silenzioso ma terribile della calma.

Sono i frammenti di vetro e pioggia che cadono insieme.
Composti e ordinati, cadono all’unisono su una storia che sembra già scritta. La rinascita di Hannibal comincia da qui, dall’atterraggio morbido e fitto dell’acqua sul corpo di una vittima. Non una delle tante, la prima di quella notte senza precedenti.

Sembra accadere tutto nella nebbia di un pensiero, come quando si rimette in piedi un ricordo: per quanto si cerchi di regalare nitidezza a ciò che non c’è, tutto continua a essere sfocato. È così che riusciamo a distinguere un ricordo dalla realtà. In questa notte è difficile persino riconoscere ciò che è reale, a questo punto la nebbia che fino ad allora era riuscita a coprire silenziosamente ma fedele la verità di Hannibal, adesso si sta diradando. Basta però un solo suono a strappare via la confusione.

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È la voce di Will che interrompe la pioggia, come per cercare di tornare indietro e cancellare la distruzione, di porre rimedio alla fatalità. Ma non smette di esistere, l’acqua continua a cadere, non muore mai, ma cambia. Lentamente, come lenta è l’Aria di Bach che avanza costante e dona calma al disastro. La pioggia diventa sangue, ormai è la verità che viene a galla. Quello che nessuno, o quasi, era stato in grado di capire sta accadendo, in quegli istanti infiniti che si sdraiano su un tempo dilatato. A essere spaventosa è la calma che scivola via dalla scena, non accenna ad accelerare, rimane distesa mentre le note si abbracciano e si accumulano.

Ogni riga del pentagramma che Hannibal ha costruito finora sta scivolando. Vanno tutte nella stessa direzione, convergono verso il basso in quella che sarà la resa dei conti. Prima di cadere, le note devono esistere ancora, un po’ di quella calma deve essere dall’altra parte della bilancia, lì dove l’equilibrio permette alla scena di non implodere, non ancora.

C’è un pezzettino di passato da affrontare, quello più importante. Lo scontro tra Will e Hannibal deve essere l’ultimo, è a questo che ci sta preparando l’Aria di Bach. Fa da sfondo alla tempesta delle parole, che come improvvise melodie spaccano il silenzio della realtà. Modificano lo spazio solo in una delle due dimensioni, l’altra continua a essere condotta da Bach e parzialmente coperta dalla nebbia dell’incredulità. Sono due realtà, ma una sembra più vera e possibile dell’altra, sono in contrasto ma terribilmente equilibrate. Se non ci fosse anche uno solo di questi due universi, l’implosione sarebbe inevitabile. Ma è la sofferenza che crea le storie più belle, e un’immediata distruzione non permetterebbe di crearle.

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Non passa molto tempo e le due dimensioni si incontrano, con apparente tranquillità in una persona. Abigail permette l’inizio dello scontro, è la calma che fa il suo ingresso nella tempesta.

È il rifiuto della soluzione proposta da Will, la tempesta non avrebbe dovuto far parte della fine.

“Tu saresti dovuto andare via.”

Tutto quello che Will avrebbe voluto era vedere la fine scivolare via nella calma. Eppure non sarebbe stato giusto, non per Hannibal, che persegue da sempre la perfezione del dualismo.

Solo un acuto, un leggero cambiamento di tono fa da perturbazione all’Aria. Tutto in quella parte della bilancia rimane, ancora una volta, sotto l’effetto della nebbia del sogno. La melodia continua a essere lenta, anche se ora più consapevole, mentre nell’altra dimensione tutto esplode, all’improvviso.

Hannibal mostra se stesso all’uomo che sarebbe potuto diventare un’altra parte importante del suo essere. Lo ferisce come a dire che è lui… la persona che vorrebbe che lo guardasse negli occhi, capire cos’ha e farlo smettere.
Farlo smettere di essere l’unico, il solo a potersi salvare.

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Ormai non ha più senso. Non la vita, non le parole. Tutto è diventato tutto, non c’è più distinzione tra i due universi. L’Aria è la colonna sonora del perdono di Hannibal a Will, è la calma che descrive il caos. L’equilibrio si spezza e il male emerge. La verità si sprigiona e si espande velocemente mischiandosi con il sangue delle vittime. Su Hannibal c’è tutto il suo peggio, le vite che ha tolto nel passato e quelle che in questa notte ha distrutto. Ma non c’è nulla che la pioggia non può lavare via. L’acqua fa rinascere, rimette al mondo e purifica. Anche Hannibal, che sotto la pioggia incessante ritrova se stesso, solo, unico, come lo è sempre stato.

Va via dal mondo che aveva creato con cura, mentre per chi ha lasciato indietro, la vita diventa sempre più un miraggio. È rinato e con lui anche la velocità del tempo che si era fermato in uno spazio infinito. Rinasce l’Aria che si allontana dal torpore, e dirada completamente la nebbia che impediva il naturale susseguirsi delle note.

Sembra un’altra vita quella del dopo. Ferma e stabile.
Viva, in un sospiro.

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