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Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 – La dura legge del gol

Hanno Ucciso L'Uomo Ragno 1x05/1x06, Max e Mauro negli studi di registrazione
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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06!!

La stagione dell’87/88 fu per l’Inter un fastidiosissimo pugno nello stomaco. Dopo essere stati buttati fuori dalle Coppe europee dall’Espanyol, i nerazzurri si classificarono al quinto posto in campionato, dietro Milan, Napoli, Roma e Sampdoria. Ad aprile uscirono sconfitti dal derby di Milano e, alla fine della stagione, guardarono Baresi alzare lo scudetto. Proprio al Meazza, a casa loro. In estate, Alessandro Altobelli, dopo dieci anni di colori nerazzurri, fece le valigie e lasciò Milano per bussare alla corte della Juventus. Quella dell’88/89 (la stessa in cui è ambientata Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06, appena andata in onda su Sky e disponibile su NOW) poteva configurarsi come un’altra stagione fallimentare per l’Inter di Trapattoni.

Poi, all’ombra della Madonnina, atterrò Lothar Matthaus, un centrocampista tedesco con gli zigomi alti e i denti bianchissimi. Quell’anno, l’Inter vinse lo scudetto con quattro giornate di anticipo, totalizzando 58 punti sui 68 disponibili e lasciando il Napoli distaccato in doppia cifra. E quando Matthaus la buttava dentro al 38º della ripresa e tutti cantavano e si abbracciavano perché lo scudetto era tornato nella Milano nerazzurra, Max Pezzali era la persona più felice del mondo.

Hanno Ucciso L'Uomo Ragno 1x05/1x06, Max e Mauro a Milano
Foto Credits: Lucia Iuorio

Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 parla di sogni sbiaditi e riafferrati a un passo dal precipizio, quando il brivido della felicità provoca una vertigine talmente forte che ci fa sbandare, barcollare, consumare a tentoni il terreno.

Quando la felicità è così ubriacante da dare alla testa, ci sono solo due modi per arginarne gli effetti: metterle un freno e schivarla, cedendo qualcosa in pegno. Oppure assecondarla, abbandonandovisi totalmente e lasciandola dominare, qualunque cosa accada. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 parte dal goal al 38º di Lothar Matthaus che consegnò di fatto la vittoria dello scudetto ai nerazzurri, nella primavera del 1989. Stava per iniziare la lunga estate caldissima degli 883, quella che avrebbe cambiato per sempre le vite di Massimo Pezzali e Mauro Repetto (che fine ha fatto quello reale?). Non me la menare aveva convinto Claudio Cecchetto a investire su due ragazzi di Pavia che raccontavano la vita di periferia.

La canzone aveva toccato le corde giuste, parlava la lingua della gente comune, dei ragazzi che alla fine degli anni ’80 adottavano inconsapevolmente il punk come stile di vita. Non me la menare metteva insieme le note giuste. Un inno all’anticonformismo ordinario, non quello delle grandi rivoluzioni culturali, ma quello della normalità che reclama i suoi spazi. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 è l’ulteriore conferma (ecco la recensione alle puntate precedenti) di quanto lo stile di Sydney Sibilia abbia saputo individuare le chiavi giuste per offrire al pubblico una piccola perla da gustare, tra nostalgici tuffi nel passato ed entusiastica voglia di futuro.

Foto Lucia Iuorio

Non me la menare rifletteva un certo modo d’essere dei giovani di quella generazione, per questo fu un successo.

Il singolo convinse al punto da spingere uno dei più celebri produttori discografici d’Italia a commissionare un album agli ermergenti 883. Ma se indovinare una canzone può essere questione di fortuna e convergenze positive, realizzare un disco è roba per talenti veri. E nessuno sapeva se Max Pezzali e Mauro Repetto lo fossero davvero, neppure loro. L’estate a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 poteva rappresentare la svolta per gli 883. Non me la menare sarebbe passata sulla radio nazionale, consegnando a Pezzali e Repetto (chi è l’attore che lo interpreta?) la stessa gloria che aveva reso Sandy Marton una meteora ionica con la sua People from Ibiza. Oppure, sarebbe stata il trampolino di lancio per una carriera davvero degna di attenzione.

La differenza l’avrebbe fatta la fortuna, certo. Ma il destino degli 883, più che dal caso e dall’allineamento dei pianeti, sarebbe dipeso fondamentalmente da loro. Dalla capacità di Max Pezzali e Mauro Repetto di tirar fuori qualcosa di realmente convincente.

Non si trattava più del gioco di due ragazzini a cui piaceva far musica. Non era più la tavernetta, non erano più accordi messi insieme come passatempo e testi abbozzati nella frenesia di dire qualcosa. Adesso si trattava della partita più importante di tutte. Quella che poteva consegnarti titolo e gloria eterna oppure lasciarti in balia degli avversari. Era dopotutto, la dura legge del goal. A volte fai un gran bel gioco, però se non hai difesa gli altri segnano e poi vincono. Max e Mauro vanno a vivere a Milano, in un appartamento condiviso con Rosario Fiorello e un numero indefinito di giovani modelle ogni volta diverse. Incidono le loro canzoni negli studi discografici di Radio Deejay, in equilibrio precario tra la fretta del successo e l’ansia di comunicare qualcosa di autentico.

Hanno Ucciso L'Uomo Ragno 1x05/1x06, Max e Mauro a Milano
Foto Credits: Lucia Iuorio

Come si stabilisce il confine tra ciò che vogliono sentire gli altri e ciò che vogliamo dire noi? Quale delle due cose è più importante? A che prezzo è giusto vendersi l’anima?

Il percorso creativo che ha portato alla realizzazione del primo album degli 883 è costellato di alti e bassi, di compromessi, della ricerca affannosa di un equilibrio. Fino all’illuminazione: le canzoni devono parlare di cose vere, non di una Ibiza vestita a festa nella quale non si è mai messo piede. Le canzoni devono parlare di noi e delle nostre banalissime vite che all’improvviso si accendono. Degli amici e delle loro menate, delle grida di tua madre che ti pesca nel cuore della notte ricordandoti che no questa casa non è un albergo. Del Jolly Blue che chiude i battenti, di Cisco che molla tutto per salvare la nostalgia, delle due discoteche e centosei farmacie che rendono paranoica una città.

Degli amici sfigati e dei muretti sui quali si costruivano i sogni. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 non solo non ha snaturato tutto ciò che la serie aveva provato a dire negli episodi precedenti. Ma ha fatto un ulteriore passo in avanti, innalzando il trampolino di lancio perfetto per il finale della settimana prossima. Sono due puntate sui sogni, sulla caparbietà con la quale si inseguono e sul destino che ci costringe ad abbandonarli. Non tutti i sognatori alla fine vincono. Alcuni restano incagliati tra le ragnatele della vita. Come supereroi a cui hanno tolto i poteri. O come quei fuoriclasse dall’estro geniale e dal piede fatato che però appendono gli scarpini al chiodo.

Hanno Ucciso L'Uomo Ragno 1x05/1x06, Silvia e Max
Foto Credits: Lucia Iuorio

È la vita in cui ciascuno di noi è impelagato. È la dura legge del gol, quella per cui puoi fare il gioco migliore, quello più spumeggiante e sprizzante, ma se agli avversari concedi anche una sola ripartenza, loro te la buttano dentro.

I veri cowboy però non mollano, se gli spari loro si rialzano. Il destino può rallentarli però i cowboy non mollano. E che siano pistoleri col cappello in testa, supereroi in costume o un Lothar Matthaus ispirato al 38º, poco importa: alcuni sogni vanno rincorsi fino allo sfinimento. Fino alla nausea. Con il rischio di prendere gol al novantesimo. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 è un episodio di treni che aspettano e di treni che sfrecciano via. Di vagoni vuoti e scompartimenti affollati. Un episodio che ci insegna che la felicità non la fa tanto la frequenza con cui certi treni passano, nelle stazioni della vita. È il modo in cui si sceglie di salire a bordo che decide dove stiamo andando.

E il treno su cui Max Pezzali e Mauro Repetto salirono, nell’estate della fine degli anni Ottanta, somigliava a quello che aveva portato Lothar Matthaus alla corte di quella Inter che avrebbe conquistato il suo 13º scudetto in una stagione praticamente perfetta.

Perché è vero che in tanti ci han deluso e col sorriso dopo l’uso ci hanno buttato. Ma se siam rimasti uniti, senza fot***ci mai. E se sull’amicizia e sulla lealtà ci abbiam puntato pure l’anima, allora abbiamo tutto il diritto di viverli fino in fondo, i nostri sogni. Allora dalla polvere del Jolly Blue pronto a risorgere a nuova vita, Cisco può fare un sorriso e dirlo: “Noi abbiam capito tutto, è un po’ come nel calcio”. È la dura legge del gol: gli altri segneranno però che spettacolo quando giochiamo noi. Perché non molliamo mai e quindi cosa importa chi vincerà perché in fondo lo squadrone siamo noi.

Sydney Sibilia ha tirato fuori davvero una gran bella serie dal suo straordinario repertorio. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno è un omaggio non tanto – e non solo – alla storia degli 883, ma alla generazione che si è fatta grande negli anni ’90, a prescindere dal fatto che abbia ascoltato le loro canzoni oppure no. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno 1×05/1×06 è una scatola dei ricordi che, una volta aperta, ci risulta difficile richiudere. Per cui godiamoci fino alla fine quei cimeli affissi in bacheca che all’improvviso tornano a parlarci. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno ha il sapore di una stagione di calcio che ci ha fatti felici e inconsapevoli di quella stessa sciocca e inebriante felicità. Per questo ci piace così tanto. E per questo, la settimana prossima, come tutte le cose belle, ci dispiacerà che sia finita.

Nel frattempo e nell’attesa, potreste dare un’occhiata alle nostre pagelle di terzo e quarto episodio.