Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di High Fidelity
Da una storia di Nick Hornby non ci aspettavamo certo un prodotto che non fosse molto umorale e passionale. Proprio come il libro da cui trae ispirazione, la serie tv High Fidelity (qui i motivi per vederla, se ancora non lo aveste fatto), che vede Zoe Kravitz come protagonista, è una serie dalle mille sfaccettature. Fatta, quasi tutta, di contrasti e complessità interne a se stessa. E forse è proprio questo che la rende speciale e unica, anche se tratta da un testo già esistente. Il libro omonimo di Nick Hornby aveva come protagonista un uomo, ossessionato da una vita troppo frenetica ma allo stesso tempo troppo statica. Distrutto dall’amore ma anche ammaliato da esso.
Così anche Rob (che forse volutamente ricorda un nome maschile), la protagonista di High Fidelity, si muove su una scena newyorkese che le sta stretta ma che allo stesso tempo la intrappola.
Il mondo che la circonda è quello della musica, dal lavoro al piacere, e infatti la colonna sonora di High Fidelity è una delle meglio studiate e più congeniali degli ultimi anni. Rob è la proprietaria di un negozio di vinili, oggetto tornato di moda più per la sua estetica che per la sua autentica e innegabile bellezza sonora. Rob sembra vivere in una città tutta sua, dove le contraddizioni che la segnano sembrano essere molto personali.
E lo sono. Ma hanno il pregio e il difetto di essere anche molto universali. Rob è la nostra protagonista e di conseguenza il punto di vista prediletto è il suo. Per noi è congeniale, perché riusciamo a vedere con i suoi occhi cosa significa essere continuamente su quel filo, in equilibrio tra una scelta presa d’istinto e una sicurezza andata in frantumi. Ma il suo punto di vista si espande quando si parla d’amore, soprattutto. A Simon, suo ex amante e collega, e a Cherise, amica e collega. I ragazzi vivono la città e il quartiere in modo attivo, la musica in modo libero e liberatorio, e l’amore in modo bizzarro. Come sono loro. Ma Rob, più di tutti, fa un lavoro di costanti contrasti che vivono in lei, e che la portano a porsi tante domande e a darsi ben poche risposte.
Proprio come la sua protagonista, incasinata e confusa, la serie tv è stravolgente ma anche passionale, caos ma anche razionalità: è molto rock ma è anche molto pop.
Perché in fondo un po’ di pop non ha mai fatto male a nessuno e, nel caso di High Fidelity, è sicuramente congeniale al coinvolgimento del pubblico.
Complice la rottura della quarta parete, lo spettatore viene coinvolto nelle scelte di Rob che però non abusa del suo potere e del suo punto di vista. High Fidelity utilizza sì l’espediente della rottura della quarta parte, ma con molta moderazione. Solo laddove serve davvero rimarcare qualcosa o sottolineare un’emozione. Un altro contrasto sul quale vale la pena soffermarsi. Rob parla col pubblico ma non è davvero interessata all’opinione di qualcuno che non sia la sua. Sembra spesso voler coinvolgere gli altri nelle sue decisioni, ma altrettanto spesso finisce per ignorare qualsiasi suggestione per preferire il suo istinto. Nel gioco di contrasti continui che è High Fidelity, la sua protagonista si pone come il centro attorno al quale girano tutte le contraddizioni presenti. Rob è molto determinata e indipendente ma è anche molto insicura e paurosa degli ostacoli che la vita può metterle davanti. Sa di poter stare da sola ma sa anche che sente un forte bisogno di avere qualcuno accanto. Adora la sua solitudine ma a tratti le pesa più di qualsiasi altra cosa. E la serie segue esattamente il suo andamento, ponendoci di fronte a un prodotto fatto perlopiù di contrasti disseminati in modo lineare.
Tanto da risultare assolutamente coerenti con se stessi e con la storia che portano avanti.
Perché il gioco di opposti su cui si muove High Fidelity non è per niente scontato.
Si parte dalla musica stessa, una delle protagoniste della serie tv, che è lavoro ma è anche piacere per Rob. La musica è sostentamento economico ma anche divertimento. È una cosa seria, ma anche una passione indiscutibile. Per arrivare ai personaggi secondari: Simon è dolce, leggero, umile; Cherise è innamorata di se stessa, sicura di sé, sferzante. Fino ad arrivare ai compagni di Rob, che sono uno dei fili conduttori della narrazione. Sono tutti molto diversi tra loro, e ognuno di loro racconta un pezzo di Rob. E tutti, hanno una forte componente di unicità che ci dice molto più su Rob che su di loro. A tirare le fila c’è sempre Rob, che oscilla continuamente tra un egoismo sfacciato e una malinconica dolcezza. Racconta la sua vita allo spettatore con ironia ma anche con molta tristezza, come a voler sottolineare la dualità della cosa. La sua vita è scandita dalla musica, dai rapporti coi suoi partner, dai suoi amici e dal suo lavoro, ma anche dalle delusioni amorose, dalle bugie e dagli sbagli.
Rob fa delle contraddizioni una caratteristica del suo carattere; non potrebbe essere chi è senza di esse. E lo riscontra in tutto: in primis nel suo modo di porsi con le persone che la circondano, ma anche e soprattutto con lo stesso ambiente che la circonda. Una New York scanzonata, che sembra vivere nel passato, ma anche troppo nel futuro. Un ambiente musicale malinconico che si delinea in tanti riferimenti musicali ma che fa fatica ad accogliere le nuove leve. La stessa Rob, nostalgica di un certo tipo di modo di fare musica, allontana in maniera ironica ma anche dissacrante una giovane promessa della musica da club. Ma allo stesso tempo, aiuta due ragazzini che rubano nel suo negozio di dischi. High Fidelity, così come la sua protagonista, non smette mai di stupire.
La serie tv High Fidelity, esattamente come la sua protagonista Rob, è umorale e altalenante. È imprecisa e molto severa. È puntuale ma anche molto confusionaria.
Ma soprattutto è lo specchio dell’ambiente in cui si trova, del mondo in cui si muove, dell’epoca in cui si delinea. E Rob ne è una diretta conseguenza, neanche troppo difficile da captare.
Forse lo scopo di High Fidelity è l’amore. Potrebbe essere plausibile che il fine ultimo della narrazione della vita di Rob sia la ricerca dell’amore, più che l’amore stesso. Ma siamo costretti a parlare al condizionale perché High Fidelity non ci dà mai delle certezze, esattamente così come Rob non avrà mai una stabilità (e anche per questo è una serie particolarmente unica). Pensiamo sia ancora innamorata di Mac, ma poi ci contraddice e sceglie Clyde. Ma Clyde non sceglie lei (la persona giusta nel momento sbagliato). Pensiamo possa essere libera e indipendente, ma poi la vediamo vacillare alla prima vera emozione. Come se cercasse in tutti i modi di allontanarsi da un mondo e da una società che le impone qualcosa di cui non può fare a meno. Insomma, la Rob di High Fidelity ci dimostra quanto sia labile l’equilibrio umano, soprattutto quando in campo ci sono le passioni, le emozioni, l’amore.
Rob ci racconta, attraverso un rapporto di amore e odio con lo spettatore stesso, che le contraddizioni in fondo sono umane e che non è necessario risolverle sempre. Si possono accettare, purché si scelga di vivere un po’ in bilico.
High Fidelity, da questo punto di vista, è un ottimo esercizio alla sopportazione: delle intemperie, degli ostacoli, dei malintesi, delle pulsioni, degli altri esseri umani. Sempre con un ottimo sottofondo musicale.