È proprio vero che da un romanzo si può ricavare un’immensa quantità di materiale anche per il cinema, senza per questo rinunciare a originalità e stile. High Fidelity ne è il perfetto esempio. Se nel 2000 Stephen Frears aveva già utilizzato l’omonimo romanzo di Nick Hornby per portare sul grande schermo la storia di Alta fedeltà attraverso l’analisi degli errori e dei rimpianti di Rob Gordon (interpretato da John Cusack), nel 2020 Hulu ha deciso di dare un volto e un passato nuovi a Rob sul piccolo schermo, attraverso 10 godibilissimi episodi. Questa volta è Robyn Brooks la proprietaria del Championship Vinyl, con la bellissima Zoë Kravitz a vestire i panni di una donna alle prese con l’ennesima delusione amorosa.
A partire da lei, dal suo stile a tratti trasandato ma cool, dalla sua capacità di apparire a proprio agio sia all’interno di maglie e giacche oversize che con indosso canotta e pantaloncini attillati, non è difficile capire perché High Fidelity trasudi stile dalla prima all’ultima puntata.
Zoë non era nuova al mondo di Alta fedeltà visto che sua madre, la meravigliosa attrice Lisa Bonet, aveva recitato nel film del 2000 accanto a John Cusack, ma ha voluto dare tutta se stessa a questa serie, portando idee e novità alla trama. Ha messo molto di sé nel carattere di Rob, risultando per questo davvero naturale e mai forzata nella recitazione e dimostrando di saper trasportare perfettamente lo spettatore anche solo con la sua presenza e il suo sguardo diretti alla telecamera.
Già dai primi minuti del pilot abbiamo un assaggio della piega che prenderà High Fidelity.
Così come Phoebe Waller-Bridge in Fleabag, anche in questo prodotto di Hulu la protagonista della serie si rivolge direttamente agli spettatori, facendo in mille pezzi la quarta parete, quella che divide la sua storia dalla nostra, come per dirci “Ehi, prestate molta attenzione a ciò che dico perché al posto mio potreste esserci voi“. E High Fidelity ha inizio così, senza giri di parole, andando dritta al punto della situazione, presentandoci un personaggio con molti interessi, ma anche con un profondo e inestinguibile desiderio di essere amato, per quanto sia spaventato a morte da questa eventualità.
L’intrigante, bellissima e incasinata Rob ci trasporta a capofitto nella sua vita, fra una normalissima giornata di lavoro nell’antiquato negozio di dischi quasi sempre vuoto di cui è proprietaria e in cui lavora insieme ai suoi amici a ritmo di musica, alle sue terribili insicurezze. Tutto sullo sfondo di una Brooklyn dall’atmosfera calda e accogliente, che ci fa desiderare di averla vissuta come ha fatto lei. Locali familiari, insegne luminose dai colori intensi. Ogni cosa sembra voler ricordare a Robyn i momenti in cui è stata felice con Mac e con i suoi amori precedenti. Quindi, il suo percorso a ritroso all’insegna della scoperta di sé e dei motivi che l’hanno portata a mettere la parola “fine” a tutte le sue storie passate sono ciò che la spinge a scavare nel passato e a ricontattare, dal primo all’ultimo, le cinque persone che più di tutte le hanno spezzato il cuore.
Rob non smette nemmeno per un secondo di farci empatizzare con lei.
Attraverso le scelte che compie (sbagliate e non), riconosciamo in lei qualcosa di estremamente familiare, magari gli stessi dubbi e le stesse paure che ci hanno spinto ad agire in un determinato modo. Rob ha dovuto imparare a stare da sola e a fare i conti con le conseguenze di tali scelte, affrontando le giornate con il cinismo che la contraddistingue, ma contando sempre sulla sua musica. Sì, perché alla fine il vero amore della protagonista di High Fidelity sembra essere proprio la musica. I brani che ascolta corrispondono agli stati d’animo in cui si trova, alle persone che incontra e alle emozioni contrastanti che queste suscitano in lei.
I dischi che ama vendere e quelli che conserva gelosamente nel suo appartamento sono parte della sua anima, sono ciò che la definisce e la rende così speciale e contribuiscono a rendere prezioso e unico il suo stile. Con la musica si possono comunicare cose che a parole sarebbe impensabile esprimere, ogni playlist contiene un frammento di ciò che siamo, dei nostri sogni, delle nostre paure. Le note di cui Rob si ciba continuamente sono anche la sua arma più potente contro il mondo e uno dei pochi modi per riuscire a conquistarla nel profondo. La sua cultura musicale è un tassello fondamentale per la costruzione di questo imperfetto personaggio.
Le ambientazioni e lo stile vintage, nonché la variegata colonna sonora (da Dreams dei Fleetwood Mac a Lovin’ You di Minnie Riperton, per passare a Modern Love di David Bowie e poi ancora a Right On di Marvin Gaye) rendono questi 10 episodi carichi di generi e sensazioni diverse. Dal primo all’ultimo minuto della serie si capisce che non è solo attraverso la storia che Rob ci racconta che dobbiamo imparare qualcosa, ma anche e soprattutto attraverso la musica che ci fa ascoltare e che ogni volta associa a una sensazione differente.
Robyn Brooks ha costruito la colonna sonora della propria vita con i suoi brani preferiti, ma spetta a noi decidere quali inserire nella playlist che accompagnerà noi lungo la strada. A volte basta una nota per farci sentire a casa, perché anche quando ci sembra di essere soli, non lo siamo realmente. La musica accompagna sempre i nostri pensieri.