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Carrie e Quinn danno vita a Homeland. Di nuovo

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Questa recensione contiene spoiler sulla 6×03 di Homeland!

Breathe

Ancora una volta, la frase in risalto di questa settimana viene fuori da una conversazione tra Carrie e Peter. Questa volta facciamo però riferimento ad una sola parola. Si inizia proprio da qui, da una delle conseguenze che Quinn affronta dopo aver visto il filmato che lo ritrae alle prese con il Sairin ed i suoi effetti.
Breathe è l’esortazione che dà il via alla puntata e che la conclude, un po’ come la frase della settimana scorsa. È l’input dell’episodio, che invita alla calma, all’equilibrio. Si trasforma poi in qualcosa di più fisico quando Saul consiglia a Nafisi di rilassarsi e riprendere fiato dopo un pugno allo stomaco. E, infine, ‘breathe’ segna il concludersi della puntata. Quinn, forse schiavo di se stesso e della sua paura del passato, sta per intraprendere una logorante battaglia contro un fantomatico nemico. CALMA QUINN, RESPIRA!

homeland carrie

Siamo ancora in attesa della vera e propria esplosione, ma per ora si stanno costruendo tutte le basi.

Dar Adal e le sue manie di onnipotenza da una parte, Carrie che fa da consigliera alla Presidente dall’altra, per non parlare del venir meno all’accordo sul nucleare degli iraniani. Tutto questo, probabilmente molto presto, confluirà in una missione di ampio raggio, che coinvolgerà tutti, o più semplicemente, farà cambiare la nostra prospettiva sull’intera questione.

Carrie è in una fase di stallo, ma pian piano dà i primi segnali di una volontà di azione. Abbiamo assistito a una sua resistenza passiva nel primo episodio; con il passare delle puntate il personaggio si sta però evolvendo in qualcosa di molto più conforme alla sua personalità.
Ha bisogno di risolvere le situazioni di persona, mettendoci la faccia e agendo d’impulso: è sempre stata così, non ha mai aspettato che le cose succedessero, ha sempre fatto sì che succedessero per sua volontà. Ci siamo!
È quello che dimostra nel caso di Sekou, scende in campo a costo di perdere il controllo dell’intero caso, ed è proprio quello che accade.

Tutto ha luogo in funzione di Carrie. Se lei è in equilibrio, tutto in Homeland prende posto ordinatamente.

Basta però che Carrie muova una sola pedina perché l’intera scacchiera cambi improvvisamente.

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Stiamo aspettando quel solo movimento e Homeland comincerà a prendere la direzione da cui poi non potrà più tornare indietro. Ed ecco perché le cose sembrano andare a rilento, non è semplice scoprire le carte una ad una e dare un inizio al dinamismo a cui siamo stati abituati, c’è bisogno di entrare completamente nella trama, tanto da esserne risucchiati e totalmente circondati.

A quel punto sarà molto più terrificante e realistico essere sputati fuori.

La mia speranza è che Homeland non stia cambiando, ma che ci stia semplicemente introducendo in qualcosa di terribilmente potente e suggestivo, che necessita di essere costruito lentamente e con cura.
Sarà Carrie a dare inizio a tutto questo, è lei il personaggio più potente, è lei la giocatrice più esperta. Ed è quello che dimostra facendo da consigliera per la Presidente.
La scorsa settimana ci eravamo lasciati con una speranza: di rivedere presto un rapporto leggermente più agevole tra Carrie e Peter.
Di sicuro è inatteso quanto sorprendente quello che Peter cerca di fare.
Assieme a Quinn siamo stati respinti anche noi, ma la reazione di Carrie era decisamente prevedibile.

Quello che Carrie vorrebbe è esattamente quello che Peter non sta facendo. Per quanto lei gli sia vicino, non basta. Forse l’unico evento che cambierebbe in meglio le cose sarebbe una sola, semplice, intera giornata passata insieme. In modo tale da far, in qualche modo, riconnettere le menti e i cuori.

Sarà interessante approfondire la nuova missione di Peter. Non credo di aver capito bene quale possa essere la sua prossima mossa, ma nel tempo abbiamo imparato a fidarci di lui e delle sue intuizioni.
Un’altra possibilità è quella che vede Quinn come paranoico, ed è molto più plausibile, ma nulla è ancora detto.

Homeland, s06e03 Carrie

Dall’altra parte del mondo, Saul tenta di scoprire quali intenzioni abbiano gli iraniani attraverso i conti bancari di Nafisi (che per un attimo ho creduto fosse Prandelli).
Questa volta è Saul ad uscire dai confini della nazione. Almeno all’inizio, ricopre il ruolo che fino ad ora era stato di Carrie.
Finalmente scopriamo qualcosa della sua famiglia, e finalmente torniamo a parlare di Mira (ancora non mi riprendo dalla sua uscita di scena, spero ancora di poterla rivedere).
Parlare del suo passato, di Mira in particolare, dà vita ad un insolito collegamento con il passato della serie, con le stagioni precedenti, come se fosse un preciso desiderio degli autori sottolineare quanto importante sia definire le situazioni che hanno portato Homeland ad essere quello che è adesso:

Capitolo Dar Adal.
Di solito i cattivi sono affascinanti, ma Dar… neanche un po’!
Quello che fa è sempre più meschino e quello che dice lo è persino di più, se possibile:


Eh si, lui è una spia all’antica, origlia le conversazioni private tra Carrie e la Presidente degli Stati Uniti d’America con un’antichissima attrezzatura in un’antichissima auto. Tutto molto interessante e antichissimo, ma non ci siamo proprio.

Di conseguenza, il problema non è di chi ti fidi tu, il nocciolo della questione è che nessuno dovrebbe fidarsi di te Dar!
Ma questo è un discorso che si doveva già affrontare un paio di stagioni fa…

Voto alla cattiveria: 8 e mezzo.

Non resta che aspettare con ansia la prossima puntata, nel mentre…

respirate!

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