2010. Fresca vincitrice di un Emmy come miglior attrice protagonista per Temple Gradin – Una donna straordinaria, ruolo per il quale vincerà l’anno successivo anche un Golden Globe e un Screen Actors Guild Awards, Claire Danes firma il contratto per la registrazione del pilot di Homeland, la serie prodotta da Showtime. Di questo progetto, però, si sa ancora poco tanto che gli annunci dati dai magazine online citano il nome della protagonista della serie di spionaggio chiamandola Carrie Anderson.
Homeland e Claire Danes sono una precisa scommessa di David Nevins, allora neopresidente di Showtime Entertainment il quale, in seguito, ha dichiarato: “il volto della protagonista andava scelto tra Maria Bello, Robin Wright e Halle Berry e Claire Danes. Ma dopo i provini non abbiamo avuto dubbi in merito e scegliemmo Claire. Anche perché era fresca vincitrice di un Emmy, desiderosa di intraprendere un progetto televisivo a lungo termine e… nelle prime bozze della sceneggiatura la protagonista, invece di chiamarsi Carrie si chiamava Claire“. Un evidente segno di buon auspicio per quella che è considerata una delle più belle, intense e interessanti serie televisive trasmesse negli ultimi venticinque anni.
Nelle intenzioni di David Nevins c’è la necessità impellente di portare in televisione il progetto l’anno successivo, 2011, primo decennale dell’attacco alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington DC. Gli autori, allora, iniziano a definire i personaggi, in particolar modo quello di Claire Danes. Si tratta di un ufficiale di alto livello della CIA, un agente segreto particolarmente dotato che non guarda in faccia nessuno per perseguire il suo obiettivo, in questo caso scoprire se Nicholas Brody, interpretato da Damian Lewis, sia o meno passato al nemico dopo la prigionia di otto anni in Iraq. Carrie Mathison, ora finalmente col suo cognome ufficiale, è una schiacciasassi ma assomiglia dannatamente troppo al Jack Bauer. Niente di strano del resto: i due autori, Howard Gordon e Alex Gansa, hanno lavorato proprio alla serie con protagonista il personaggio interpretato da Kiefer Sutherland, 24. Per ovviare a questa esagerata somiglianza gli autori e i dirigenti della rete hanno discusso lungamente su come rendere la protagonista di Homeland un personaggio unico, indimenticabile, complicato e complesso.
Quando viene girato il pilot gli autori non hanno idea se il prodotto avrà successo o meno. Si rendono conto però, durante le riprese, di aver creato un personaggio straordinario, dal potenziale stupefacente e unico. Un personaggio difficile, apparentemente intricato e certamente contorto. Un personaggio articolato e ricco di sfaccettature ma già maturo, pronto, cui non manca nulla praticamente nulla. Carrie Mathison non è, come capita spesso, un work in progress. No, lei è già fatta e finita e lo si intuisce fin dalle prime scene. Ma soprattutto nell’incontro col suo mentore Saul, interpretato da Mandy Patinkin, in un cortile interno tra gli edifici della CIA, lontani da orecchie indiscrete. La chimica tra i due attori è di quelle potenti. Insieme sono eccezionali. Lei, soprattutto, con quell’intensità nello sguardo azzurro e quella mimica facciale contrita e spigolosa, semplicemente eccelsa. Indimenticabile.
Proprio così: la Carrie Mathison interpretata da Claire Danes ti colpisce fin dalla sua prima apparizione (che poi è la prima in un contesto civile e non in mezzo alla polvere di una prigione in Iraq). Da come si muove dentro casa sua. Da come si lava i denti guardandosi allo specchio. Da come seleziona una pastiglia da prendere invece che l’altra. Entra nell’appartamento vestita con un elegante abito da sera corto. La possiamo osservare mentre si cambia e intanto ci chiediamo da dove venga, dove abbia passato la notte. Nel riflesso dello specchio si guarda aggrottando la fronte, assumendo quella tipica espressione che le vedremo fare sovente quando è immersa nei suoi pensieri. Carrie Mathison è magnetica, possiede una forza e un carisma che ci arpionano dentro e con uno strattone ci trascinano a lei. Ci prende con sé portandoci in giro per il mondo mentre compie cose indicibili per la ragione di stato fregandosene del nostro giudizio. È un personaggio così forte da farsi amare, certo. Ma anche da farsi odiare con altrettanta passione. Un personaggio valutato tra i migliori femminili apparsi sullo schermo televisivo negli ultimi vent’anni. E tutto questo grazie all’interpretazione di Claire Danes.
Inizialmente l’attrice americana non era convinta di essere la persona giusta per impersonare Carrie Mathison. Pur avendo già interpretato un ruolo delicato come quello di Temple Gradin, una delle più famose personalità con diagnosi di spettro autistico, l’idea di interpretare una agente dei servizi segreti affetta da disturbo bipolare l’aveva messa in difficoltà. La paura di Claire Danes era che il disturbo venisse usato con leggerezza e come un espediente magico che l’aiutasse a risolvere i problemi della CIA. A furia di parlarne con gli autori e i produttori, alla fine si è convinta e proprio la malattia psichiatrica è diventata il suo punto di forza tanto da ricevere il plauso delle associazioni di psichiatria americane e quelle dei parenti di persone affette dal disturbo che l’hanno pubblicamente ringraziata per aver mostrato, seppure con le dovute licenze creative e gli adeguati adattamenti televisivi, le difficoltà e la sofferenza di milioni di americani ammalati.
Per preparare la sua interpretazione l’attrice ha letto molta documentazione, seguito diversi seminari tenuti da professori e medici e parlato con professionisti. Ma il grosso, lo confessa lei stessa in diverse interviste, l’ha capito attraverso i social, seguendo in particolar modo video su Youtube caricati proprio da persone affette dal disturbo bipolare le quali raccontavano come vivevano le diverse fasi della malattia.
La protagonista di Homeland non ha mai negato le grandi difficoltà avute nell’interpretare Carrie. L’intensità che il personaggio le richiedeva l’hanno spesso portata a un passo dall’abbandonare il progetto. Ma, lo dice lei stessa, non avrebbe mai sopportato l’idea di vederla interpretata da qualcun altro al posto suo.
Il lavoro effettuato per realizzare l’agente della CIA non si è limitato a quello legato al suo bipolarismo, però. Claire Danes è entrata in contatto con diversi funzionari della più celebre agenzia spionistica e ogni anno, insieme agli autori, ha passato diverso tempo a chiacchierare con loro per cercare di comprendere i subdoli meccanismo dell’oscuro mondo dello spionaggio. Di anno in anno durante questi incontri l’attrice ha ricevuto sempre più complimenti che arrivavano, con l’arricchirsi delle trame, anche da ambienti politici e militari importanti come il Dipartimento di Stato e quello della Difesa e persino dallo Studio Ovale. A una delle annuali White House Correspondents’ dinner, cena che la Casa Bianca offre ai giornalisti corrispondenti, Claire Danes, presente tra gli invitati, ha avuto modo di incontrare il presidente Obama e la First Lady, Michelle, i quali si sono dichiarati grandi fan della serie e congratulati con lei per la sua bravura.
Bravura che, al di là dei complimenti di un presidente degli Stati Uniti, ha fruttato all’attrice due Emmy, due Golden Globe, due Online Film & Television Association, tre Satellite Awards, un Screen Actors Guild Awards e un Television Critics Association Awards senza contare le svariate nomination. Premi e candidature non sono arrivati tutti insieme, però, ma ben distribuiti durante le otto stagioni che hanno reso Homeland un caposaldo della televisione.
Dopo le prime tre stagioni, con la chiusura della questione Brody, la serie si è dovuta rinnovare e una nuova sfida è stata lanciata dagli autori alla protagonista. Carrie ha una bambina, figlia del burrascoso amore con il sergente dei Marines. Ma di questa figlia non ha alcun interesse. Anzi, in una scena, mentre le sta facendo il bagnetto, medita di affogarla. Per fortuna per la bambina Carrie ha la giusta lucidità per abbandonarla alla sorella e tornare a fare il suo terribile lavoro, in mezzo agli intrighi che le sono più congeniali.
Apparentemente il personaggio di Carrie è piuttosto comune: tormentato, insofferente, incapace di gestire i rapporti umani. Quanti ne abbiamo visti così? Ciò che la rende grandiosa e totalmente diversa da tutti gli altri è proprio la potenza recitativa di Claire Danes, capace di infondere nel personaggio uno sbalorditivo mix, perfettamente equilibrato, tra forza e debolezza. L’attrice cammina costantemente sul filo del rasoio diretta verso la metà, cercando di sconvolgere il suo pubblico. Lo fa con una intensità tale che, in certe scene, fa accapponare la pelle risultando persino disturbante. Non dà mai tregua, nemmeno quando le porte dell’ appartamento all’interno dell’Ambasciata in Pakistan, si chiudono e potrebbe finalmente riposarsi. L’espressione di Claire Danes è sempre accesa, attiva, mai spenta e fa intuire come il cervello del personaggio non riesca a prendere un momento di pausa nemmeno per sbaglio.
Con Claire Danes nei panni di Carrie Mathison non c’è possibilità di siglare un armistizio. Prende o lasciare, tertium non datur, e guardare Homeland, soprattutto dalla quarta stagione in poi, può diventare una esperienza difficoltosa proprio per via della sua protagonista e delle sue reazioni, superficialmente considerate troppo esagerate tanto da esser diventate oggetto di sfottò e meme. Su internet, infatti, girano diverse GIF di lei che piange, con il suo caratteristico labbro inferiore sporgente e tremolante, gli angoli della bocca piegati all’ ingiù e lo sguardo ferito e supplicante. Una presa in giro alla quale l’attrice ha risposto con una risata divertita e una considerazione basata proprio sull’impetuosità di certi sentimenti: “è vero, Carrie ha emozioni spesso sopra le righe e sovente piange. Sono, però, reazioni forti che appartengono e caratterizzano un personaggio costantemente bombardato dalla cruda realtà che la circonda: il lavoro e la sua malattia, continuamente presenti nella sua vita“.
Quasi che gli autori si fossero divertiti a infliggerle le peggiori pene, le situazioni nelle quali Carrie Mathison viene buttata, senza rete di protezione, sono enormi e spesso fonte di incredibile frustrazione. Lei è più intelligente della media dei suoi colleghi e le sue intuizioni quasi sempre azzeccate. Ma nessuno l’ascolta o comunque tutti hanno la tendenza a farlo quando le cose sono già andate in malora. Carrie sopporta questo peso nel corso delle otto stagioni priva di quella dignità e quel distacco, tutti finti, che caratterizzano le altre spie. E la spia che Claire Danes ci restituisce sullo schermo è umana e non riesce a essere impassibile di fronte all’inevitabile. Fa tesoro dei suoi errori o, peggio, se ne frega bellamente reagendo con la tipica rabbia di chi, posto di fronte a un errore, cerca di ribaltare la situazione a suo favore facendo la voce grossa. Trova, raschiando il fondo del barile, quelle briciole di forza che le permettono di andare avanti e concludere il suo dovere. Senza fermarsi mai. Fino all’ultimo minuto. Fino all’ultima inquadratura.
Abbiamo amato e odiato Carrie Mathison. Da un eccesso all’altro senza soluzione di continuità. Abbiamo pianto, tanto, e gioito, poco, con lei. Abbiamo avuto paura di lei e per lei ma da lei siamo stati salvati. La potenza di questo personaggio è tutto nella sua interprete. In una intervista l’attrice americana ha detto di aver imparato molto nel dare vita alla protagonista di Homeland. Facendo un’attenta analisi dei 96 episodi ha sottolineato che, una volta entrata nel personaggio, quello che inizialmente le appariva difficile non lo era più. I continui alti e bassi ai quali era sottoposta da parte degli autori, anzi, le sono sembrati divertenti da interpretare e la costante tensione a cui il suo personaggio era sottoposto una sfida persistente da superare.
Nei confronti di Carrie, Claire Danes ha provato un infinito amore che si vede a occhio nudo sullo schermo mentre la interpreta. Con la fine della serie, però, l’attrice ha detto di aver avuto bisogno di un periodo di pausa. Non tanto per ricaricare le batterie quanto per poter prendere coscienza della maturazione nel suo essere attrice: “sono passati nove anni dalla prima puntata e mi sento molto diversa. Sono cambiata com’è cambiata Carrie. La nostra è stata una crescita di pari passo, giorno dopo giorno. Le sarò eternamente grata“.
Come noi saremo eternamente grati a Claire Danes per averci fatto conoscere e vivere uno dei più grandiosi personaggi che la televisione abbia mai prodotto nella sua storia.