La terza stagione di House of Cards ci lascia con una parola, pronunciata dal protagonista: “Claire”. Infatti, sembra proprio che la tormentata relazione fra Frank e Claire Underwood sia giunta al capolinea. La stagione, oltre ad entrare nei meandri del rapporto di Presidente e First Lady, lascia una serie di questioni aperte che cercheremo di analizzare per capire cosa potrà effettivamente succedere nelle prossime 13 puntate.
Inevitabilmente lo sviluppo del rapporto Frank-Claire dopo quello che è successo è l’aspetto che suscita la maggiore curiosità. Infatti, a tenere col fiato sospeso è soprattutto il non sapere cosa Claire farà, dopo aver preso la così importante decisione di lasciare il marito. Un modo di vedere la cosa potrebbe essere aspettarsi ancora più spazio per questo personaggio; i risvolti dunque possono essere molteplici. Suggestiva ma complicata la possibilità che decida di concorrere politicamente contro Frank, nonostante le primarie lo abbiano visto per ora vittorioso solo nel primo Stato (Iowa): questo coinciderebbe con quella forte ambizione che la donna ha sempre dimostrato e quel bisogno di centralità che la figura del marito ha per anni soffocato. Forse più probabile (ma anche più banale) è l’eventualità che Claire decida di “distruggere” suo marito, rivelando particolari in pubblico che denudino Frank per il criminale che in realtà è (autodistruggendo però se stessa, visto che era a conoscenza di molti eventi).
La possibilità più remota sembra il loro tornare insieme: lo strappo è stato feroce (si ricordi il discorso di Frank alla fine della scorsa stagione che ha probabilmente convinto Claire a lasciarlo), ma nel mondo pieno di falsità, ipocrisia, apparenza di HoC una relazione di facciata non sembra un’utopia.
Di conseguenza, è interessante capire come Frank reagirà ad un affronto simile; lo sviluppo del personaggio nelle tre stagioni lo ha portato ad essere (se possibile) sempre più cinico, spietato, ambizioso e avido di potere, aumentando una spregiudicatezza di base già presente. Bisognerà vedere se ad un evento simile reagirà con indifferenza (e quindi avrà realmente ragione lui quando diceva di essere diventato presidente contando solo sulle sue forze) oppure se per la prima volta vedremo il castello di certezze di Frank Underwood iniziare a scricchiolare.
Altra questione lasciata in sospeso è il filone Doug–Rachel; per quanto ci sia una quasi totale sicurezza sul fatto che Rachel sia morta (il corpo che Doug copre di terra sembra proprio quello della ragazza), non si sa se questo evento avrà conseguenze dal punto di vista legale: la premiata ditta Doug-Frank è stata finora maestra nel nascondere i propri reati, ma in questo caso l’hacker Gavin potrebbe forse giocare un ruolo decisivo.
Per quanto sia l’oggetto più importante di tutta la serie, la politica sembra fare più da sfondo che da elemento di primo piano (a differenza della prima stagione e di parte della seconda, che forse sono state apprezzate di più della terza proprio per un minore approfondimento delle relazioni fra i personaggi e un maggiore risalto dato ai piani di Frank). Eppure ci sono primarie da vincere, una politica estera con la Russia da gestire, e soprattutto la sfida con i Repubblicani alle porte; una speranza può essere quella di rivedere la politica emergere maggiormente rispetto all’ultima stagione, in cui Frank è sembrato troppo impegnato a decidere come difendersi da qualsiasi azione esterna invece che essere egli stesso l’autore di attacchi decisi. La capacità di indagare le profondità psicologiche dei personaggi e di non dimenticare il ruolo della politica è nelle corde della produzione di questa serie, ed è stato dimostrato; una maggiore importanza di Claire e una potenziale sconfitta politica di Frank sono elementi che, se ben diretti, potrebbero eccellentemente intrecciarsi dando vita ad una stagione all’altezza delle prime due e migliore della precedente.