Ogni giorno è la solita storia. Ti imbatti in un contenuto qualunque su George R.R. Martin e i commenti sono sempre gli stessi: “Sì, ma i libri?”. Esce “Fire and Blood”, romanzo da cui è tratta House of the Dragon? “Bello, ma i libri?”. Martin commenta una qualunque opera sul blog? “Pensa ai libri”. George R.R. Martin lavora a un’altra serie tv? “Concludi i libri, suvvia”. Ogni giorno è la solita storia, da anni. E vogliamo pensare che sia altrettanto nella sua quotidianità. Martin va a fare la spesa per comprare i piccioni con cui fare gli iconici sformati di Game of Thrones? Il commesso: “Buon appetito: accompagni la digestione scrivendo i libri”. Va a bere un caffè al bar? “Gradisce anche un’ammazzacaffè? Oppure deve correre a scrivere quei libri? Perché prima o poi li scriverà, vero? Vero?”.
Persino a casa, dai.
Ci piace immaginarlo mentre prepara una romantica sorpresa di San Valentino a sua moglie. Una cena a lume di candela in una stanza contorniata di rose, magari. E l’unica reazione della sua amata sarebbe questa: “Anche oggi si scrive domani, vero Giorgione?”...
… no dai: sembrano una bellissima coppia, così a occhio.
Insomma, l’avete capito: il più grande successo di George R.R. Martin è ormai diventato il suo incubo peggiore.
Oppure, legittimamente, se ne frega e potrebbe non terminare mai i libri da cui è tratta Game of Thrones. In ogni caso, io non ci sto più: perché riempire di insulti e malumori uno degli scrittori migliori della nostra era? Perché farlo per il solo fatto che abbia lasciato a metà per un trentennio una saga amata da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo? No, non ci sto. Proprio per questo, ho deciso di scrivere a una lettera a George R.R. Martin in cui gli ho espresso la massima solidarietà e il più profondo affetto. Voi, d’altronde, non avete mai lasciato qualcosa a metà? Sicuramente sì, con un’unica differenza: potrebbe non essersene reso conto nessun altro.
Lettera semiseria a George R.R. Martin da un fan che gli vuole bene lo stesso.
Egregio signor Martin,
Le scrivo questa lettera per esprimerle il massimo affetto nei suoi confronti. Sono Antonio Casu, un autore dal discutibilissimo talento che si diletta con le recensioni e le pagelle ironiche dedicate alle sue opere. E sono, prima di tutto, un suo accanito lettore: ho letto un po’ tutto quello che ha scritto nel corso della sua lunga e gloriosa vita, anche le sue liste della spesa. A tal proposito, le volevo chiedere: ma nel piccione all’acqua pazza ci vanno i pachino? Vabbè, sto divagando.
Comunque, io non rientro nella schiera dei lettori avvelenati con lei. Quelli che vorrebbero conoscere, dopo giusto trent’anni, il vero finale delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Ma Stannis muore sul serio, alla fine? Davvero Daenerys farà pentire le migliaia di persone che hanno chiamato le proprie figlie con denominazioni varie a lei dedicate? Sì, ok, vorrei saperlo pure io, in realtà. Ma non voglio scompormi eccessivamente: tutto quello che è stato fatto resta, ed è giusto che lei si prenda il suo tempo.
Visto che ci sono, però, vorrei lasciare alcuni appunti.
Le serve per caso un dizionario dei nomi, per Natale? Perché sarei ben disposto a spedirgliene uno, ovunque lei viva. Ogni volta che scrivo quelle strane pagelle, vado un po’ in apnea. Davvero si può infilare, nella medesima opera e nel medesimo arco temporale, una Rhaenyra, una Rhaenys e una Rhaena? Io fino a Daenerys ci sono stato: era circondata da Ned, Robb, Jon, Jaime e varys altri nomi (mi scusi), quindi ci stava. Ma coi Targaryen ha obiettivamente esagerato: dodici Aegon che creano un macello per le successioni varie e per quelle belle storielle del Principe che fu Promesso? Troppini, ne converrà. Jaehaerys, fratello di Jaehaera, e Jacaerys? Mi viene il mal di testa. Arryk ed Erryk, due fratelli gemelli che si scannano e finiscono per essere lasciati ad ammazzarsi tra loro perché nessuno sapeva distinguerli?
È, obiettivamente, un atto indicibile. Prima di tutto, nei confronti di chi deve riportare questi nomi nei suoi pezzi. E lo so, non è un suo problema, ma dove sono finiti quei bei nomi di una volta? Che so: al prossimo giro, perché non chiamare Jacaerys… Giacomino? Mi scusi, sto divagando di nuovo. E poi, cosa sono questi alberi genealogici tanto intricati? Noi ci abbiamo pure provato a fare un po’ di ordine per ricostruire le varie parentele tra i personaggi di House of the Dragon, ma a un certo punto siamo andati un po’ in confusione e ci siamo sentiti come un Jon Snow qualunque.
Insomma, a parte questo è tutto ok. Anche se…
… che problemi ci sono con questi matrimoni? Perché farli fallire malamente? Perché ammazzare tutti, ogni volta? Lei, così, mi fa desistere: vorrei tanto sposarmi, ma chi mi dice che non si presenteranno pure i Lannister all’appuntamento? Chi lo pulisce, poi, tutto quel sangue? Io non capisco, davvero: il suo sembra un matrimonio fantastico e compone una coppia deliziosa con la sua deliziosa moglie, quindi perché? Non lo so. Non lo so davvero. Ma in ogni caso, signor Martin, io devo comunque ringraziarla caramente: lei non ci ha regalato solo un’incredibile ciclo di romanzi, ci ha regalato un’idea di mondo. Un’esperienza unica e irripetibile, con personaggi unici e irripetibili. Lei è riuscito a far amare i fantasy pure a chi i fantasy li aveva sempre detestati, perché le sue opere hanno una forza universale ed espressiva che permettono di comunicare con chiunque in modi sempre efficaci.
Io devo ringraziarla: senza la sua visione e la sua creatività non sarebbe nato niente di tutto questo. E a quel punto no, nessuno si sarebbe mai arrabbiato con lei.
Prenda la frustrazione dei fan come un atto d’amore inarrivabile, finché non esagerano. L’espressione massima di affetto, seppure trasmesso spesso in modi discutibili. Tutto il mondo le vorrà sempre un gran bene, ma ha pure una gran paura: potremmo mai accettare l’idea che una delle migliori opere letterarie degli ultimi trent’anni possa concludersi… con un’incompiuta? Una meravigliosa storia d’amore… interrotta sul più bello? Dovremmo davvero accontentarci di un finale di serie con mille problemi, in alternativa?
No, dai: siamo disposti a tutto pur di convincerla. Arriverei, addirittura, a dirle che quel cappellino da ferrotranviere che porta sempre con sé le stia da dio, si figuri. Ci provi, dai. Oppure faccia due cose, in alternativa: ci dica di non volerlo fare, perché lo capiremmo benissimo. Lo capisce, soprattutto, chi scrive abitualmente: l’ansia da prestazione sul finale è una bruttissima bestia. Oppure, smetta di farci credere nell’idea che prima o poi li finirà sul serio, se così non dovesse essere: ci dica solo che i libri saranno conclusi quando saranno conclusi, invece di illuderci ciclicamente. Ecco, questo è quanto: se mai dovesse leggere questa lettera, mi dovrà scusare per averle rubato dei minuti che avrebbe potuto dedicare… tipo… ai libri da concludere, ma era necessario farlo. Io, in ogni caso, le voglio bene lo stesso.
Con affetto,
Antonio Casu.
P.S. Si ricordi di mandarmi la ricetta per il piccione: non lo cucinerò mai nella vita, ma sono curioso.
P.P.S. Dodici Aegon? Seriamente?
P.P.P.S. Comunque scriva davvero, se ne ha voglia.
Antonio Casu