**Attenzione, seguono SPOILER sulle prime due puntate di House of the Dragon e di Game of Thrones**
L’esordio sordo e brutale di House of the Dragon si è rivelato una partita sanguinosa giocata per l’eredità. Il passaggio di testimone con la serie madre non poteva permettersi errori. E non ce ne sono stati. Il primo episodio del prequel, contrariamente alle aspettative, ci ha stupefatto e, allo stesso tempo, ha segnato due record. Il primo è sul fronte degli ascolti, il secondo è su quello dello shock: le Nozze Rosse hanno trovato un degno erede. O rivale? The Rogue Prince, il secondo episodio, ha un ritmo più lento rispetto al Pilot. Niente sesso. Nemmeno particolari scene truculente, granchi che banchettano a parte. Dopo un inizio tempestoso ed emozionante come una giostra medievale, Ryan Condal e George R. R. Martin cambiamo registro e optano per una partita a scacchi, rilassata tanto quanto quelle tra Stati Uniti e Unione Sovietica in piena Guerra Fredda. Sulle nostre tavole è arrivato un secondo episodio più composto – cioè privo di quegli eccessi che hanno già alterato gli stomaci più delicati che non hanno digerito il “Nozze Rosse bis” – ma non per questo noioso. Tutt’altro. La calma è solo apparente. Sotto i bisbigli, le pose ieratiche e gli aggrottamenti di sopraccigli in stile Succession, lo scacchiere ha preso fuoco. La lotta per la successione è iniziata in pompa magna, ed è inquieta come magma. Lo scacchiere è affollato e le pedine si muovono in maniera imprevedibile, per accaparrarsi le alleanze necessarie. Il complesso ingranaggio di tradimenti, sotterfugi e accordi in famiglia ha iniziato a girare, e sta già soddisfacendo – e forse superando – le premesse inaugurate dal Pilot.
Siamo tutti pedine, vince chi muove sé stesso.
Rhaenyra non ci sta. Non pensavamo di poter provare più orgoglio per un Targaryen di quanto ne provassimo già per Daenerys (ottava stagione a parte). Non si tratta di sterili confronti. Qui si parla di eredità che la seconda puntata di House of The Dragon continua a onorare alla grande. L’erede che nessun uomo vorrebbe far sedere sul Trono di Spade, Rhaenyra, ha iniziato a giocare secondo le proprie regole. Ha preso il suo drago e ne ha cantate quattro al Re, al Primo Cavaliere e a suo zio. Non importa che la figlia di Re Viserys (Paddy Considine) sia la più qualificata per abilità strategiche e intelligenza, per temperamento e coraggio, e perché cavalca dei c***o di draghi. La vedono come una misura di tamponamento; un’irritante “quota rosa” da tenere occupata finché il Re non avrà messo al mondo un erede maschio. Può generarlo con chiunque, anche una dodicenne, purché si dia una mossa.
Sei mesi dopo…
Scritto ancora una volta da Ryan Condal, la regia placida e livida di The Rogue Prince (1×02) passa invece a Greg Yaitanes (Lost, Prison Break). Sono trascorsi sei mesi dalla morte della regina Aemma, e del primogenito, e dalla nomina di Rhaenyra a erede legittima. La situazione ad Approdo del Re è più scivolosa che mai. C’è un posto in meno a tavola nella Fortezza Rossa e le Stepstones, una sacca di isole a sud di Approdo del Re, sono infestate dai pirati e dai granchi. Una lega guidata da un principe ammiraglio di Myr, Craghas Drahar il “Crabfeeder”, e supportata dalle Città Libere che minaccia le rotte marittime di Westeros.
Il Re però non vuole – o non sa come – intervenire: la guerra va evitata finché è inevitabile, dice. Viserys è cauto, non vuole rischiare di provocare le Città Libere. Ma la sua non è saggezza. Con la brocca di vino in mano, Rhaenyra ha già dimostrato di avere più stoffa del padre. Il Re rifiuta di inviare una flotta, come pretende con veemenza Lord Corlys Velaryon (Steve Toussaint), il quale è impaziente, ambizioso e pericoloso. Non a caso è soprannominato “Sea Snake”. Come se non bastasse, dopo essere stato diseredato, Daemon Targaryen (Matt Smith) ha fortificato Dragonstone. Si è rifugiato insieme alla sua amante ex schiava-prostituta, Mysaria (Sonoya Mizuno), e si sta preparando a insorgere, supportato da migliaia di guerrieri fedelissimi pronti a infilzare l’infilzabile.
Anche in questo caso sia il Consiglio che Rhaenyra propongono di prendere dei provvedimenti, ma Viserys temporeggia. L’unica cosa che riesce a fare, a quanto pare, è il suo amatissimo plastico, e ferirsi con il trono. La sua goffaggine sopperisce all’assenza di una linea ironica. Tutti gli mettono pressione. Il Piccolo Consiglio lo spinge a risposarsi per il bene della stirpe reale. Un eventuale matrimonio, con tanto di erede maschio, metterebbe a rischio lo status di Rhaenyra, alla quale intanto assegnano dei compitini di riempimento. Come quello di scegliere il nuovo cavaliere per le guardie del Mantello Bianco. Furba, seleziona ser Criston Cole (Fabien Frankel), disobbedendo a Otto. Ha scelto un dorniano non nobile che aveva già adocchiato sei mesi fa, l’unico ad aver combattuto in una vera battaglia nonché colui che ha messo a tappeto Zio Deamon durante il torneo.
Intanto la cugina del Re, the “Queen Who Never Was” (Eve Best), ha finalmente trovato uno spiraglio per riprendere il suo piano di rivalsa. Bene, invece di supportare Rhaenyra – una donna che finalmente ha ottenuto “il privilegio” di essere considerata come (ancora possibile) regnante – la principessa Rhaenys le rema contro per scopi di rivalsa. È disposta perfino a sacrificare la figlia dodicenne. La passeggiata tra Re Viserys e la piccola Lady Laena (Nova Foueillis-Mosé) è raccapricciante, forse quanto la scena del parto. La piccola è stata già istruita dai genitori, con la rassicurazione che in caso di matrimonio dovrà dormire con il marito “solo” dopo il compimento dei 14 anni. Il matrimonio unirebbe le famiglie più potenti di Westeros. L’unione con una delle casate Targaryen tra le più prospere sembra essere quindi la mossa più sicura. Soprattutto perché è meglio avere come alleati i coniugi Velaryon.
Daemon è una testa calda. Lo sapevamo. Ma arrivare a rubare l’uovo di drago appartenuto “all’erede per un giorno” per spingere suo fratello a venire a Roccia del Drago con l’inganno è un atto troppo insolente. Rhaenyra si offre personalmente di far ragionare suo zio. Viserys però non la considera e manda Otto Hightower (che Daemon ha soprannominato “la carogna”). Torniamo così in quello scenario suggestivo e ruvido di Dragonstone. Roccia del Drago, l’isola vulcanica nel Mare Stretto nonché sede ancestrale di Casa Targaryen. Tra l’atmosfera nebbiosa e le due fazioni schierate è facile prevedere il massacro. Invece Rhaenyra arriva a far tremare l’isola a bordo del suo drago, Syrax. Ma la scossa viene più che altro dalle sue doti diplomatiche. Recupera l’uovo con successo e senza spargimenti di sangue, ma fa arrabbiare il padre. La disobbedienza della quindicenne è la cosa più soddisfacente del nuovo capitolo. Davanti alle sue abilità però il Re non riesce a essere arrabbiato.
Questione di tradimenti
La seconda puntata di House of the Dragon è un magnifico intreccio di archi narrativi che si sviluppano tra equilibri sottili, tradimenti e accordi. Se l’alleanza malefica dei secondogeniti ci ha sorpreso (Principe Daemon-Lord Corlys Velaryon), la decisione finale di Viserys di prendere in moglie Lady Alicent Hightower (Emily Carey) ci ha spezzato il cuore. Non solo il Re ha firmato la sua condanna, mettendosi contro Corlys – il quale farebbe di tutto per proteggere la marina – e dato sostanza alla pretesa alla successione di Daemon, ma ha tradito la sua unica figlia. Un doppio tradimento liscio e senza ghiaccio. In primo luogo perché suo padre, con il quale Rhaenyra aveva appena avuto uno scambio sincero di opinioni, aveva deciso insieme alla figlia di sposare la piccola Lady Laena. Una decisione amara, ma necessaria.
In secondo luogo perché la figlia di ser Otto Hightower – cioè l’unica amica sincera di Rhaenyra, per la quale la principessa nutre un affetto genuino – ha tenuto nascoso alla sua Signora gli incontri con il padre. Un atto imperdonabile che scommettiamo avrà delle ripercussioni gigantesche. Tranne Otto, che gongola, sono tutti sconvolti: il momento è critico e segna un punto di non ritorno. Con una fine sconvolgente, l’episodio si è rivelato ancor più intenso e godurioso del primo. Pur essendo privo di sangue, il prequel mostra già il suo personalissimo carattere, sempre più vicino a Succession e a The Crown, sempre meno fantasy. Eppure c’è una nota stonata. La grande assente del Pilot si è palesata: la sigla è tornata con una grafica insanguinata e fantasmagorica, ma conserva lo stesso tema musicale della serie madre, il Game of Thrones Main Title Theme scritto da Ramin Djawadi. Perché questa scelta infeconda? House of the Dragon meritava la sua personalissima impronta musicale!
House of the Dragon ci mostra come si scrivono dei personaggi femminili “veri”
Delusione per l’intro iniziale a parte, le soddisfazioni piovono impetuose anche nel secondo episodio. I personaggi femminili di House of The Dragon sono senz’altro l’elemento più riuscito della nuova fatica di Martin, Fuoco e sangue. Lo scrittore ci aveva già dato dimostrazione di sapere come dar loro copro e anima, slegandole da luoghi comuni e convinzioni di vario genere. Come ha fatto in Game of Thrones, anche qui è riuscito a tratteggiare delle personalità a tutto tondo che parlano con voce propria. E non una voce maschile. È riuscito a carpire l’inquietudine di Alicent, che si morde le unghie ma esegue gli ordini del padre, e in poche scene ha offerto una rappresentazione diversa e onesta della maternità. Ci ha regalato Mysaria, alla quale non interessa il potere: è stata venduta così tante volte che non ricorda da dove viene e ora vuole solo smettere di aver paura. House of The Dragon ha già reso evidente quanto una società di stampo patriarcale sia svantaggiosa per tutti quanti. Ma soprattutto, come mette le donne l’una contro l’altra, come fa Rhaenys Targaryen con la principessa.
La “Regina che non fu” mostra una ferita inguaribile, è amareggiata, ma continua ad accettare quelle stesse regole ingiuste che la infastidiscono e che non sa come cambiare. Ma più di ogni altra cosa, Martin e Condal sono riusciti a creare una protagonista femminile concreta che muove con determinazione la propria pedina all’interno di uno scacchiere in cui è in netto svantaggio. La frustrazione di Rhaenyra per le scelte degli uomini, che la vedono come una “principessa da proteggere” e non come la persona capace e meritevole che è, appare evidente agli occhi di qualunque spettatore. Insomma, la lotta per la successione si è tinta di rosso. Le atmosfere nebbiose e tormentate ci incollano alla sedia. La narrazione intricata e sottile, giocata sui dettagli, sui non detti, è ipnotica. Il rapporto conflittuale, tenero e a tratti erotico, tra la principessa e lo zio preannuncia delle grandi soddisfazioni. L’insurrezione di Daemon è ufficialmente iniziata. Così come è nata un’altra protagonista magnetica, tanto quanto la Madre dei Draghi.
La scena dell’ingresso della principessa a bordo del drago è maestosa. Milly Alcock è maestosa (Emma D’Arcy riuscirà a onorare il lavoro fatto dalla versione più giovane?). No, a Rhaenyra Targaryen non va proprio giù “l’ordine delle cose”: il vino versatevelo da soli.