Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su House of the Dragon 2×02.
Amore. Amore e morte, insieme. L’impulso alla creazione della vita si contrappone al caos dell’autodistruzione, generando contrasti che si disvelano nelle contrapposizioni dei due volti della medesima medaglia. Amore e morte come Eros e Thanatos, protagonisti a loro modo di House of the Dragon 2×02 attraverso le azioni e le reazioni dei vari protagonisti. Al di là del principio di piacere, come evocherebbe Freud. Amore e morte, sintesi ideale di un episodio in cui il medesimo fattore che aveva caratterizzato il precedente ha avuto un ruolo centrale, seppure a parti invertite: il lutto e la metabolizzazione, forieri di derivazioni che accolgono il dolore nei modi più disparati, parlando una sola lingua anche quando la comunicazione è ormai divenuta impossibile.
La Danza dei Draghi si rivela allora tra le righe di una sofferenza incolmabile, nella quale tutti interpretano un ruolo che non avrebbero voluto, indossando una maschera tragica che cela il sentimento dietro l’azione. E la fragilità dietro un’apparente forza, manifesto del significato che ogni guerra porta sempre con sé. Danzano, i draghi. E la danza diviene sempre più sfrenata e incontrollabile dai singoli soggetti di un inesauribile dramma, devastati nel buio di una stanza chiusa al resto del mondo.
Procediamo allora per punti, alla ricerca del filo che unisce ognuna delle storyline di House of the Dragon 2×02.
La metabolizzazione di un lutto
Il fattore che connette fortemente il primo episodio al secondo è uno, su tutti: la metabolizzazione del lutto. Lucerys, prima. Jaehaerys poi. Un incidente dopo l’altro – ci torneremo – e una sola conseguenza: ognuno dei protagonisti si ritrova a dover gestire un silenzio assordante tra i frastuoni del conflitto imminente. House of the Dragon 2×02, al pari del primo, evidenzia sapientemente ogni canonica fase di gestione del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. Lo fa attraverso ognuno dei personaggi, con un elemento di continuità pressoché inevitabile in una situazione del genere: la metabolizzazione necessita di tempo e spazio. Più il lutto è vicino più chiede a tutti di fermarsi, per un attimo. Reagire attraverso una prospettiva soggettiva, graduale e mirata alla ricomposizione di uno scenario razionale.
Questo lusso, tuttavia, non è concesso ai genitori e agli eredi di questa drammatica avventura: il peso delle responsabilità impedisce una sana gestione del momento, portando a un’esplosione d’umanità che affronta l’incalzare degli eventi con una deriva senza fine.
Una deriva che si ritrova negli elementi chiave della puntata, qui esposti:
- Eros e Thanatos
- La fede e la scienza
- La coscienza e l’incoscienza
Eros e Thanatos
- Rhaenyra e Daemon
“Vi sono individui che nella loro vita ripetono sempre, senza correggersi, le medesime reazioni a loro danno, o che sembrano addirittura perseguitati da un destino inesorabile, mentre un più attento esame rivela che essi stessi si creano inconsapevolmente con le loro mani questo destino. In tal caso attribuiamo alla coazione a ripetere un carattere ‘demoniaco'”.
Così parlava Freud nel 1920 all’interno del già citato saggio Al di là del principio di piacere. Ed è inevitabile pensare, immediatamente, a Daemon Targaryen. Ogni sua azione è il manifesto dell’affermazione del celebre psicanalista, e si riflette soprattutto nell’intenso dialogo che intrattiene con Rhaenyra nel corso di House of the Dragon 2×02. Un dialogo breve, ma intenso: mentre la Regina ritrova negli occhi dell’amato compagno il seme della discordia, l’egoistica tendenza all’autodistruzione che rende impossibile ogni potenziale ponte, Daemon si apre e rivela al mondo il senso della sua deriva.
Non bastano le timide giustificazioni né la volontà di scaricare ogni responsabilità sui sicari da lui ingaggiati per uccidere il nemico: l’obiettivo ultimo di Daemon non era Aemond, bensì il caos.
Dopo aver cavalcato con un pretesto il senso delle volontà di Rhaenyra, ipocritamente appoggiate da un uomo che non vuole altro se non essere accettato per il mostro che è, toglie la maschera. E lo fa indossandone un’altra, negando di aver dato l’ordine per l’uccisione di un bambino in alternativa al diretto responsabile della morte di Lucerys. Rhaenyra, tuttavia, non crede alle parole di Daemon: lo affronta a viso aperto, trovando dall’altra parte una barriera insuperabile. E la consapevolezza che l’impurità del loro amore superi di gran lunga i vincoli del sangue: è principalmente connessa all’incapacità di far coesistere esigenze e visioni, distorte e strumentalizzate da Daemon per i suoi interessi.
L’unico potenziale esito del dialogo, è una reale assenza di dialogo: Rhaenyra si ritrova stretta in una presa mortifera dall’uomo che ama, lucidamente. Consapevole di tutto ciò, non sa ancora respingerlo: è lui a fuggire, lasciando dietro di sé le ceneri di un mondo da distruggere prima che sia il mondo a fare la stessa cosa con lui. Non è la prima volta, d’altronde: come certifica in seguito la conversazione tra Rhaenyra e Mysaria, l’uomo è portato a errare dentro un loop infernale, quasi fosse il figlio prediletto di un destino imponderabile.
- Alicent e Cole
“Sembrerebbe proprio che il principio di piacere si ponga al servizio delle pulsioni di morte”.
Ancora Freud. Ancora l’amore che abbraccia la morte nella tossica reciprocità di contraddizioni insanabili.
Eros e Thanatos si ripresentano in scena dentro ogni espressione degli impulsi di Criston Cole e Alicent Hightower, legati da una relazione che non conosce altra verità al di fuori di un senso di libertà: l’amore, però, non è niente di tutto ciò. Il piacere è, nel loro caso, un’espressione di dolore e di sofferenza, legata agli eventi e alla disfunzionale visione di Rhaenyra, ormai nemica giurata della coppia.
Alicent e Cole, protagonisti di una relazione che ha fatto storcere il naso a gran parte del fandom di House of the Dragon, non condividono mai un momento di vera intimità sentimentale: è un momento di liberazione fisica, l’espressione di un impulso che si connette alla sola natura animale. L’amplesso è la fuga da una realtà che la donna non sa affrontare. E che si esprime attraverso la possibilità di controllare le azioni di un amante devoto, dopo anni in cui aveva subito le decisioni altrui senza potersi emancipare davvero.
Tutto ciò, tuttavia, si scontra col peso del senso del dovere e della colpa.
Un senso di colpa di stampo cristiano, accolto da Alicent quanto da Cole con un’ipocrita tendenza alla reazione emotiva che mal si abbina al senso delle rispettive azioni. Quando Alicent cerca di lavare via i peccati con un bagno catartico, il secondo in due puntate, accoglie la sua spiritualità con un’espressione sincera. Sincera, ma svuotata d’ogni significato se combinata con una relazione impregnata di tossicità. Sanno che non dovrebbe esserci più una prossima volta, ma entrambi sanno che ci sarà ugualmente. Lo stesso vale per Cole: è ancorato agli oneri che porta con sé il suo giuramento, ma è anche macchiato dagli impulsi di uno spirito irrimediabilmente corrotto.
- Il buio di una madre
L’amore di una madre e la morte della stessa si sublimano nell’ombra stanca di Helaena, ormai arresasi al tragico fardello del destino. A differenza di Alicent, non riconosce più il senso del dovere che il suo cognome le impone: subisce passivamente un’ignobile messinscena, ma non vuole in alcun modo accettarla. Haelaena, dopo la morte del suo primogenito, è ormai uno spettro. Un fantasma. Il fantasma di un’opera scritta da un fato beffardo.
La sua figura è intangibile, slegata da ogni possibile connessione con chiunque altro, madre o marito che sia: la sua vita si è conclusa nel momento in cui ha consegnato la vita di suo figlio nelle mani di un boia.
La sua esplosione di dolore, arrivata nel clamore di una folla che cercava di accarezzare la sua mano, è figlia del panico e di una storia che le passa davanti in un istante. Un istante che si è fermato e schiaccia il presente, il passato e il futuro in un sguardo rivolto verso l’alto: è sola e lo sarà per sempre. Non sa interpretare il ruolo che qualcun altro le ha dato, e sembra non aver più intenzione di muoversi in quella direzione. L’amore non esiste più: c’è solo spazio per la morte, rimandata a data da destinarsi.
- L’onore e il disonore
Amore e morte, si diceva. L’amore degli amanti e delle madri, ma anche di due fratelli gemelli. Due corpi e una sola anima, scissa dalle irrazionali pulsioni che portano alla guerra. Una guerra che non disconosce l’amore ma ne presenta le tragiche conseguenze. Arryk ed Erryk Cargyll si ritrovano così a condividere l’ultimo respiro dopo essersi ammazzati l’un l’altro, in nome di un conflitto solo in parte loro. L’amore resta, la morte pure: l’intenso duello per la vita della regina non poteva non concludersi come si è concluso in House of the Dragon 2×02.
Un omicidio e un suicidio che ricorda da vicino le modalità con cui i samurai si toglievano la vita dopo essere andati incontro al disonore.
Nel mondo di Westeros, uccidere un familiare rappresenta una delle peggiori onte possibili. C’è chi reagisce senza onore e poi ci sono loro: due cavalieri, divisi dalla storia ma congiunti da un sentimento inscindibile. La loro esperienza si è conclusa, il loro esempio rimarrà.
La fede e la scienza
Un altro personaggio chiave di House of the Dragon 2×02 è stato, indubbiamente, Otto Hightower. La discutibile moralità delle sue azioni ha generato una certa acredine verso il suo nome, ma è una figura a dir poco necessaria. Un figlio di Machiavelli, sempre pronto a perseguire i fini personalistici e del regno che serve con la spiccata capacità di trarre il meglio da ogni situazione, anche dalle più complesse. Una spietatezza che cela un equilibrio raro, all’interno della Danza dei Draghi. Il suo asse, tuttavia, si sgretola sotto i colpi di un re incapace di vedere al di là della sua realtà, accecato dalla rabbia e irrazionalmente portato all’incoscienza. Otto mostra di aver metabolizzato la situazione e arriva a strumentalizzare il dolore per la morte brutale del suo piccolo nipote, in nome del regno.
I confini della sua fede, al quale è vincolato dal forte legame con Old Town, si confondono con quelli di una scienza politica che accetta ogni potenziale compromesso. La sua moralità è fluida, le sue azioni spesso deprecabili, ma la visione è chiara: Otto è un uomo di cultura che persegue ogni scopo con la forza della ragione. E porta dentro di sé la fertilità della Cittadella con un’ipocrita tendenza alla fede, strumento di potere più che essenza dello spirito. Fede e scienza trovano la propria capitale nel medesimo luogo, guidato dagli Hightower, e basterebbe questo per definirli nella loro totalità. I personalismi del potere, tuttavia, finiscono per estrometterlo una seconda volta: dopo esser stato tradito dalla sua vanità, viene tradito dalla vanità di un sovrano miope.
La coscienza e l’incoscienza
Se si parla di Otto e della sua tendenza alla coscienza, non si può non evocare il suo perfetto contraltare: un re immaturo e inesperto, votato alla violenza per nascondere le proprie fragilità. Aegon reagisce al lutto attraverso la deriva, riservando le lacrime all’unico momento in cui gli è possibile fermarsi. Un re incosciente, scelto dalla storia ma non dal destino. Figlio del caos, non del fato. L’uomo sbagliato al posto sbagliato, preda degli impulsi ed elemento costituente di una guerra dominata da episodi scritti dal caso.
L’incoscienza di Aegon trova così un’incompatibilità totale con la condotta di Otto, e trova allo stesso tempo una sponda nella figura altrettanto inadeguata di Criston Cole, divenuto Primo Cavaliere senza aver palesato alcun merito. La Danza dei Draghi, d’altronde, si concretizza in nome dell’incoscienza, e di scelte non volute: si può dire così a proposito delle morti di Lucerys e Jaehaerys, ma anche a proposito dell’attentato a Rhaenyra che ha portato alla morte dei due gemelli Cargyll. Il caos domina ormai la scena, senza più lasciare spazio a tutto il resto. E questo, come possiamo immaginare, è solo l’inizio: l’amore e la morte troveranno ancora molteplici opportunità per abbracciarsi fatalmente, lasciando spazio solo per la distruzione di una guerra senza fine.
È la legge del fuoco. È la legge del sangue.
Antonio Casu