Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su House of the Dragon 2×07
Il destino ha scelto, almeno per il momento. Stretto nella morsa effimera della guerra, ha emesso il suo verdetto: è Rhaenyra, ora, la donna del fato. La Regina che deve portare avanti le sorti del regno, minacciate silenziosamente dall’Inverno incombente. La Targaryen che dovrà riportare la pace e riunire l’umanità, incalzata da un nemico subdolo e finora invisibile. Gli dei, incarnati dai draghi, si affidano così alla fazione Nera, palesando la selezione in House of the Dragon 2×07. Una puntata intensa, segnata da alcune grandissime interpretazioni e da una scrittura che asseconda la necessità d’azione con grande qualità. Una puntata segnata ancora dal ruolo di una storia che riprende il suo spazio vitale, mentre le beghe infantili tra gli uomini distolgono lo sguardo dalle priorità che dovrebbero davvero perseguire.
Si disvela così lo scenario finale della seconda stagione di House of the Dragon, caratterizzata dalla ricorrenza di temi che hanno segnato l’intero ciclo di episodi, e da un elemento chiave fondamentale. Sono le ineffabili entità superiori a governare davvero Westeros. Gli uomini, mere pedine del fato, non fanno altro che illudersi di avere in mano le proprie sorti.
Analizziamo allora gli eventi salienti di House of the Dragon 2×07 (disponibile su Sky e Now), facendo luce nel dettaglio sui numerosi dettagli che potrebbero essere sfuggiti a parte degli spettatori.
House of the Dragon 2×07 – L’egemonia dei draghi
Come dicevamo nella recensione di una settimana fa, il ruolo dei draghi assume una centralità differente. Visti superficialmente come asettiche armi di distruzione di massa, sono in realtà delle entità dalla natura divina. L’ultima traccia dalla “magia valyriana”, incarnazione di un potere superiore che ricopre una posizione egemone nel mondo conosciuto. I draghi vanno oltre le arbitrarie leggi umane, trovando in un disegno superiore l’unico vero senso d’esistere. Un disegno al momento individuato dalla sola Rhaenyra. Grazie anche all’ausilio di Mysaria, la donna del popolo che supera le convenzioni per offrire un volto inedito al potere regio, la Regina Nera persegue l’obiettivo di mettere fine alla guerra e concentrare l’attenzione della casata sul futuro remoto dei Targaryen, incaricati dal fato di proteggere il mondo attraverso l’unione del ghiaccio col fuoco.
La sfaccettata interpretazione di Emma D’Arcy accompagna così le varie fasi di House of the Dragon 2×07. Dallo spaesamento iniziale, congiunto con la rabbia per l’oltraggio subito dall’avvento di un cavalcatore di draghi senza un retaggio nobile, si passa poi alla decisa presa di posizione e alla ricerca dei “semi di drago” che guideranno i draghi liberi verso il trionfo della sua fazione.
Un disegno audace che sovverte i dettami e mette in discussione la natura divina esclusiva dei Targaryen. Un sacrificio necessario in nome di un bene superiore che non si può cambiare, né mettere in discussione.
Dallo spaesamento si passa allora alla determinazione che non la porta a esitare mai, nemmeno quando Vermithor è artefice di una carneficina disumana.
Alla fine, ha ragione lei: Vermithor e Silverwing scelgono due bastardi come aveva già fatto Seasmoke, mentre Mysaria evidenzia la necessità di superare i vecchi modelli. L’onore, d’altronde, sarebbe parte del retaggio nobiliare. Che senso ha, però, ancorarsi alle tradizioni nel bel mezzo di una sanguinaria guerra civile tra familiari usurpatori? Nessuno. Resta solo l’espressione agguerrita di una regina che osserva la capitale, aggredita con un piano spregiudicato.
A questo punto, però, una domanda è d’obbligo. Come si motivano le scelte di Vermithor e Silverwing, al di là della natura divina di una selezione che riguarda i reietti della società?
- Secondo quanto emerge dai testi di Martin, Hugh Hammer è scelto da Vermithor in nome di uno stretto rapporto di parentela col suo vecchio cavaliere, Jaehaerys. Hugh, infatti, dovrebbe essere figlio di Saera Targaryen, figlia biologica dello storico re. Mentre il mondo ignora l’esistenza di Hugh, Vermithor ritrova in lui il nipote biologico del vecchio cavaliere, col quale aveva avuto un rapporto simbiotico fin dalla nascita. Allo stesso tempo, la forte determinazione, il carisma e il valore mostrato dall’uomo nel momento in cui ha dovuto affrontare l’imponente drago rabbioso, ben si adattano alle caratteristiche di Vermithor, uno degli esseri più temibili dell’intero regno.
- Anche Ulf il Bianco viene scelto da Silverwing in virtù di un rapporto di parentela con la sua vecchia cavalcatrice. Il drago, fortemente legato a Vermithor, era infatti connesso ad Alysanne, moglie e sorella di Jaehaerys. Secondo quanto suggerito dalla serie, Ulf dovrebbe essere figlio illegittimo di Baelon, padre di Viserys e Daemon. Ulf sarebbe quindi nipote di Alysanne, a sua volta. In virtù di ciò, il rapporto di parentela ricopre un ruolo centrale nella scelta dei draghi. A differenza di Hugh, Ulf si imbatte nella docile Silverwing per puro caso, si mostra impaurito e arriva addirittura a schiacciare inavvertitamente un suo uovo. Le strade del destino, tuttavia, sono misteriose e ineffabili. Nel grande piano riservato a Rhaenyra, Ulf deve diventare una pedina fondamentale. Il futuro, però, potrebbe riservare notevoli sorprese.
House of the Dragon 2×07 – I destini intrecciati di Rhaenyra e Alicent
Un altro momento chiave di House of the Dragon 2×07 ha riguardato il personaggio di Alicent. La donna è stata protagonista di alcune sequenze piuttosto criptiche. Scene facilmente esplicabili attraverso l’analisi del personaggio che abbiamo portato avanti nelle recensioni precedenti. Spogliata del suo ruolo e soggetto di una crisi di coscienza in cui il senso del dovere legato alla sua casata è sempre più controverso, Alicent è al centro di una sequenza in cui emerge il forte legame con la fede. La sua immersione nell’acqua, parallela al bagno del primo episodio in cui aveva lavato via l’onta del peccato commesso con Criston Cole, ha una funzione purificatrice dagli echi cristiani.
Vestita di bianco, si immerge nella purezza dell’acqua per lavare via la “sporcizia” della Fortezza Rossa e di tutto quello che rappresenta, incarnata dai topi che accompagnano gli eventi fin dal terribile omicidio di suo nipote. Quasi fosse Lady Macbeth, attanagliata dai sensi di colpa al tramonto della sua esperienza, anche Alicent utilizza l’acqua per lavare via il sangue dalle mani (figurativamente). Il suo gesto assume i tratti di un rituale associabile al battesimo. Una rinascita, sotto una nuova forma. L’espiazione del male e di un peccato originale che la caratterizza fin da quando è nata. Soprattutto, fin da quando ha deciso di essere strumento del potere e il potere stesso, in nome della sua casata e della funzione che ricopre nelle dinamiche della capitale.
Allo stesso tempo, Alicent è protagonista di un percorso di emancipazione in cui percorre una parabola inedita, autonoma e decisa. Alla ricerca di un’identità che le era sempre stata negata.
Una parabola che la associa ancora una volta all’amica-nemica Rhaenyra, come dicevamo a proposito del momento di intimità con Mysaria e della nuova guida indipendente del suo regno. Alicent aveva risposto al dovere soffocante, derivato dal suo ruolo, con una relazione clandestina dai contorni tipici di una ribellione adolescenziale (arrivata in ritardo). Rhaenyra aveva fatto altrettanto, molti anni prima: l’esito, però, è differente. L’impulso spirituale di Alicent la sta portando ad abbracciare la purezza dopo essersi macchiata con le sue azioni. Rhaenyra, invece, ha assunto la guida identitaria del suo regno, slegandosi definitivamente dalle logiche patriarcali del Concilio Ristretto.
Da qui la scelta di perseguire alcune strategie avversate anche dal suo erede Jacaerys, scettico a proposito della “bastardizzazione” del retaggio Targaryen (anche, se non soprattutto, perché figlio del medesimo destino). Ma non solo. Si possono leggere in tal senso le spregiudicate azioni che prima l’hanno portata a incontrare da sola Addam tra mille incognite, e poi ad Approdo del Re per far pesare il vantaggio strategico acquisito sui Verdi. Rhaenyra, educata per essere una dama, è ormai la regina guerriera che aveva sempre sognato di essere.
House of the Dragon 2×07 – I destini intrecciati di Aemond e Daemon
In ultima battuta, House of the Dragon 2×07 ha evidenziato un’altra associazione che caratterizza la serie fin dall’inizio. Aemond e Daemon sono infatti protagonisti di scelte in qualche modo parallele. Da un lato abbiamo Daemon, costretto a piegarsi alle coerenti azioni delle casate delle Terre dei Fiumi, caratterizzati da sempre da un senso dell’onore che li porta inevitabilmente a respingere e rifiutare la guida di un uomo slegato da tali valori. Dall’altra abbiamo Aemond e la sua comprensibile ritirata dal campo di battaglia, nel finale dell’episodio.
Le azioni dei due personaggi, spesso guidate dall’impulsività e dalla spietatezza, forze apparenti che celano le fragilità di due spiriti spezzati dalla maledizione della secondogenitura, si evolvono qui attraverso una maggiore lucidità nella gestione di due situazioni delicate.
Daemon, pur incapace di accettare le sorti del subalterno, deve quindi assecondare la volontà di un esercito onorevole che ha il solo scopo di eliminare le scorie per tenere fede alla propria identità. La miopia del Targaryen è sufficiente per leggere la situazione con un approccio razionale, nel momento in cui si ritrova isolato. Il suo animo, tuttavia, è ancora in tumulto. E un dialogo col defunto Viserys evidenzia per l’ennesima volta la domanda della sua vita: fin dove si è disposti ad arrivare, per mettere le mani su una corona che pesa come un macigno? Ovunque. Ma la corona finirà sempre sulla testa di un uomo scelto dal destino, non dalla propria volontà.
Altrettanto si può dire per Aemond. La sua tirannia effimera, adombrata dalle macchinazioni di Larys e dal prossimo recupero del legittimo detentore del Trono, subisce un’ulteriore battuta d’arresto nel momento in cui si ritrova incastrato nella trappola di Rhaenyra. Aemond è il guerriero più esperto e guida il drago più forte in battaglia. Basta questo per fronteggiare tutti gli altri, se ci si ritrova in inferiorità numerica? No, affatto. Il secondogenito di Viserys, allora, è costretto a snaturarsi e a battere in ritirata, al pari di Daemon. Sì, ma per quanto? Ancora per poco. La guerra bussa ormai alle porte della capitale, rischiando di combinare il fuoco e il sangue con una ferocia mai vista.
Chi avrà la meglio? La profetica forza dei Neri? Oppure l’autoritaria stretta mortifera dei Verdi? Il destino ha scelto, per il momento. Ma deve ancora fare i conti con l’imponente cocciutaggine dell’uomo, intrappolato nell’eterno presente di una guerra senza fine.
Antonio Casu