Di House of the Dragon, lo spin-off di Game of Thrones sulle vicende di casa Targaryen, si sta parlando tantissimo e in tutte le salse. Già prima dell’uscita del pilot della nuova serie HBO si facevano speculazioni basate sulle poche anticipazioni rese pubbliche, sulla trama e sulla possibilità che non fosse all’altezza della serie madre. Da quando è cominciata, forse con un po’ più di cognizione di causa, se ne sono dette di cotte e di crude sulla storia, sugli attori, sulla narrazione e praticamente su qualsiasi dettaglio possa essere preso in considerazione in un’analisi. Rhaenyra si può paragonare a Daenerys? Sarà interpretata meglio da Milly Alcock o da Emma D’Arcy? O ancora, Milly Alcock è all’altezza di Emilia Clarke? Lo spin-off può reggere il confronto con la serie madre? Personalmente, lo sto seguendo con una soddisfazione che non pensavo potesse realizzarsi e che mi porto dietro fin dalla 1×01.
Ed è proprio di questo episodio che parliamo oggi, perché se è vero che si è già detto molto su ciò che lo ha accomunato al pilot della serie da cui deriva, forse si è parlato un po’ meno di quali siano state le differenze.
1 – House of the Dragon: una miniera d’oro di ascolti
Prima di entrare nel vivo delle differenze contenutistiche tra i pilot vale la pena di analizzare un dato numerico importante, quello degli ascolti. Il primo episodio di House of the Dragon ha permesso alla nuova serie di raggiungere un record importante prima ancora di aver terminato la prima stagione: si tratta infatti del pilot di una serie tv più visto di sempre, con poco meno di 10 milioni di spettatori solo negli Stati Uniti. HBO ne sarà più che soddisfatta. Nell’aprile del 2011 Winter is coming, pilot della serie madre, non è andato neanche lontanamente vicino a queste cifre, fermandosi a poco più di 2 milioni. Da notare, inoltre, che non si tratta del vero e proprio pilot, dato che il vero primo episodio di Game of Thrones a essere registrato non è mai andato in onda. Due elementi devono però essere presi in considerazione quando si confrontano questi numeri. Il primo è sicuramente la presenza preponderante dello streaming, la cui diffusione nel 2011 non raggiungeva neanche lontanamente i livelli attuali. Secondo elemento, forse ancora più importante, il fatto che House of the Dragon rappresenti per molti un ritorno a un universo già conosciuto ed estremamente amato. Un universo nel quale, personalmente, non vedevo l’ora di rientrare. E in ogni caso, Game of Thrones resta chiaramente una delle migliori serie tv HBO.
2 – L’ambientazione
I Sette Regni ormai per i fan del mondo creato da George R. R. Martin sono praticamente casa. Dopo tanti anni li conosciamo bene, dal Nord a Dorne, e grazie ad alcune storyline ci siamo addentrati anche oltre i loro confini. Game of Thrones ci ha abituati a viaggiare parecchio fin dalla sua prima puntata: neanche il tempo di cominciare la serie e siamo già oltre la barriera, andiamo a Essos, a Grande Inverno, ad Approdo del Re. Insomma, capiamo subito che ci sarà da spostarsi non poco. Lo stesso non si può dire per il primo episodio di House of the Dragon, che concentra invece il tutto ad Approdo del Re e nella Fortezza Rossa che ospita i Targaryen. Una scelta che non ci fa tornare subito in ogni angolo del continente ma che ci permette comunque di godere di alcuni luoghi che conosciamo benissimo. Uno su tutti, la sala che ospita il Trono di Spade.
3 – Chi sono i veri nemici?
Così come per quanto riguarda la presentazione dei luoghi, anche quella dei personaggi si sviluppa in modo diverso negli episodi pilota delle due serie. A differenza della serie madre, House of the Dragon si concentra sulle vicende di una famiglia specifica, i Targaryen, alla quale viene dato tutto lo spazio necessario. Se è vero che già nella prima puntata di Game of Thrones abbiamo cominciato a capire quanto le famiglie dei Sette Regni siano complesse e numerose e quanto i rapporti tra loro siano complicati – i gemelli Lannister non esitano a lanciare nel vuoto Bran Stark, giusto per dirne una – il pilot del suo spin-off ci consegna una grande verità: i peggiori nemici dei Targaryen sono i Targaryen stessi. Per quanto i membri di altre Casate facciano la loro parte per complicare le cose, i conflitti interni tra i membri della famiglia dei draghi sono fondamentali nell’episodio. Rhaenys contro Viserys, Viserys contro Daemon, Daemon contro Rhaenyra – interpretata nell’episodio da una bravissima Milly Alcock – sono solo i primi di una serie di scontri che si avvicendano tra membri della stessa famiglia. Ma è chiaro fin dal principio che non saranno gli unici.
4 – Emilia Clarke e Milly Alcock: giovani Targaryen
Entrambi i pilot vedono spiccare tra i protagonisti delle serie giovani Targaryen più o meno coetanee, ma si tratta di due personaggi e due personalità estremamente differenti. Da una parte abbiamo Daenerys, che insieme a suo fratello è l’ultima erede in esilio di quella che è stata una grande Casata. Daenerys sembra una giovane remissiva, costretta ad accettare un matrimonio imposto da suo fratello con un uomo che non conosce e di cui non comprende le tradizioni né tantomeno la lingua. Nel corso degli episodi e delle stagioni il suo personaggio è in continua evoluzione e si rivela essere una donna forte e indipendente, ma la prima impressione nei suoi confronti è più di una Daenerys vittima che di un personaggio attivo. Dall’altra parte abbiamo invece Rhaenyra, che viene presentata in modo nettamente diverso. Il personaggio di Milly Alcock è la figlia del Re e quando la conosciamo ha appena finito di cavalcare il suo drago personale. È una giovane convinta e risoluta, e si capisce subito che non vuole seguire i dettami di una tradizione antica e maschilista. Riuscirà davvero a tirarsene fuori? Abbiamo ancora diversi episodi per scoprirlo.
5 – I draghi
Tutti ricordiamo che nel primo episodio del cult HBO Game of Thrones Illyrio Mopatis porta a Daenerys un dono matrimoniale che si rivelerà essere di straordinaria importanza nella serie: tre uova di drago. Senza averne idea, con questo gesto Illyrio dà alla giovane Targaryen la possibilità di diventare, più in là nella stagione, la Madre dei Draghi. La sua è un’epoca in cui si pensa che i draghi siano ormai estinti da tempo, e l’idea di poterne avere tre ben robusti non sfiora nessuno dei personaggi. In House of the Dragon invece, si sa, i draghi non possono proprio mancare. Siamo a poco meno di 200 anni di distanza dalle vicende di Game of Thrones, in un contesto storico in cui i draghi sono ancora presenti e in forma. Il pilot della serie ce lo racconta bene: ogni membro della famiglia ne ha uno fin dal momento della nascita e quello che si crea tra drago e neonato è un legame indissolubile. HBO spende un sacco di soldi per crearli – ma sappiamo già che non bada a spese – e ne vale ampiamente la pena. Li vediamo volare grandi e forti, rappresentando la forza che la famiglia Targaryen ha ancora ma che – noi questo lo sappiamo già – è destinata a perdere.
6 – Il Primo Cavaliere
La figura del Primo Cavaliere è fondamentale per i regnanti di Westeros: è una persona con la quale il Re deve avere un rapporto di completa fiducia, deve essere un amico e un consigliere fedele. Nel pilot di Game of Thrones Re Robert sceglie come Primo Cavaliere Ned Stark, amico di vecchia data, quasi cognato e soprattutto un vero uomo d’onore. Ned compie tutte le sue scelte perseguendo come finalità la giustizia e il bene del Reame, cosa che lo porta a intraprendere una strada senza uscita. Insomma, grazie a lui scopriamo che chi non sa giocare al Gioco del Trono muore. Il Primo Cavaliere di Re Viserys sembra invece fin dal primo momento fatto di tutt’altra pasta. Otto Hightower si presenta come un fedele amico del Re ma non aspetta neanche l’episodio due per incitare sua figlia ad andare a fare visita a Viserys nelle sue stanze private dopo la morte di sua moglie. Insomma, pare fin da subito che Otto sappia giocare molto bene, e questo ci permette di paragonarlo più a Lord Petyr Baelish, che vediamo tramare fin da subito, rispetto al compianto Ned Stark. Ma, come Lord Baelish sa bene, essere un abile stratega non salva da morte certa se ci si trova davanti qualcuno che sappia giocare meglio, e – piccolo spoiler – pare che anche Ser Hightower stia imparando a capirlo.
7 – Essere Re
Regnare a Westeros è tutto fuorché semplice e sia Viserys Targaryen sia Robert Baratheon lo sanno molto bene. A mio avviso coloro che regnano nei pilot delle due serie HBO hanno una cosa in comune: entrambi guidano il Reame tendenzialmente male. Sono però anche due Re estremamente diversi, che fanno bene e sbagliano a modo loro. Robert comincia a regnare dopo la ribellione e sposa Cersei non perché ne sia innamorato, ma per assicurarsi l’appoggio dei Lannister (una mossa che a lungo andare non gli frutta poi troppo). È un uomo a cui le responsabilità da Re proprio non piacciono, preferisce di gran lunga mangiare, bere e stare con donne che non sono sua moglie. Passa dall’essere un giovane e forte guerriero a sovrano pigro che porta i Sette Regni in bancarotta, un Re a cui però non piace gli si dia torto e che è disposto a fare cose crudeli – come tentare di uccidere la giovane Daenerys in attesa di un bambino. Re Viserys I è fatto invece di un’altra pasta. Innanzitutto, pur non essendo scontata la sua salita al trono, Viserys nasce e cresce nella famiglia più potente dei Sette Regni. È un uomo gentile e onesto, due caratteristiche che purtroppo non si addicono molto a chi siede sul Trono di Spade e che lo portano a essere facilmente preda degli interessi altrui. È un sovrano responsabile e ligio al dovere, ma questo non basta. Gli riesce difficile tenere testa a suo fratello Daemon – altra cosa che gli causa non pochi problemi – e più in generale non è un uomo di gran polso, ha un forte senso dell’onore ma non è abbastanza forte, e tutte queste cose messe insieme non possono che rendergli difficile regnare. La sua bontà però non gli impedisce di sacrificare sua moglie nella speranza di avere il tanto agognato erede maschio. Ancora non so come andrà a finire, ma la mia impressione fino ad ora è che Viserys sia troppo uomo e troppo poco Re, e questo non può che essere un punto a suo sfavore. Vedremo cosa ci riservano le prossime puntate di House of the Dragon.
8 – La sigla
Pensavate davvero che un articolo sulle differenze tra il pilot di Game of Thrones e quello di House of the Dragon potesse finire senza un punto sulla mancanza della sigla in quest’ultimo? I fan ne hanno parlato per una settimana intera, prima di scoprire che dal secondo episodio in poi il tema che tutti conosciamo torna a farsi sentire, anche se stavolta in modo molto più sanguinolento. Eppure sapete una cosa? A me la sua assenza non è dispiaciuta per niente. Anzi, mi è sembrato quasi un modo per dire al mondo “ehi, vogliamo ricordarvi che non state mica guardando Game of Thrones“. Ma i fan che restano, quelli che davvero vogliono scoprire come va la vita (e la disfatta) dei Targaryen, meritano il premio dell’episodio due. Perché, in fondo, siamo pur sempre a Westeros.