Non abbiam bisogno di parole, per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore, cantava Rosalino Cellamare – in arte Ron – nel 1992. E questa canzone suona perfetta per descrivere l’amore di tutti i fan di House of the Dragon per Daemon Targaryen. Sono bastati infatti pochi episodi della serie prequel de Il Trono di Spade, per far decidere già ai fan della saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco che il fulcro di tutta la produzione è l’immenso Matt Smith. Imprevedibile, feroce e coraggioso, il principe Daemon Targaryen è il personaggio che più si è fatto notare negli episodi della prima stagione della serie tv disponibile in Italia in esclusiva su Sky. Sui social non si contano i post di fan entusiasti della performance dell’interprete del principe Targaryen. Molti fanno notare come la sua controparte televisiva sia rimasta molto fedele alla descrizione che George R.R. Martin fa di lui nelle sue opere letterarie e sicuramente questo gioca a favore dell’apprezzamento che gode il personaggio. Ma c’è molto altro dietro a tutto questo. Cerchiamo di capire i motivi.
“Nel corso dei secoli, Casa Targaryen ha prodotto grandi uomini e grandi mostri. Il principe Daemon era entrambi. Ai suoi tempi non c’era un uomo così ammirato, così amato e così insultato in tutto il Continente Occidentale. Era fatto di luce e di tenebre in parti uguali. Per alcuni era un eroe, per altri il peggiore dei cattivi”. Così George R.R. Martin, demiurgo dell’universo Game of Thrones, descrive Daemon Targaryen in The Rogue Prince, uno dei capitoli del libro Rogues, poi diventato un’appendice di Fuoco e Sangue, il romanzo da cui è tratta House of the Dragon. E Matt Smith è riuscito a trasmettere agli spettatori tutti questi lati opposti e all’apparenza contraddittori di Daemon: genio e sregolatezza, audacia e follia, coraggio e avventatezza. Una prestazione attoriale acuminata e aguzza, tagliente e feroce, come i tratti del volto del ragazzo.
Matt Smith, prima di House of the Dragon
Un altro aspetto interessante di Daemon Targaryen è proprio la misura in cui il personaggio esiste saldamente all’interno della zona di comfort di Matt Smith come attore. Smith ha esordito ad alti livelli interpretando il ruolo principale in Doctor Who, un personaggio benigno per una serie tv, ma è stato in gran parte scelto per ruoli malvagi sin dagli albori della sua carriera. Era il bullo skinhead nel debutto alla regia di Ryan Gosling – Lost River – e la personificazione antropomorfa di Skynet in Terminator: Genisys. Smith è riuscito, in sostanza, ad affinare un particolare archetipo che interpreta molto bene. Anche quando non interpreta dei veri e propri cattivi, l’attore sembra attratto da uno specifico ruolo maschile oscuro e carismatico.
Questi sono personaggi che spesso detengono una quantità significativa di potere sociale, che sono definiti in una certa misura dal loro orgoglio e dalla loro immagine di sé, ma che sono stratificati con un profondo senso di insicurezza e vulnerabilità che può spesso manifestarsi attraverso comportamenti infantili e sregolati. L’attore è un uomo molto attraente, ma i suoi lineamenti non sono tali da convincere gli agenti di casting americani a collocarlo in ruoli da protagonista convenzionalmente eroici. È un cliché che gli attori britannici siano spesso scelti come cattivi a Hollywood, ma c’è del vero. Tuttavia, Smith non è solo attratto da ruoli malvagi, ma da un archetipo più complicato e specifico: quello dell’antieroe.
Daemon Targaryen: l’antieroe che non ha bisogno di redenzione
Daemon Targaryen è l’ultimo di una lunga serie di ruoli di questo tipo ed è forse il più vicino alla performance di Smith nei panni del principe Filippo in The Crown. Come Daemon, Filippo si presenta come una figura alquanto irriverente posizionata vicino al trono ma al di fuori della linea diretta di successione. Come con Daemon, i comportamenti di Philip sono stati oggetto di pettegolezzi e insinuazioni. Come con Daemon, la personalità estroversa e turbolenta di Filippo maschera una serie di risentimenti e frustrazioni. The Crown è perfettamente in parallelo con House of the Dragon. E House of the Dragon è probabilmente più vicino nella struttura a The Crown che a Game of Thrones, con salti temporali tra i singoli episodi che sono spesso costruiti attorno a crisi minori nelle storie della dinastia regnante. Entrambe sono storie di una successione femminile.
Quindi Daemon e Filippo, per certi versi, si assomigliano molto. La carriera di Smith è piena di uomini potenti, seducenti e allo stesso tempo fragili. Ha interpretato Charles Manson in Charlie Says. Last Night in Soho vede Smith nei panni di Jack, che sembra essere un uomo gentile e sofisticato, ma alla fine si rivela un uomo d’affari fallito. Il ragazzo ha anche interpretato Patrick Bateman in un adattamento musicale di American Psycho, e anche in questo caso le apparenze risultano tradite dall’epifania del personaggi nella sua oscura malvagità. Tutti questi personaggi, inclusi Daemon e Filippo, esistono in uno spazio ambiguo tra il pericoloso e il patetico, tra il pietoso e il terrificante.
Ma chi è veramente Daemon in House of the Dragon?
È un nobile disordinato che vive essenzialmente per il dramma, e i fan lo adorano per questo. È un manipolatore, disposto a fare qualsiasi cosa per la propria gratificazione, che spesso si nutre di piccole gioie frivole e infantili, come tormentare Viserys con una proposta di matrimonio a Rhaenyra. Ma cosa lo rende così attraente? La sua sensibilità. L’interpretazione di Matt Smith ha aggiunto ulteriori strati al personaggio rispetto alle pagine di George R.R. Martin. I libri lo dipingono come un ragazzo malvagio e anche il pilot ce lo ha presentato così, ma gli ultimi episodi, in particolare, hanno messo in evidenza questa disperata vulnerabilità che ribolle dentro di lui, una drammaticità dirompente. Daemon non è il primo antieroe del piccolo schermo, nel corso degli anni questa figura è stata inflazionatissima. Antagonisti seriali come Loki e Billy Hargrove hanno raccolto i favori di milioni di spettatori delle produzioni televisive.
Lo stesso universo GoT ha ospitato innumerevoli dannati, come Jaime Lannister, Theon Greyjoy e Il Mastino, ma in Daemon c’è qualcosa in più. Daemon Targaryen è l’unico antieroe che non ha bisogno di redenzione. Daemon è patetico e vulnerabile, si sente un assassino dei bassifondi e allo stesso tempo un reale a cavallo di un drago. Daemon Targaryen è un fascio di contraddizioni, un pasticcio di fiducia in se stessi e insicurezza. Daemon è un uomo che davvero non ha bisogno di parole per essere descritto e noi ne abbiamo davvero usate troppe. Basterebbe osservarlo, basterebbe capire i suoi gesti, basterebbe scrutare i suoi occhi per intendere quanto sia profonda oscura la sua anima e il suo vuoto. Basterebbe non fermarsi alle prime apparenza, basterebbe incrociare il suo sguardo malinconico e smarrito per riuscire a entrare nel suo mondo disordinato e tempestoso. Troppe parole, troppe anafore, troppi “basterebbe”: adesso basta davvero con le parole.