Il seguente articolo contiene SPOILER su House of the Dragon.
La seconda stagione di House of the Dragon ci sta lentamente trascinando all’interno di un vortice. Un vortice mortale, violento, di pura azione. Un vortice che non investe soltanto il pubblico, ma gli stessi protagonisti dello spin-off di Game of Thrones. All’alba di una guerra sanguinosa non si vede altro che il caos, e sembra quasi che né i Verdi né i Neri sappiano che pesci prendere. In un clima in cui la tensione è palpabile, ogni piccola mossa può scatenare un pericoloso effetto farfalla. E a noi sembra che tutto ciò, Daemon Targaryen, non l’abbia minimamente compreso. L’eterno principe si trova ancora una volta in un limbo che lo perseguita da tutta la vita: non è mai riuscito a dimostrare ai propri cari la sua devozione e la sua affidabilità.
Daemon è sempre stato costretto a vivere in un limbo, a metà tra il potere assoluto e l’anonimato
Fin dalla sua nascita, Daemon ha vissuto con un’unica certezza ufficiosa: in quanto figlio minore non sarebbe mai stato eletto re dei Sette Regni. Dopo la morte di Jaehaerys I il responso è diventato ufficiale in favore di suo fratello, Viserys I di casa Targaryen. Nascere con una consapevolezza del genere, tuttavia, avrebbe potuto condurre Daemon verso una nuova aspirazione, ma per via del suo carattere ciò non è mai stato possibile. Nella prima stagione di House of the Dragon ha sempre dato segni di squilibrio, disorientando completamente il pubblico nella comprensione del suo personaggio. Nei confronti di Viserys, però, Daemon non ha mai provato altro che puro amore fraterno. Motivo per cui è rimasto deluso in seguito alla mancata nomina come Primo Cavaliere. Per lui tutto ciò che contava era dimostrare a Viserys che poteva fidarsi ciecamente di suo fratello.
Il burrascoso rapporto tra Daemon e Viserys è uno degli snodi principali della prima stagione di House of the Dragon dal punto di vista narrativo. La saggezza contrapposta al cinismo, la ragione contro l’impulso. Insomma, caratteri completamente agli antipodi che hanno generato un vuoto comunicativo incolmabile tra questi due personaggi. Eppure, nel bene e nel male, Daemon non ha mai smesso di volere bene a suo fratello. L’invidia, a differenza di quanto si potesse pensare, non è mai stata alla base delle divergenze fraterne. Non deve essere stato affatto piacevole, per Daemon, sentirsi rifiutato da suo fratello maggiore. Non si è mai trattato di invidia, quanto più di un senso di inadeguatezza, di timore reverenziale nei confronti dell’unico punto di riferimento che Daemon avesse mai avuto. E se il popolo di Westeros ha dovuto subire i colpi della Danza dei Draghi, gran parte della responsabilità è da attribuire a questa dinamica.
Se ci fosse stato Daemon, al fianco di Viserys, tutto ciò non sarebbe mai accaduto
Gli Hightower sono i principali artefici della Danza dei Draghi, coloro che di fatto hanno dato il via alla caduta dell’apparentemente intramontabile dinastia Targaryen. In primis Ser Otto, scelto da Viserys in persona come Primo Cavaliere, e poi ancora con Lady Alicent che, sul letto di morte del marito, ha scambiato una profezia per una sentenza. Otto Hightower ha lavorato nell’ombra proprio per allontanare Daemon dalla sala del trono, perché sapeva bene che sarebbe stato lui il problema maggiore. E così, lavorando sotto traccia per anni e anni, cucinando a fuoco lento, gli Hightower si sono impossessati del potere, riuscendo a sfaldare Casa Targaryen, la più importante e potente di tutti i Sette Regni.
E ora, nella seconda stagione di House of the Dragon, Daemon sta vivendo un déjà vu
Sposando sua nipote Rhaenyra, Daemon le ha giurato eterna fedeltà, riconoscendola come unica regina dei Sette Regni. E ora che la Danza dei Draghi sta per entrare nel vivo, la sua posizione è ancora una volta la più scomoda in assoluto. Daemon, nella sua testa, avrebbe finalmente svolto il ruolo adatto a lui, ma il colpo di stato degli Hightower ha complicato nuovamente le cose. Dentro di sé Daemon sente già i rintocchi della battaglia, quella ferita mai rimarginata ora fa più male che mai. Da una parte deve difendere l’onore di sua moglie, la donna che ha sempre amato, dall’altra deve dimostrare ancora una volta chi è veramente. Dalla reazione dopo la morte di suo figlio, possiamo affermare con certezza che Rhaenyra ha ereditato dal padre la pazienza, caratteristica mai appartenuta a suo marito. Ma forse la stessa regina non è ancora pronta per governare, e questo Daemon l’ha capito.
E’ per questo che sente il peso delle responsabilità, perché non si tratta solo di Rhaenyra, ma di tutta la sua famiglia. Daemon vede la rivolta degli Hightower come un attacco diretto all’onore di suo fratello Viserys, che aveva designato Rhaenyra come sua erede. E’ per questo che non trova pace, sospetta tradimenti e organizza di sua sponte contrattacchi nocivi. E’ la sua natura che ha preso il sopravvento ancora una volta. Ma nonostante ciò, nonostante sia il mandante (involontario) di un infanticidio, non riusciamo proprio a vederci del male in lui. La verità è che Daemon Targaryen è sempre stato nel posto sbagliato al momento sbagliato. E in tutto ciò la sua impulsività, per quanto nobile, è il suo più grande limite. La rabbia gli impedisce di ragionare con lucidità, quella sensazione di essere in procinto di perdere ciò a cui ha sempre ambito gli annebbia la vista.
Un dettaglio fondamentale che non poteva sfuggirci: giunto a Harrenhal, Daemon si fa chiamare sua altezza
Ma non lo ha fatto perché trama contro sua moglie, contro la donna che ha giurato di difendere e appoggiare per l’eternità. Lo ha fatto perché non sa più chi sia. Ha bisogno di dimostrare, ha bisogno di essere apprezzato, di ricevere quelle considerazioni che non ha mai ricevuto prima. Alla base di una delle guerre più sanguinarie che Westeros abbia mai visto, ci sono anche delle banali mancanze affettive. Quelle che Daemon si trascina dietro dal regno di suo fratello e probabilmente anche dalla sua stessa infanzia. Prima delibera un contrattacco ai danni dei Verdi senza interpellare la regina, diretta interessata, per poi sostituirsi alla stessa in cerca di alleanze. Rhaenyra ha deciso di allontanarlo da Roccia del Drago proprio per evitare uno scontro, perché in questo momento così complesso i Neri hanno bisogno di compattezza, di solidità.
Ma quella frase pronunciata alla corte di Harrenhal non passerà inosservata. E proprio perché convinto delle sue posizioni, consapevole di agire negli interessi della regina, Daemon non è capace di comprendere quale sia il limite. Nel tentativo di ristabilire l’ordine, proprio ora, dopo anni e anni di cambiamenti e di mete temporanee, non sta facendo altro che peggiorare la sua posizione. La verità è che Daemon è sempre stato il più grande nemico di sé stesso. Inconsciamente, non è mai stato in grado di accettare i propri limiti, ma quando farà il suo ritorno a Roccia del Drago potrebbe essere troppo tardi.