Dracarys
Non avevo idea di quanto mi mancasse sentire questa parola fino a quando Rhaenyra Targaryen non l’ha pronunciata durante il funerale di sua madre e del suo fratellino appena nato. È stata questa a riportarmi dritta nel mondo di Game of Thrones, più dei capelli argentei dei protagonisti, dei draghi e anche più del trono di spade stesso. Un mondo che mi mancava tanto e nel quale ho provato a rituffarmi diverse volte con i rewatch di alcune stagioni o episodi chiave. Ma l’emozione di scoprire una storia per la prima volta è qualcosa che un rewatch non può dare, e che invece il primo episodio della prima stagione di House of the Dragon è riuscito a farmi vivere.
Basta con i pregiudizi
Mi tocca dire che dovrei smetterla di avere pregiudizi. In quanto persona estremamente attaccata alle cose che mi piacciono, tendo a non amare molto gli spin-off delle serie che sento in qualche modo mie: parto prevenuta, comincio a pensare che niente potrà essere come quello che ho già visto e dico a me stessa che non ho intenzione di guardarli. Poi, puntualmente, quando escono non riesco a farne a meno, non sarò di certo io a uscire dal mondo che amo prima che sia questo a finire definitivamente. In alcuni casi non mi sono ricreduta: il caso di Harry Potter e del suo prequel Animali Fantastici mi ha dimostrato che ampliare un mondo fantasy non significa necessariamente migliorarlo, anzi. Dunque, mi ha dato un motivo in più per temere con tutte le mie forze House of the Dragon.
Ma mi sbagliavo. Ok, è vero, ho visto un solo episodio e House of the Dragon ha ancora tutto il tempo per deludermi, ma per adesso non l’ha fatto. Anzi, mi ha riportato dritta alle emozioni della prima stagione, quella in cui le dinamiche erano ancora tanto complesse quanto semisconosciute e ogni azione poteva determinare qualunque tipo di reazione. Quelle in cui non avevamo ancora capito il ruolo di Ditocorto nella morte di praticamente tutti i personaggi che ci piacciono (e anche di qualcuno di quelli che non ci piacciono), in cui Daenerys Targaryen era una giovane donna non ancora folle come suo padre e in cui pensavamo che Eddard Stark sarebbe stato il protagonista della serie. Bei tempi quelli.
House of the Dragon riporta agli albori di Game of Thrones
Sono tanti gli elementi del primo episodio di House of the Dragon che mi hanno riportato alle origini di Game of Thrones. Ci sono, prima di tutto, le chiome argentee dei Targaryen, così familiari grazie a Daenerys e a suo fratello Viserys, e c’è anche il nome stesso di Viserys I, che spero vivamente faccia una fine migliore di quella riservata al suo omonimo circa 172 anni dopo. C’è una colonna sonora meravigliosamente familiare, ci sono le strade di Approdo del Re, i bordelli, i tornei dei cavalieri che tendono a finire con escalation di violenza nemmeno troppo impreviste. E c’è, appunto, la violenza, quella cruda che non è mai mancata nella serie madre ma che nel corso delle stagioni si è in qualche modo ridimensionata per fare spazio ad altri aspetti della storia. Stesso discorso per quanto riguarda il sesso esplicito, i corpi femminili a favore di camera e la rappresentazione di un potere, quello maschile, che proprio attraverso il sesso e il combattimento si palesa più che mai.
Ma oltre agli elementi visivi, anche lo stile della narrazione fa la sua parte. Tra le prime e le ultime stagioni di Game of Thrones è palese la velocizzazione degli spostamenti, delle azioni, della narrazione: la serie prende necessariamente un ritmo diverso nel tempo, una caratteristica a mio avviso degenerata sul finale. Si passa dalla lentezza della prima stagione all’incredibile velocità dell’ultima, vuoi anche per la necessità di raccontare tante cose in meno episodi. Il primo episodio di House of the Dragon mi ha riportato all’attenzione delle origini, alla minuzia con cui sono presentati i personaggi, alle piccolezze che in futuro si riveleranno fondamentali. Mi ha dato la voglia di scoprire chi saranno i villain e quali dei Targaryen impazziranno prima e peggio. Insomma, mi ha riportato prepotentemente in un universo che mi mancava da morire.
Westeros è casa
Il fatto è che ormai, dopo tante stagioni di avventure più o meno piacevoli, Westeros è un po’ casa, anche dopo un finale di serie che mi ha lasciata con l’amaro in bocca. Ed esattamente come quando passo lunghi periodi lontana dalla mia città e dalla mia famiglia, non vedevo l’ora di tornarci. Il fatto che i Targaryen non siano la mia casata non è un problema, e fortunatamente ho intravisto uno Stark tra le schiere di Lord giunti da tutti i Sette Regni per onorare il nuovo erede al Trono di Spade. Una donna, per la prima volta nella storia. Una Targaryen che non è Daenerys, ma che in qualche modo le somiglia. E io non vedo l’ora di scoprire cosa farà.