Come si fa a riconoscere un bravo attore? Si guarda la presenza scenica, la capacità di immedesimarsi in ruoli diversi o “semplicemente” la recitazione? Alla cerimonia degli Oscar 2015, Cate Blanchett è riuscita a darci una definizione piuttosto calzante: riconosciamo un attore sublime quando siamo fisicamente incapaci di staccare gli occhi dallo schermo, per paura di perderci anche un solo istante. Quando un volto che pensavamo di conoscere torna ad esserci estraneo, possiamo essere quasi sicuri di avere di fronte un attore straordinario. Concedeteci quindi di fare un panegirico, per nulla esagerato, ad un attore che per anni è rimasto inspiegabilmente nell’ombra e che, finalmente, sta avendo il riconoscimento che merita. Ci sembra proprio il caso di dirlo: grazie di tutto, Matt Smith.
Possiamo anche ammetterlo: non a tutti piace la fantascienza. Forse questo spiega come una consistente fetta di pubblico (forse anche più avanti con gli anni) sia rimasta spiazzata dalla bravura di questo allampanato attore inglese ai tempi dell’uscita della prima stagione di The Crown. Fortunatamente, i fan più affezionati si ricordano precisamente di Matt Smith in quello che è forse il suo primo ruolo di grande livello, quello dell’undicesimo dottore in Doctor Who, personaggio che ha interpretato dal 2010 al 2014 e che gli è valso una candidatura ai premi BAFTA. Il dottore di Matt Smith è giovane, irriverente, divertente e decisamente fuori dagli schemi. Fa quasi ridere associare ad un personaggio goffo, folle ed essenzialmente buono la figura dell’attore britannico, considerando che negli ultimi anni si è cimentato nell’interpretazione di ruoli decisamente più controversi (si, Filippo, stiamo parlando di te).
Non solo l’undicesimo dottore è considerato tra i migliori dell’intera Doctor Who: l’interpretazione di Matt Smith è riuscita a portare una ventata di aria fresca in un momento in cui, dietro le quinte della serie, si respirava aria di tensione. Dopo il passaggio del testimone di David Tennant (che aveva completamente rivoluzionato il ruolo), Matt Smith si è ritrovato tra le mani il compito di reinventare un personaggio legato fortemente alla cultura britannica. E ce l’ha fatta, eccome se ce l’ha fatta. Non dimentichiamoci, tra l’altro, che è stato l’attore più giovane ad interpretare un dottore in Doctor Who; se non è bravura questa…
Da una serie come Doctor Who che ha fatto la storia della cultura britannica siamo passati ad un personaggio che, invece, della Gran Bretagna ha fatto proprio la storia. Anche se, forse, da dietro le quinte. Matt Smith è infatti riuscito, nelle prime due stagioni di The Crown, a regalarci un principe Filippo come mai ce lo saremmo aspettato. Non tanto per l’inquietante somiglianza fisica (che comunque va sottolineata), quanto per l’incredibile naturalezza con cui l’attore è riuscito a trasportare sullo schermo uno dei personaggi pubblici più controversi della storia recente. Alto, un po’ curvo e apparentemente sullo sfondo, Matt Smith restituisce le continue contraddizioni di un principe nell’ombra. Un uomo a cui, nonostante i suoi chiaroscuri, non manca mai di rispetto.
E’ fin troppo facile odiare un personaggio come quello di Filippo in The Crown. Eppure Matt Smith, con una semplicità che fa quasi paura, ce ne racconta la personalità, gli errori, le passioni, in sostanza tutto quello che ha reso il consorte della regina Elisabetta umano. Nonostante Tobias Menzies, nelle successive due stagioni della serie, abbia portato avanti l’eredità e la storia di Filippo in maniera eccelsa, Matt Smith ha lasciato il segno. E ci ha fatto capire che, alla fine, Lillibeth è stata davvero per Filippo “the foundation of his duty“.
Poi è arrivata sugli schermi House of the Dragon. E Matt Smith ha scombinato tutte le carte in tavola, cambiando in maniera significativa non solo la storia dell’universo di Game of Thrones ma anche il suo lavoro come attore. Se il principe Filippo di The Crown è compassato, attento, elegante, mai con una parola fuori posto, Daemon Targaryen di House of the Dragon è fuoco. Non l’incendio che divampa e, senza controllo, distrugge ogni cosa che incontra, ma la fiamma sottile, che guizza silenziosa e indisturbata.
Il Daemon di Matt Smith ci ricorda che un attore egregio a volte può non aprire bocca e riuscire comunque a dirci tutto.
Infinite, infatti, sono le scene di House of the Dragon in cui Matt è il protagonista indiscusso nonostante non pronunci una sola parola. Ancora una volta carico di una grossa responsabilità sulle spalle (quella del prequel di una serie che ha fatto la storia della televisione recente), Matt Smith prende letteralmente tra le mani la figura del villain televisivo e la sgretola. Ricostruendola poi tutta da capo. Il fratello del Re Viserys è un personaggio a dir poco sfaccettato, e quasi impossibile da comprendere: non è buono né cattivo, nel giusto o nel torto, pulito o macchiato. E’ l’ennesima dimostrazione che il cinema racconta la vita, perché Matt Smith non è solo la definizione di ugly hot andata tanto virale su Tik Tok: è uno degli attori che forse di più conferisce veridicità ai personaggi che porta in scena. Mai stereotipati o macchiette, ma sempre e comunque veri.
E’ un vero peccato che George R.R. Martin non abbia potuto assistere da vicino alle riprese di House of the Dragon; forse, per una volta, sarebbe rimasto a bocca aperta. A noi sicuramente è successo.