Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla seconda stagione di How I Met Your Father
Se ci si fermasse a quello che sta rimarcando gran parte della critica statunitense, dovremmo parlare di un disastro. Un fallimento annunciato, il trionfo di chi “l’aveva detto” e non ci aveva creduto fin dall’inizio, prima ancora che andasse in onda. Altrettanto si può affermare a proposito del pubblico, per una volta piuttosto allineato ai pareri più estremi degli esperti del settore: l’impietoso 35% raccolto su Rotten Tomatoes, una media più alta del 33% su cui si attesta attualmente una seconda stagione in apparente discesa, è fin troppo evocativo. Per non parlare del funereo 5.5 di IMDb, pur in presenza di due episodi da 8.1 peraltro associabili a due cameo che hanno scaldato i cuori dei fan più nostalgici. Insomma, sembra che How I Met Your Father, spin-off di How I Met Your Mother targato Hulu, non stia piacendo quasi a nessuno. E che stia per schiantarsi contro un muro per finire dopo appena due anni, diventando così l’ennesima comedy di nuova generazione incapace di conquistare un pubblico che tuttavia avrebbe un gran bisogno di risate e leggerezza.
Ma è davvero così? How I Met Your Father è tanto brutta? Oppure si sta esagerando e si sta dando alla serie delle colpe che non ha, finendo per farne una vittima dei pregiudizi che accompagnano sempre l’avvento dello spin-off di una serie iconica?
Rispondiamo subito, andando in controtendenza: sì, si sta esagerando. E parecchio. Ma allo stesso tempo comprendiamo almeno in parte perché ci si stia accanendo a tal punto contro di essa. Era pressoché inevitabile: dopo anni di rumors e speculazioni di vario tipo su presunte produzioni derivate da How I Met Your Mother, l’annuncio di un sequel era stato accolto con grandissimo scetticismo. Nessuno sentiva la necessità di riproporre un racconto generazionale di questo tipo, con presupposti simili. Tanto simili da aver fatto pensare alla nascita di una sorta di reboot, più che di un vero e proprio spin-off. E si sa: al di là delle polemiche che non finiranno mai a proposito dell’ultima stagione e del controversissimo finale, How I Met Your Mother andava bene così com’è. Quindi perché rifarla, con un cast del tutto nuovo e una Ted Mosby al femminile? Aveva ancora qualcosa da raccontare, sul serio? No, di solito gli spin-off non funzionano così: quando funzionano, ed è piuttosto raro che funzionino, devono proporsi fin dall’inizio in equilibrio tra il rispetto e l’omaggio della serie madre da cui derivano e il parallelo distacco da essa per trovare una propria identità. Per intenderci: Better Call Saul è diventata una delle migliori serie di tutti i tempi perché è un capolavoro che ha tutto di Breaking Bad, pur non avendone niente allo stesso tempo. Better Call Saul è figlia di Breaking Bad almeno quanto ne è del tutto estranea. E parimenti si potrebbe a proposito delle sit-com manifesto degli ultimi trent’anni, Frasier, spin-off dell’iconica Cheers che di Cheers ha tutto e niente.
Insomma: o si percorrono nuove vie – e lo si fa fino in fondo, senza aver paura di osare – oppure non si va da nessuna parte e si finirà per essere la copia sbiadita di un bell’originale. Ecco, di How I Met Your Father si pensava e si continua a pensare questo, in parte a ragione: dopo aver superato la metà della seconda stagione, lo spin-off è ancora aggrappato oltremisura alla gloria passata di How I Met Your Mother, macchiata solo in parte dalla gestione sciagurata del suo atto conclusivo. E pare non riuscire ancora a camminare del tutto sulle proprie gambe mentre ripropone il pattern, le situazioni e troppe delle dinamiche a noi familiari da quasi vent’anni. How I Met Your Father, quindi, dovrà capire cosa fare da grande, se avrà l’opportunità di crescere. E fin qui sembriamo associarci pienamente alla vulgata popolare e all’intelligenzia che non perdono occasione per farla a pezzi e massacrarla così nei peggiori dei modi. Ma, ripetiamo: noi non la pensiamo così. E siamo convinti che oltre ai pregiudizi e ai limiti strutturali appena evidenziati, How I Met Your Father stia pagando a carissimo prezzo i passi falsi fatti nel corso della prima stagione. Paradossalmente, gli stessi errori commessi dalla sua serie madre nel vituperato finale.
Il vero problema è stato uno: come abbiamo rimarcato più volte negli ultimi mesi, uno dei grandi limiti delle comedy proposte nell’ultimo decennio è il formato. Un formato troppo ridotto, oscillante mediamente tra gli otto e i dodici episodi da venti-trenta minuti l’uno. Troppo poco per dar modo a una comedy di connettersi al pubblico, costruire un presupposto narrativo davvero convincente, definire dei personaggi ben strutturati e trovare una propria autonomia – vincente – dai canoni storicamente proposti all’interno del genere. How I Met Your Father l’ha dimostrato in negativo nel corso della prima stagione: le dieci puntate commissionate da Hulu hanno portato gli autori a fare non poca confusione e a concentrare una trama estesa all’interno di un minutaggio inadeguato, portando a un racconto a cui è stato difficile appassionarsi e in cui è stato difficile identificarsi. Gli autori sapevano di aver poco tempo per convincere la produzione e il pubblico riguardo le potenzialità dello spin-off e hanno così corso eccessivamente. Un po’ come era successo alla serie madre nel corso dell’ultima stagione e, in particolare, nel doppio episodio conclusivo: una trama che sarebbe stata perfetta, all’altezza in tutto e per tutto di una serie tanto grandiosa, se fosse stata raccontata in venti puntate Fu invece sintetizzata in quaranta miseri minuti, e il resto è storia.
Hulu, per fortuna, non ha però commesso lo stesso errore commesso negli ultimi anni da troppi altri network – ma anche da essa stessa, se pensiamo alla cancellazione frettolosa dell’ottima Reboot – e ha deciso di credere fin in fondo in How I Met Your Father.
Non solo con un timido rinnovo, bensì con un rilancio: una seconda stagione da venti episodi, non più dieci. Risultato? Al di là di quello che stanno affermando i critici più bacchettoni, lo spin-off sta trovando lentamente una propria identità, sta dando vita a intrecci sempre più interessanti, si sta interfacciando in modo intelligente con la serie madre attraverso gli inserimenti di Robin e Barney e, più di ogni altra cosa, sta rispondendo all’esigenza primaria di una comedy, troppo spesso dimenticata dalle produzioni di nuova generazione: intrattiene con la giusta leggerezza e fa ridere. Dopo ventitré episodi, How I Met Your Father non è ancora perfetta e forse non lo sarà mai: gli attori protagonisti non hanno finora dimostrato di essere all’altezza dei predecessori e non mostrano l’alchimia magica del cast originale, manca ancora l’intensità emotiva della serie madre e sembra essere globalmente più debole nel rappresentare il dizionario sentimentale che aveva fatto grande la comedy da cui è derivata. Ma sono valutazioni parziali, molto parziali. Perché se da un lato è vero che alcune tra le migliori serie comedy della storia avevano saputo dimostrare molto più di questo nel medesimo spazio, è altrettanto vero che ognuno ha bisogno di tempi diversi per plasmarsi in una creatura definitiva d’alto livello. Un tempo che speriamo vivamente possa avere How I Met Your Father, oltre due stagioni.
Vogliamo quindi credere in un’ambiziosa comedy di cui non avevamo bisogno, perché può davvero diventare l’erede di How I Met Your Mother. O quantomeno colmare la lacuna all’interno di una proposta seriale che latita a fondo in questo senso. Vogliamo crederci, anche se difficilmente saprà mai raggiungere le vette di un’opera originaria irripetibile. E vogliamo farlo, al di là dello scetticismo permanente, pure perché quindici anni fa, nell’ormai lontano 2008, quasi tutti avevano smesso di credere in quell’opera originaria unica e irripetibile. Dopo tre stagioni e 57 delle 208 poi andate in onda. How I Met Your Mother, infatti, mai acclamata dalla critica e incapace fin lì di intercettare un pubblico soddisfacente, era arrivata a un passo dalla cancellazione e fu salvata, incredibilmente, dalla partecipazione di Britney Spears che, con la sua comparsata, aveva rappresentato lo stupefacente crocevia di una serie capace di riscrivere, da lì in poi, la storia di un genere. Ma questa è un aneddoto che vi abbiamo già raccontato e che è ormai un punto fermo delle sliding doors della televisione contemporanea: ci auguriamo di poterne vivere presto un’altra, in un’epoca in cui la pazienza è ormai diventata una dote rarissima. Con un’altra comedy in cui pochi credono. Un’underdog destinata a fallire che potrebbe però darci un’importante lezione: le bocciature premature, specie se poggiate a pregiudizi che non sanno leggere ogni situazione con la giusta obiettività, non fanno mai bene. D’altronde, non sempre c’è il deserto oltre un colpo di fulmine non scattato. E la “Lebenslanger Schicksalsschatz”, se si parla di serie tv, non è mai una regola universale.
Antonio Casu