Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su How I Met Your Mother
“Una bugia è solo una bella storia che qualcuno rovina con la verità”.
Se qualcuno ci chiedesse cosa significhi essere Barney Stinson, la risposta sarebbe qui, in una delle sue frasi più iconiche. Perché le bugie, seppure abbiano le gambe corte, ci lasciano spesso il tempo di fuggire lontano e permetterci di vivere una nostra storia, più seducente della realtà. Parliamo di lui e del grande racconto di How I Met Your Mother, ma potremmo riferirci ad ognuno di noi: essere Ted Mosby, brutalmente onesto nel suo essere sognatore, non è semplice per nessuno. E lo è ancora meno essere Marshall Eriksen o Lily Aldrin, meravigliosi quarantenni fin da quando ne avevano trenta. Far finta di essere Barney Stinson, invece, è facile. Facilissimo. Ma è un palliativo. Una pillola che allieva il dolore, senza trovare rimedio. Solo complicità, nel momento in cui si abbraccia Robin Scherbatsky, una che se non è Barney Stinson poco ci manca. Insomma, è molto meno leggendario di quel che sembrerebbe all’apparenza, ed è questo a farne uno dei personaggi migliori nella storia delle serie tv.
La vita di Barney è bella solo agli occhi di chi non è capace di vedere in How I Met Your Mother una divertente e struggente dramedy. E l’avevamo capito fin dal momento in cui l’abbiamo visto per la prima in una veste molto diversa rispetto a quella del canonico playboy incallito, simile a tanti altri. All’egocentrico narcisista corrisponde simmetricamente un ragazzo profondamente sensibile e fragile, incapace di affrontare gli ostacoli della quotidianità. Quello che era a 23 anni, come tanti di noi. Innamorato della vita, e dell’amore. Con tanti sogni nel cassetto e la naturale ricerca della semplicità, tanto grande da poter azzerare ogni lacuna. Il tradimento di Shannon, la donna che più di ogni altra ha spezzato il suo cuore, ha interrotto bruscamente la fase adolescenziale che ognuno di noi vive. Con la differenza che lui, invece di andare avanti, è tornato indietro.
È il primo amore, eterno o effimero che sia, a farci diventare grandi, ma lui non ce l’ha fatta. In quel momento Barney si è chiuso in una bolla infantile che ha simulato la realtà, indossando un’uniforme che diventerà il suo manifesto esistenziale: la verità fa paura, è meglio vivere una bella storia. Come aveva fatto a più riprese, non a caso, la madre Loretta, capace di fargli credere per anni di essere figlio di Bob Barker. L’assenza di un padre gli ha tolto un riferimento fondamentale, creando un vuoto che, nell’impossibilità d’esser colmato dall’amore, è stato riempito dai lussi, la lussuria e la superficialità apparente di un’esistenza artefatta nella quale i travestimenti non sono altro che le maschere che ogni bambino indossa. In quel momento la sua vita è diventata una grande menzogna, una grottesca pièce teatrale con un unico protagonista e una miriade di comparse, più o meno consapevoli.
La voglia di rivalsa nei confronti di un mondo che sembra rigettarlo in ogni modo si riflette in tutto quello che è e fa. Dal lavoro che l’ha arricchito, portato avanti fin troppo a lungo in nome di una vendetta assurda, ai bizzarri eccessi che lo caratterizzano, bilanciamenti illusori di una fragilità profonda che vive della necessità perenne di approvazione e adulazione. Ma la narrazione, leggendaria e macchiettistica, non può durar per sempre. E il Re, ad un certo punto, sarà sempre nudo. In fondo lo è per chiunque lo conosca anche solo superficialmente, ma lo è soprattutto per la sua famiglia, quella acquisita. L’amore di una madre, un fratello e un padre ritrovato non sono sufficienti per spezzare un incantesimo così solido, e Barney, nonostante sbagli tutto nella sua vita, ha saputo tenersi stretto quattro amici, molto lontani da lui. Se da una parte Lily (e per molti versi anche Marshall) incarna un ruolo al limite del genitoriale, Ted, un fratello, è l’altra faccia della sua stessa medaglia. Laddove Barney è fuggito, Ted ha tenuto duro, senza snaturarsi.
Poi c’è Robin, la persona che in assoluto ha potuto comprenderlo meglio. Una compagna di giochi, la spalla ideale. La donna che l’ha riportato alle origini, senza riuscire tuttavia ad entrare dentro di lui fino in fondo. Troppo simili per riuscirci, e il fallimento del loro matrimonio, una bella avventura durata tre anni, è la naturale conseguenza della paura di essere se stessi senza compromessi. I veli più intimi, appena sfiorati da un amore profondo, sincero e romantico, vissuto con lo stesso trasporto del primo, non sono mai caduti, e le maschere, tolte senza scoprire gli occhi, sono tornate al loro posto dopo una folata di vento. Così come Robin si è abbandonata anima e corpo alla carriera lavorativa, Barney è tornato il bambino che era, immerso in un vortice di solitudine quasi senza speranza. Quasi, perché talvolta l’ombrello giallo del destino può avere il sorriso di una bambina appena nata, arrivata per caso come spesso accade quando si tocca il fondo e si pensa sia troppo tardi. Barney, grazie a Ellie, la donna della sua vita, può essere finalmente se stesso. Essere Barney Stinson, per davvero. E vivere una bella storia che nessuno potrà rovinare. Una grande realtà, travestita da favola.
Antonio Casu
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