Di solito, prima di trovare una persona giusta per te bisogna attraversare un’estenuante trafila di appuntamenti, alcuni improbabili, alcuni comici, altri addirittura inquietanti! Qui vi racconterò alcune delle storie più assurde che mi sono capitate nei miei appuntamenti al buio con personaggi alquanto bizzarri. Talmente strani da sembrare usciti nientemeno che da una Serie Tv. E questa volta mi è sembrato di essere piombata di colpo in una puntata di How I Met Your Mother.
“Dai, fidati che ti divertirai!”, mi dicevano. Il problema è che le mie amiche dicono sempre così, poi si rivelano essere le ultime parole famose. D’altronde, l’ultima volta che mi hanno combinato un appuntamento al buio, il cosiddetto ragazzo carino, un vero lord inglese, si era rivelato un potenziale serial killer, dal quale ero dovuta fuggire a gambe levate. Quindi capirete come fossi scettica questa volta, quando loro si sono presentate alla mia porta saltellanti ed entusiaste, dicendo che mi avevano combinato un incontro con un ottimo partito. Comunque, anche questa volta avevo ragione a essere diffidente. Questa volta, anziché in Game of Thrones sono capitata nientemeno che nei patemi d’animo di How I Met Your Mother!
“L’avete visto questo, almeno?”. Alla mia domanda preoccupata le ragazze si sono guardate fra loro, con aria colpevole. “Ehmm, no. Ma fidati, davvero!! Ha combinato tutto un delizioso ragazzo americano con cui è uscita Sara l’altro giorno. Vedessi che fascino! Ha detto che si è subito innamorato di lei e l’ha portata a Parigi per un intero weekend! Poi ok, non sono neanche usciti dalla camera…“. La frase è stata interrotta da una serie di risolini francamente imbarazzanti, sui quali ho deciso di glissare. “Sì, ok, tutto meraviglioso.“. Le ho interrotte io. “Ma insomma, perché questo dovrebbe darmi una garanzia?”. “Come sei malfidente, però! Come puoi non fidarti di un ragazzo così meraviglioso? Ha detto a Sara che non appena tornerà dalla sua missione segreta in Etiopia, si frequenteranno sul serio. Lui dice di aver capito fin da subito che lei era quella giusta, capisci? È tutto così romantico!”. “Non siamo mica in How I Met Your Mother! Ma come parlate?”. ho chiesto io, visibilmente infastidita.
Ma nonostante le mie proteste, tanto hanno detto e tanto hanno fatto, che ho deciso di rimettermi alla loro volontà e prepararmi per questo misterioso, nuovo appuntamento. Ma ero parecchio scettica nei confronti del misterioso principe azzurro in cui era incappata Sara ed ero ancora più scettica sulle possibilità che questo uomo meraviglioso potesse aver trovato per me un ragazzo non dico perfetto, ma perlomeno gentile e divertente. Cercando di ignorare le mie elucubrazioni, mi sono comunque preparata avviata verso il luogo dell’appuntamento. Mentre camminavo, pensavo alle informazioni che le mie amiche erano riuscite a racimolare sul mio uomo: origini persiane, vive a New York. A parte questo, non sapevo nulla.
Una volta arrivata all’indirizzo che mi avevano dato, mi sono ritrovata davanti la facciata di un elegante hotel in centro città. Ho sbirciato attraverso le vetrate illuminate e ho visto la sala di un ristorante stellato, con candide tovaglie di lino, candele su ciascun tavolo e camerieri in divisa che si affaccendavano fra i tavoli. Se non altro cominciamo meglio della volta scorsa. Ho pensato fra me e me, ricordando con raccapriccio l’orrido locale simil-macelleria in cui mi aveva portato il serial killer, mio primo appuntamento al buio. A un certo punto, ho alzato gli occhi: un’elegantissima limousine nera tirata a lucido stava accostando proprio davanti a me. Incuriosita, ho aspettato di vedere chi scendesse dal sedile posteriore. Ma, con mia grande sorpresa, si è aperta solo la portiera dell’autista. “Heeeeeeellooooooooo!! “.Ha sbottato una voce rauca all’interno dell’abitacolo. Dalla macchina è uscito sgambettando un omino di mezz’età dai lineamenti orientali e la pelle olivastra, con un sorriso a trentasei denti. Ma quando ha visto me, sbigottita sul marciapiede di fronte a lui, ha spalancato gli occhi e ha esclamato: “Ma… Ma lei non è il signor Stinson!”. “Ehm, no, direi di no“. Ho replicato io, sempre più allibita.
A quel punto l’omino si è grattato la testa con aria perplessa, poi ha estratto un vecchissimo cellulare dalla tasca dei pantaloni e ha digitato velocemente un numero, mormorando qualcosa con aria preoccupata. “Eppure mi aveva detto di farmi trovare qui, a quest’ora e su questo marciapiede“. Ha borbottato, lanciandomi occhiate di sottecchi mentre andava su e giù per il marciapiede. Poi, evidentemente qualcuno dall’altro capo deve aver risposto, perché l’omino, sempre più agitato, ha attaccato: “Signor Stinson, tutto a posto? Io sono qui, ma lei non si vede…Sì…No. C’è solo una ragazza, qui.”. Poi si è girato verso di me, sempre più confuso. “Sì, certo, è una gran bella ragazza, ma che c’entra questo? No, un momento…UN MOMENTO! Signor Stinson, lei non può…IO SONO SPOSATO, MALEDIZIONE! Gliel’ho già detto”. A quel punto si è lanciato in una serie di imprecazioni in una lingua a me sconosciuta. Ed evidentemente doveva essere sconosciuta anche all’interlocutore, perché nel bel mezzo della litania (a un certo punto ha cominciato ad avere un suono quasi piacevole) si è sentito un sonoro bip dall’altra parte, chiaro segno che la conversazione era terminata.
A quel punto, è sembrato che l’omino si fosse ricordato che c’ero anch’io lì sul marciapiede, perplessa, preoccupata e ora anche un po’ infreddolita, dato che avevo addosso il mio vestito da grande occasione. Elegante, certo, ma anche parecchio leggero e scomodo.
“Signorina, le devo fare le mie più sincere scuse.”.
Ha attaccato l’uomo, avvicinandosi a me con aria sinceramente mortificata. “Vede, non intendevo certo essere scortese. Ma il signor Stinson questa volta ha davvero esagerato. Io sono sposato e non tradirei mai la mia adorata Falguni. Ma a quanto pare il signor Stinson si è messo in testa che io debba rimpiazzarla con qualcuna, ecco…Più sexy, dice lui“. A quel punto ha tossicchiato con aria imbarazzata e io mi sono sentita avvampare dalla testa fino alla punta dei piedi. “Sa, continua a dire che nuovo è sempre meglio e cose così…”. “Signore“. L’ho interrotto io, immaginando che sarebbe andato avanti a sproloquiare per un bel po’. “Io non so neanche chi sia questo signor Stinson di cui lei sta parlando e non so che razza di scherzo le abbia voluto fare. In ogni caso sono dispiaciuta quanto lei e mi dispiace se l’ho messa in imbarazzo. A questo punto direi che ci possiamo salutare“.
“Neanche per sogno!”. Ha esclamato l’uomo, con decisione. “Sa che le dico? Il signor Stinson ha detto che avrebbe pagato lui la cena. E noi gliela faremo pagare. Ordineremo tutti i piatti più costosi. Che ne pensa?“. Improvvisamente confortata da quella prospettiva, ho sorriso con gratitudine. “Penso che sia un’ottima idea”. Ho poi risposto. “Bene. E poi non potrei mai permettere che dopo questo disturbo lei torni a casa a stomaco vuoto. Venga, la scorto dentro“. Ha detto l’omino, porgendomi il braccio, che ho afferrato divertita.
“Io sono Ranjit, a proposito”.
Ha poi esclamato, sorridendomi. “Se dobbiamo cenare insieme, tanto vale presentarci, no?“. “Giusto“. Ho risposto io, dicendogli di rimando il mio nome. Poi siamo entrati nel ristorante, chiedendo del tavolo prenotato a nome Stinson. Una volta dentro, di comune accordo, abbiamo ordinato tutti i piatti più costosi: aragosta (due porzioni), caviale, ostriche, risotto al tartufo e lo champagne più costoso in commercio. E io, incuriosita, gli ho chiesto di parlarmi un po’ di lui. “Davvero le interessa?”. Mi ha domandato Ranjit, spalancando di nuovo gli occhi con aria stupita. “Ma certo che sì. Dobbiamo cenare insieme, quindi tanto vale che si parli un po’ di lei, no?“.
“Beh, sì“. Ha risposto lui, grattandosi la testa e guardandosi intorno con aria confusa. “Dunque, sarebbe carino raccontarle come ho conosciuto il signor Stinson. A quel tempo guidavo un taxi e c’era il suo amico Ted che voleva andare a casa di una certa Robin…“. “Ranjit“. L’ho interrotto io con decisione. “Io voglio che mi racconti di lei, non del signor Stinson. Ad esempio: com’è sua moglie?“. A quel punto il viso dell’uomo si è illuminato. Ha cominciato a raccontarmi a tutto spiano di sua moglie e dei suoi figli e mi ha fatto vedere delle foto che portava ne portafogli. “Sa, così mi fanno compagnia anche mentre lavoro. Guidare può essere molto noioso, a volte. Non sempre capitano persone interessanti come il signor Stinson e i suoi amici“.
Poi, fortunatamente, l’arrivo dell’aragosta l’ha distratto dall’ennesima filippica su questo fantomatico signore che, ormai ne ero certa, era il misterioso uomo di Sara. E a quel punto ho anche cominciato a preoccuparmi per la mia amica, perché questo tizio mi sembrava tutto meno che un individuo rispettabile. E, certo, non aveva nulla a che fare con quella visione di ragazzo romantico e sognatore uscito da uno show stile How I Met Your Mother. Soprattutto dopo che Ranjit mi ha raccontato dei marchingegni della sua casa, che ha delle finestre in grado di riprodurre digitalmente il panorama di Parigi. Proprio come se fosse un’elegante suite nella capitale francese. A quel punto ho cominciato a pensare che il fatto che Sara e il suo principe azzurro non fossero usciti dalla stanza fosse dovuto ad altro, oltre alle fatiche di Venere.
Una volta attaccata l’aragosta, Ranjit ha proseguito il suo monologo, ma raccontandomi della sua vita e dei suoi hobby, compresa la sua bizzarra abitudine di lavorare a maglia. E poi, magicamente, la serata era giunta alla fine. E, strano a dirsi, non mi era per nulla pesata! Certo, non avevo conosciuto il ragazzo perfetto alla How I met Your Mother, ma avevo passato una sera divertente e piacevole.
Una volta arrivata all’ingresso, Ranjit mi ha stretto la mano goffamente. “Signorina, è stata una serata divertente e mi ha fatto molto piacere conoscerla, nonostante le premesse“. “Lo stesso vale per me, Ranjit“. Ho risposto io, sorridendo.
“Sa, non è una cosa comune” ha poi aggiunto l’uomo, “che qualcuno mi chieda di parlare di me, dico. Di solito si limitano a indicarmi il posto dove li devo portare e poi osservano fuori dal finestrino, in silenzio. Oppure sono troppo occupati con il cellulare. E, nel migliore dei casi, parlano, ma sono più ansiosi di raccontarmi i fatti loro, piuttosto che sentire i miei”. “Bé, ogni tanto qualcuno deve occuparsi anche di lei, non trova?”. Ho risposto io. Ranjit ha sorriso. Un sorriso dolcissimo. “Forse ha ragione, signorina. Vuole che l’accompagni a casa?“. “No, grazie, Ranjit. Abito qui vicino ed è una bella serata. Preferisco camminare un po’“. “Meglio per lei. Non ho la patente“. E strizzandomi l’occhio con aria furbetta, è salito a bordo della limousine andando via di gran carriera, lasciandomi sul marciapiede, allibita come a inizio serata.