“Kids, I’m gonna tell you an incredible story: the story of how I met your mother.“
È con queste poche, semplici parole che nel 2005 è cominciata una storia lunga 9 stagioni. Una storia che tecnicamente continua ancora, dato che a pronunciare questa frase ai suoi figli è il Ted Mosby del 2030. How I Met Your Mother ha segnato la storia delle sitcom, ma più in generale non ho paura di dire quella della serialità tutta. Le vicende di Ted, Robin, Marshall, Lily e Barney hanno conquistato per quasi una decade i cuori dei fan della prima ora, di chi si è appassionato nel tempo e anche di chi la serie l’ha vista solo sporadicamente. Perché alla fine, anche non conoscendo il quadro nel suo insieme, i singoli episodi appassionano comunque.
Ma cos’è che di How I Met Your Mother piace così tanto? Sicuramente la costruzione dei personaggi, basati su stereotipi che non sempre sono invecchiati benissimo, ma che sono in grado di toccare ancora molte corde dell’ironia. Ad appassionare sono anche le storie, i legami, le relazioni che si costruiscono e si rafforzano episodio dopo episodio. Ma soprattutto, ad appassionare è il racconto di ciò che accade, quella prospettiva personale, emotiva e ironica, un po’ lontana e un po’ malinconica che solo un narratore in prima persona può dare. Da questo punto di vista questa serie è unica, e si distacca tanto dal suo illustre predecessore Friends (qui una bella lotta tra le due serie) quanto da sitcom successive come New Girl. E a fare la differenza è stato Ted Mosby.
Ted Mosby racconta e ricorda.
Sappiamo fin dal principio che il racconto di How I Met Your Mother non è il solito racconto seriale. Lo sappiamo da quella prima frase che Ted pronuncia ai suoi figli all’inizio di una storia da serata casalinga durato un tempo davvero spropositato, e fin da subito capiamo che quello di Ted sarà tutto fuorché un racconto semplice e lineare. Basti pensare al fatto che comincia annunciando ai suoi figli la storia dell’incontro con la loro madre e invece non fa altro che raccontagli di come ha conosciuto Robin, come si è innamorato di lei, come si sono presi e lasciati e come si è rassegnato a fatica all’idea del suo amore per Barney. Insomma, con presupposti così potevamo capire fin dal principio che la storia sarebbe andata per le lunghe.

Il punto però è un altro: a fare la differenza è proprio la modalità di narrazione. Raccontare una storia – la propria – in prima persona significa dover fare i conti con una serie di fattori parecchio umani. Il primo e principale è senza dubbio la memoria, l’impossibilità di ricordare in modo preciso eventi accaduti vent’anni prima. Sfido chiunque a ricordare i dettagli dello scorso weekend, figuriamoci di una serata avvenuta due decenni fa. Il secondo fattore è invece la soggettività. Partendo dal presupposto che nessun punto di vista è mai oggettivo, ancora meno lo è quello di una persona (o un personaggio, poco cambia) che racconta ciò che ha vissuto, fatto e provato. Ma quindi cosa ci consegna tutto questo?
Ci consegna un narratore inaffidabile.
A parlare per la prima volta di narratore inaffidabile è stato negli anni Sessanta il critico letterario Wayne Clayson Booth. Con questa espressione non intendiamo necessariamente un narratore che consapevolmente o in mala fede altera il racconto, ma una figura la cui credibilità è comunque in qualche modo compromessa. Nel caso specifico del buon Ted Mosby, compromessa dal fatto di esserci dentro con tutti i panni. Il Ted narratore è un personaggio di mezza età (e quindi va da sé un bel po’ nostalgico) dalla spiccata emotività e, per quanto con una buona dose di pesantezza nel modo in cui vive le relazioni sentimentali, anche dalla spiccata ironia. Elementi, questi, che si ripercuotono necessariamente nel suo modo di raccontare.
Possiamo dirlo chiaro e tondo senza che questo tolga qualcosa alla bellezza della serie: molte delle vicende di How I Met Your Mother non sarebbero così divertenti se non fossero fruite dalla prospettiva di Ted Mosby. Pensiamo per esempio a una delle scene più iconiche della serie: il Ti amo che il protagonista dice a Robin nel giro di 0.2 secondi dopo aver rubato per lei il corno francese blu. La scena è di per sé di quelle divertenti e che tanto raccontano del modo in cui Ted vive l’amore. Eppure la cosa più bella sta nel modo in cui la scena viene vissuta e raccontata. Ted che si fa uscire dalla bocca l’espressione più sbagliata nel momento più sbagliato, i suoi amici nel passato e i suoi figli nel presente che reagiscono nell’unico modo possibile, con stupore e l’espressione di chi ha davanti un caso perso.

È di questo che si nutre How I Met Your Mother
È questo che fa della serie il piccolo gioiello di narrazione che è, piaccia o meno ciò che racconta a vent’anni di distanza. Ted vede e vive i suoi amici in un certo modo e noi li vediamo e viviamo esattamente come lui, con tutti gli equivoci e i turbamenti del caso. Non viviamo una realtà, ma il suo modo di interpretarla. Viviamo così il suo tira e molla con Robin, la separazione da Stella, la conoscenza con Tracy. Esistono intere storyline create solo sulla base del narratore inaffidabile, sulla base del fatto che Ted ci abbia visto coincidenze o segni del destino. Un esempio su tutti: senza il nostro narratore inaffidabile cosa sarebbe stato della storia dell’ombrello giallo? Nient’altro che la storia di un ombrello perduto come tutti gli altri. Morale della favola: una delle storie portanti della serie non sarebbe mai esistita.
Altri episodi si basano invece, più che sull’interpretazione soggettiva, su veri e propri vuoti di memoria. La puntata 3×05, Conoscenze vecchie e nuove, ha come personaggio principale una vecchia fiamma di Ted dal nome ormai dimenticato, rinominata per l’occasione Bla Bla. Stessa sorte è toccata a Katy Perry nel suo cameo nell’episodio 6×15, Oh Tesoro. E proprio il fatto che le due ragazze in questione siano così centrali e contemporaneamente innominate rende il racconto così memorabile. E come non parlare del mistero dell’ananas, un dubbio nella serie mai risolto ma che nelle scene tagliate gioca sulla memoria del giovane Ted e di un Ted poi più adulto.
Ulteriore conferma di quanto la narrazione inaffidabile sia importante in How I Met Your Mother?

Uno degli episodi più belli di How I Met Your Mother, Sinfonia di luminarie (qui invece uno degli episodi più sottovalutati). La puntata 7×12 è un concentrato di emozioni, un episodio che fa sorridere e commuovere insieme come pochi altri. E ci riesce ribaltando il punto di vista, regalandoci una Robin narratrice che si apre come mai aveva fatto prima.
Eppure il fulcro di tutto resta sempre Ted, che non per niente è stato identificato tra le migliori voci narranti delle serie tv. Nel suo essere così indeciso e fatalista, così autoreferenziale e davvero parecchio prolisso, Ted ci regala una narrazione personalissima e per questo così preziosa. Ma nel caso in cui qualcuno vi chiedesse di aggiornarvi sulla vita e cominciasse dicendo “Ti racconterò una storia incredibile: la storia di come ho conosciuto la persona della mia vita“, cominciate a scappare.