Fin dai tempi dell’asilo Ted Mosby aveva sempre avuto chiara una cosa: voleva sposarsi. Questo desiderio così forte ha spesso alterato la realtà delle sue relazioni durante il corso della sua vita: non faceva in tempo a conoscere una ragazza che subito gli veniva la forte smania di sposarsi e di confermare che sì, quella ragazza sarebbe certamente diventata la madre dei suoi figli. Perché Ted non voleva solo convolare a nozze, voleva una famiglia intera. Voleva il parco giochi la domenica, le raccomandazioni di non far tardi sera, voleva regalare lo zucchero filato, invitare i suoi amici per un pranzo domenicale. Voleva ognuna di queste cose, e le voleva così tanto da permettere che la realtà venisse alterata. Le voleva così tanto da innamorarsi ogni giorno di una ragazza diversa. Bastava che qualcuna lo facesse passare per primo alla cassa, gli tenesse la porta di un negozio aperta, gli chiedesse dove fosse un famoso monumento di New York sorridendo. Erano una serie di piccoli gesti che non avevano altro obiettivo che la gentilezza, ma a Ted non importava. Ne era certo: quella donna sarebbe potuta diventare la madre dei suoi figli. Ed è così che quegli atti di gentilezza diventavano – nella sua mente – richieste di appuntamenti, l’inizio del vero amore. Gli piaceva immaginare come avrebbe raccontato ai suoi figli l’incontro con la madre, e di come – questo grande amore – sia nato grazie a una fila nel negozio di alimentari.
Barney, Marshall e Lily non facevano altro che cercare di svegliarlo da questo sogno d’amore romantico. Non sopportavano il suo sguardo a seguito di una delusione. Ciò che li stupiva era vedere come, nonostante tutto, lui non imparasse mai. Alla fine arrivarono alla conclusione che le persone imparano solo ciò che vogliono imparare, e che l’amore non è un obiettivo, ma un cammino. Ed era questo ciò che amava Ted: amava la sensazione di attesa, quella che ti fa sudare le mani. Ciò che amava degli appuntamenti erano i momenti che li precedevano, quelli in cui il futuro puoi ancora immaginartelo, e non solo accettarlo.
Da qualche mese le cose vanno bene. Ted ha una ragazza al suo fianco, ma non sembra essere come altre. Sembra essere stata nata per stargli accanto. Insieme riescono a completarsi le frasi, e anche quando l’uno vorrebbe sparire, l’altro ricorda perché non ne vale la pena farlo. Si compensano. Sono l’ingranaggio perfetto, la certezza che sai di aver trovato nel mondo. Lei si chiama Tracy, e ha la faccia di una che non farebbe mai ciò che fanno gli altri. Non se ne andrebbe mai lasciandoti un biglietto, non ti chiederebbe mai una pausa di riflessione, non ti direbbe mai che la tua dolcezza la stia opprimendo. Ogni cosa con lei riesce ad assumere la magia della coerenza, un’arte che Ted fino a quel momento non aveva trovato da nessuna parte, neanche in se stesso. Insieme sentono di poter toccare il cielo con un dito, anche quando questo minaccia pioggia.
Se è un sogno non svegliatelo: Tracy ha detto sì. Vuole stare con lui per tutto il resto dei giorni che precederanno la loro dipartita, vuole un cane e dei figli, l’abito bianco e la domenica al parco. Marshall e Lily se lo aspettavano, Barney crede ancora che possa succedere qualcosa per far rinsavire l’amico dal commettere un simile sbaglio. Ma quel qualcosa non succede, ed è così che – contro ogni pronostico fino all’arrivo di Tracy – Ted trova quello che ha sempre cercato, realizzando ognuno dei suoi desideri.
Se esiste un Dio, sarà sicuramente impegnato a mandare in aria i piani di chi sta qui giù. Non è facile riuscire a quantificare quanto tempo Ted abbia davvero potuto godersi insieme a Tracy, perché – senza neanche accorgersene – questa è andata via. L’ha fatto di notte, quando lui dormiva e non poteva far nulla per impedirlo. Non è chiaro il perché. L’unica cosa chiara della separazione tra Tracy e Ted è che lui voleva, ancora per una volta, qualcosa che dall’altra parte non esisteva. Il matrimonio aveva stretto troppo il nodo alla gola al loro legame, rendendolo meno spontaneo di quanto Tracy amasse. Ed è per questo che, senza che Ted se ne accorgesse, la ragazza fece le valigie lasciandolo con un desiderio avverato solo per metà. Perché c’era una cosa che Ted non aveva messo in conto del matrimonio, ed era il divorzio.
I mesi che seguirono l’addio di Tracy furono i più drammatici. Aveva già sofferto per amore, ma non lo aveva mai fatto per qualcosa che aveva perso. Soffriva per non aver raggiunto l’obiettivo, non per averlo raggiunto e poi non mantenuto nel tempo. Tutte si dileguavano prima di fare il grande passo rendendogli di fatto impossibile poter mantenere qualcosa. Doveva solo faticare per ottenerla. Il dolore di non riuscire a ottenere qualcosa è meno fragile di quello di non riuscire a mantenerla. Poco importa comunque, perché Ted oramai sa la verità sulla sua esistenza: l‘amore non potrà più far pace con lui. Aver visto andare via Tracy, dopo tutto quello che avevano vissuto insieme e dopo tutte le certezze che lei sembrava dargli, significava soltanto una cosa: se è andata via lei, andranno via tutti. Se è andata via lei, non riuscirà mai a mantenere nient’altro.
Marshall, Barney e Lily cercavano di tenerlo occupato il più possibile, ma non c’era birra o festa capace di restituire a Ted un respiro profondo capace di portare leggerezza. Non era stato lasciato all’altare, era stato lasciato dopo, nell’esatto momento in cui aveva pensato di aver vinto il meritato premio per un uomo che ha passato la sua vita a rincorrere il proprio sogno d’amore.
Le passeggiate in solitudine erano le uniche cose che Ted amava ancora fare nonostante l’assenza di Tracy. Percorreva decine e decine di chilometri senza neanche rendersene conto. Attraversava New York zittendola con la sua inquietudine. Nelle sue orecchie i suoi dei clacson rimbalzavano indietro. D’altronde, diceva Lily, non si può competere con il rumore di un amore che si rompe.
Fu proprio durante una di queste passeggiate che Ted decise, per la prima volta, di sedersi su di una panchina. Evitava sempre di farlo perché interrompere il movimento delle gambe gli impediva di ripetere nella propria mente “prima una, poi l’altra, prima la destra, poi la sinistra.” Anche se era stupido, riusciva comunque a tenerlo impegnato. Qualcosa quel giorno però gli disse di sedersi e, visto come andarono le cose, forse quella fu l’unica volta in tutta la sua vita in cui il destino decise di mettersi in mezzo e aiutarlo.
<<Hai qualcosa sui capelli>> Disse una ragazza seduta nella stessa panchina di Ted <<Sembra un insetto>> <<Nonono, dove?>> Ted cominciò a innervosirsi, a muoversi irrefrenabilmente, fino a quando la sconosciuta – che in quel momento sembrava una salvatrice – non gli tolse quell’animalaccio dalla testa. <<‘fiu, che paura. Sicura di averlo tolto?>> <<Puoi scommetterci. Avrà già trovato una nuova dimora in una nuovo cranio molto più carino del tuo>> <<Dovrei ritenermi offeso, ma non lo farò. Qualsiasi cosa, pur di non averlo più su di me. Ci mancava solo lui>> <<Giornataccia?>> <<Oserei dire vitaccia>> <<Cosa può destabilizzarti più di un insetto tra i capelli?>> <<Un divorzio>> rispose Ted, infischiandosene di star per iniziare a raccontare i traumi della sua vita a una totale sconosciuta.
<<E’ certo che questa donna ti abbia ferito, ma non penso che abbia fatto la cosa peggiore che potesse accaderti>> <<No? E cosa esiste nel mondo peggio di questo?>> <<Esiste rimanere insieme a qualcuno soltanto perché è giusto così. Se avesse continuato a stare intrappolata dentro questo legame il bello si sarebbe trasformato in brutto. I silenzi vi avrebbero mangiati e ogni vostro ricordo avrebbe fatto spazio ad altri nuovi ricordi infelici. Stare insieme a qualcuno soltanto per non ferirlo, questo è brutto. Adesso soffri, ma perché stavi bene dentro quel rapporto. Soffri perché qualcosa prima ti ha reso felice. Se non ti avesse lasciato avresti sofferto sia durante il rapporto che dopo. E’ uno strano modo di vederla, ma credo abbia una sua funzionalità.>> <<Avere qualcosa tra le mani e poi perderla non lo definirei funzionale>> <<Perché continui a credere che l’obiettivo venga raggiunto soltanto se si arriva sul punto di morte insieme? Hai avuto la tua storia d’amore, hai avuto quello che hai sempre voluto. Il fatto che sia finita non implica che tutto questo non valga più. Le persone scappano, vanno via, corrono. Non puoi controllarle, non puoi farlo neanche con un contratto matrimoniale o un inutile scambio di fedi. Chi ti ama, ho scoperto, a volte neanche si siede neanche a tuo fianco, figurati se muore con te.>>
<<E cosa fa allora chi ti ama? Dimmelo tu, perché in questi anni ti assicuro di non averlo capito. Cosa è che fa?>> <<Chi ti ama a volte non te lo dice neanche. Scuote la testa e, al massimo, ti dice che sei un idiota. Non sente l’esigenza di ricordartelo, non sente neanche la profonda necessità di portarti all’altare. Chi ti ama c’è sempre, anche se non te ne accorgi.>> <<E va via?>> <<Potrebbe farlo. Non puoi basare l’amore delle persone soltanto facendo una cernita tra chi rimane e chi scappa. L’amore ti fa fare cose assurde>> <<Tu cosa fai quando sei innamorata?>> <<Scappo. Al contrario tuo, io odio quella forte e stravolgente sensazione nei confronti di qualcuno. Mi sento debole, vulnerabile. Sento che quella persona detenga tutto il potere di farmi sentire così, e quindi scappo>> <<Ti fai male comunque così>> Rispose Ted con una certa logica <<No, anticipo solo i tempi. Quel saluto arriverà lo stesso, la differenza è che lo dico prima che lo faccia l’altra persona. La frego nei tempi>> <<E se quella persona invece fosse venuta per restare?>> <<Credo di aver troppa paura anche di questo. Non sono pronta a vedermi in una relazione stabile o sposata come te>> <<E come ti vedi?>> <<Come mi vedono tutti: str*nza e incapace di mettermi in discussione.>>
C’era qualcosa di quella ragazza, dei dettagli che Ted non riusciva a spiegarsi. Parlare con lei gli dava la sensazione di casa, era come se l’avesse già conosciuta. Quell’aria indifesa ma piena di scudi, unita al sarcasmo, gli restituiva delle sensazioni strane, come se qualsiasi cosa stesse accadendo, fosse in realtà già accaduta da qualche parte. Tutto stava assumendo delle sembianze ambigue e affascinanti, perché Ted riusciva a – tramite quelle parole – a imparare qualcosa, arte che non praticava da diverso tempo. Le parole di lei entravano come proiettili nei polmoni di Ted creando dei fori in cui l’aria riusciva a entrare, e non il contrario. La sua anima, in qualunque modo fosse fatta, stava riuscendo nel difficile compito di aiutare Ted facendogli comprendere che non è importante trovare la persona giusta, ma trovare una persona. Giusto o sbagliato sono due parole che possono limitarsi a un esame scritto di fine semestre, e non alle relazioni o alle persone. Non esistono mandanti: chi arriva da noi lo fa soltanto perché ci ha incontrato durante il suo cammino, e noi non abbiamo altra responsabilità che esserci scontrati con lui.
Ted non ha mai saputo chi fosse quella ragazza, e neanche come si chiamasse, ma non riuscì comunque a rimuoverla mai dalla mente. Non aveva importanza se le ore trascorse insieme fossero soltanto due, lei riuscì lì dove molti altri non riuscirono mai. Fece capire a Ted che a volte va bene prendersi un momento per pensare, per star fermo e – semplicemente – aspettare. Da quel momento fece così e, anche se le cose non sono ancora cambiate, lui riesce ad apprezzare il momento dell’attesa senza più forzare nulla. Ed è così che ancora oggi Ted non ha incontrato quella che in passato avrebbe definito giusta. Ma si permette, durante le notti più malinconiche, di pensare ancora a quella ragazza, e in particolare al loro ultimo dialogo.
<<C’è qualcosa di te, non so cosa, che mi suona familiare, come se ti avessi già conosciuto. Chissà, in una realtà parallela magari.>> <<Secondo te cosa avremmo fatto io e te in una realtà parallela?>> Chiese la ragazza <<Probabilmente ti avrei detto ti amo al primo appuntamento>> <<Mi avresti fatta scappare>> <<Possibile. Ma chissà. Mai dire mai>> <<Mai dire mai. Sì>>.