Al MacLaren’s sembrerebbe una serata come tante. Gente al bancone del bar chiede una birra, qualcuno fa partire una canzone dl jukebox, ma c’è qualcosa di strano nell’aria. Un ragazzo è seduto da solo a uno dei tavoli del pub. Il suo sguardo ha un certo nonsoché di malinconico. Lo vediamo rimanere assorto, avvolto tra la coltre dei suoi spessi pensieri per minuti e minuti. Ogni tanto accenna un sorriso; altre volte si incupisce, ripiegandosi su sé stesso. Mentre fuori il mondo va avanti, lui resta fermo, immobile lì dove è rimasto seduto, con gli occhi che si velano di lacrime.
Non sappiamo bene quanto sia passato: sta aspettando qualcuno? Perché non se ne va? Cosa frulla dietro quelle sue iridi scure? D’un tratto, l’uomo, come colto da un’inaspettata rivelazione, si alza in piedi e si dirige fuori dal locale. Che farà adesso? Gli spettatori di How I Met Your Mother lo sanno fin troppo bene, e se lo portano nel cuore da ormai più di dieci anni.
Questa è la nostra analisi dell’episodio 8×20 di How I Met Your Mother, Viaggiatori del tempo, uno degli episodi più intensi e pregni di significato di tutta la serie. Attenzione: allerta spoiler su tutta la serie. Buona lettura!
Se c’è un aspetto di How I Met Your Mother che ci ha sempre colpito, questa è la sua incredibile capacità di passare dalla commedia al dramma in una manciata di secondi. Un attimo prima stai sorridendo per le spassose battute di Barney e per le strambe trovate di sceneggiatura legate alla presenza di più versioni dei personaggi separate da anni, giorni e minuti.
Poi, un secondo dopo, ti prendi un bicchiere d’acqua fredda in faccia e ti ritrovi a confrontarti con situazioni che ti toccano nel profondo e che ti costringono a fare riflessioni a cui non eri minimamente pronto. Questo è quello che si verifica anche nella 8×20: un momento prima stai cercando di capire se Ted Mosby (Josh Radnor) accetterà la proposta di partecipare a questa fantomatica serata “Robot contro Wrestler – La Leggenda” e un attimo dopo ti ritrovi a riflettere su quanto triste e vuota possa essere attualmente la tua vita.
Le premesse dell’episodio sono semplici: Barney ha due biglietti per il “leggendario” evento e vuole convincere Ted a unirsi a lui, anche se quest’ultimo non è dell’idea. Ecco che allora Barney spinge l’amico a figurarsi quelle che sono versioni di loro stessi del futuro, così da persuaderlo ad assecondare la sua richiesta, tra divertenti gag e fantastiche battute. Tutto cambia quando Ted vede entrare al pub una donna che aveva conosciuto sette anni prima e che ora vorrebbe abbordare. Prima che possa avvicinarla, il ragazzo viene tuttavia fermato da due versioni future di quest’ultima che gli comunicano che prima o poi le cose tra loro sarebbero andate male, come d’altronde a Ted capita sempre quando si parla d’amore.
“Sei uscito con molte ragazze, Ted. È mai andata in un altro modo?”
È allora che le parole pronunciate dal Barney fittizio ci arrivano come uno schiaffo improvviso e fanno male, davvero male.
Nulla di quello che Ted Mosby ha vissuto quella sera è reale: l’uomo è rimasto fermo al tavolo del pub a ripensare a situazioni che in realtà si sono verificate cinque anni prima, solo come un cane. “Guardati intorno, sei solo, Ted.”. Quella sensazione, dannatamente familiare, che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita: quella di essere rimasto indietro. Quella di chi vede le vite degli altri andare avanti, evolversi, mentre la propria rimane intrappolata nella mediocrità di sempre. Quella di chi ha una paura folle che le cose resteranno sempre uguali, di chi non vede alternative, di chi teme che nulla mai cambierà.
Ted Mosby è solo. Certo, ha sempre i suoi amici su cui poter contare, ma non quella sera, quella notte triate in cui ha passato il suo tempo da solo in un pub a rivangare un passato che non tornerà. Lily e Marshall, d’altra parte, hanno un figlio a cui badare e sul quale riversare tutta la loro cura e le loro attenzioni. Barney ha Robin: i due sono in procinto di sposarsi e di costruire una vita assieme.
Solo lui è libero di partecipare a uno stupido evento che forse lo potrebbe divertire sul momento, ma che, senza i suoi amici con cui condividerlo, avrebbe un sapore del tutto diverso. Ed ecco che allora un soffocante senso di solitudine avvolge il protagonista, ormai riscossosi dalle sue fantasie e dai suoi pensieri: una malinconia che attanaglia le viscere e che ci fa venire voglia di abbracciarlo stretto e dirgli che le cose prima o poi andranno meglio.
Ma non siamo gli unici a pensarlo.
A parlare stavolta è la voce narrante di How I Met Your Mother, sempre una versione futura del Ted Mosby che conosciamo, ma stavolta reale. È la voce che sta raccontando ai propri figli la storia della sua vita prima del fatidico incontro che dà il titolo alla serie. È la voce della verità di chi sa davvero che le cose un giorno andranno meglio, che sa bene che al sé stesso giovane mancano solo poche settimane per poter dare finalmente un volto a quello che sarà l’amore della sua vita, un senso a quel groviglio di sentimenti ed emozioni che affollano il suo petto.
Che sa bene che ogni sofferenza subita nel corso degli anni, ogni passo falso, ogni scelta fatta, per quanto apparentemente sbagliata, sono valsi la pena, che, a loro modo, sono stati fondamentali per il suo percorso di vita. Perché il vecchio Ted sa che queste deviazioni, questi rallentamenti lo hanno già condotto dritto tra le braccia della sua Tracy. Perché già sa che a separare il giovane e disilluso sé stesso dalla felicità che tanto attende mancano solo quarantacinque giorni.
Solo quarantacinque giorni. Un nunnulla se si paragonano agli anni di attesa.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, Ted Mosby non può davvero fare a meno di immaginare di poter colmare già ora questo divario, puntare dritto all’appartamento della donna che ama e raccontarle quello che sarà il loro futuro insieme.
Ciao, sono Ted Mosby, e tra quarantacinque giorni esatti noi ci incontreremo. E ci innamoreremo. Poi ci sposeremo e avremo due bambini. Ci ameremo molto, per tutta la vita. Però fra quarantacinque giorni. Se ora sono qui è solo perché voglio… voglio questi quarantacinque giorni, io voglio viverli tutti con te. O mi prenderò questi quarantacinque secondi prima che arrivi il tuo fidanzato a darmi un cazzotto, perché io… io ti amo, e lo farò per sempre. Fino alla fine dei giorni e oltre. Vedrai!
(How I Met Your Mother 8×20)
Cosa sono quarantacinque giorni, al netto di una vita intera? Per Ted Mosby sono tutto: l’ultimo passo di un’attesa che dura anni e che per lui è diventata davvero estenuante. un’attesa che, se solo potesse, andrebbe a colmare subito, correndo forsennatamente per poter recuperare ogni singolo istante perso, per far sì di rubare un po’ di tempo al destino e far in modo che la sua vera vita cominci il prima possibile. Un monologo intenso, che ci dice tutto quello che dobbiamo sapere, lasciandoci interdetti per la bellezza di quelle parole, che sembrano uscirgli dalle labbra cos’ di getto e in modo tanto genuino.
Eccolo qui: è questo il Ted Mosby che ci ha rubato il cuore, quello romantico, quello speranzoso, quello che ci ha insegnato a non risparmiarsi mai, quello che è pronto a rischiare, anche se i suoi sogni non potranno avverarsi completamente. Perché Ted sa già quello che capiterà: che nonostante le speranze e tutto l’amore di cui è capace, le cose non andranno proprio come ha sperato.
Così il monologo di Ted, pur restando una parentesi dolce, assume connotati molto amari se riletta in retrospettiva, dopo che si è conosciuto il finale della serie.
Quarantacinque giorni che sanno di una vita intera, che sono una promessa, ma che, a ripensarci oggi, con la consapevolezza di ciò che è stato, fanno ancora più male. Il Ted del futuro sa infatti già che perderà Tracy ancora troppo presto, che la vedrà ammalarsi. Eppure, non perde nemmeno un istante a immaginarsi un altro futuro, un futuro lontano dalla sofferenza e dalla perdita. Perché il dolore passa, si attenua. L’amore, invece, quello resta.